Palcoscenico d'AMORE
di Paola Quattrini

Per chi ama condire il miele dei sentimenti con l'ironia ecco alcune pagine del volume «A.M.O.R.E.» che la simpatica e brava attrice-scrittrice ha firmato per la nostra casa editrice.



Mi sposai a diciott'anni con il primo che me lo chiese.
Per scappare di casa, per essere indipendente, libera, autonoma.
Mi accorsi di aver sbagliato tutto dopo una settimana di matrimonio ma lui, A., non ne voleva sapere di separarci
«Ci potevi pensare prima» seguitava a ripetermi.
Dovetti per forza tagliargli la tappezzeria di seta con le forbicine. Non voleva ascoltarmi. Quanto più mi accaloravo tanto più rimaneva freddo, distaccato e andava a dormire.
Era nobile ed i nobili non si alterano.
Ruppi un vaso e mi tagliai le braccia, telefonai al 113 «sto morendo dissanguata», arrivarono e mi portarono all'ospedale.
Lui seguitava a dormire.
Tentò poi di riportarmi a casa sua ma io urlavo che non lo volevo vedere: «Mi ammazzo se resto con te, mi ammazzo.»
Diceva sempre di sì, cercava di compiacermi. Io mettevo troppo sale, rideva. Bruciavo le pentole, rideva. Lo tradivo, rideva. Piangevo, rideva. Lo lasciavo e rideva.
Ma le «palle» scusa? Almeno uno schiaffone ogni tanto.
Che noia!!
La noia è la cosa più difficile da combattere. Con gli uomini poi...
Forse da sola ti puoi inventare qualcosa, anche il non far niente può essere meno noioso di una presenza che non ti permette di «volare» che non vola assieme a te che ti tarpa le ali che ti riporta sempre sulla terra dove è bello stare per carità, ma ogni tanto... si ha bisogno di sognare!
Fare l'attrice è un mestiere che ti capovolge, aiuta a capirti e a capire gli altri.
Recitare è fantastico. Tu stai lì, magari hai due battute però pensi: «Adesso devono ascoltare me. Adesso state tutti zitti ad ascoltare quello che dico io.»
Il mondo che lo circonda è meno fantastico. La maniera di imporsi, di dover arrivare, di sapersi gestire le amicizie, usare ogni incontro giusto per chiedere senza chiedere, farsi vedere senza farlo troppo, tenere i contatti, il bisogno di andare sempre più in alto, l'incertezza del dopo... ecco, tutto questo è faticoso. Come gli altri lavori, del resto, ma recitare dovrebbe essere qualcosa di... grande, specie in teatro.
Non ti arricchisci ma puoi vivere bene.
Dipende da come ti abitui a vivere nelle tournée.
Io non mi sono mai fatta mancare niente. Se avevo fame andavo al ristorante anche quando prendevo il minimo di paga. Non come quel mio collega famoso che chiedeva sempre se la prima colazione era inclusa nel prezzo della camera e garbatamente spiegava che lui, la mattina, non sapeva quando si svegliava così era meglio che la colazione gliela lasciassero la sera tardi in stanza.
Diventava la sua cena.
«Il latte fa bene alle ossa»
diceva per giustificarsi. Tutt'al più aggiungeva extra un pacco di biscotti dal supermercato. Quando la colazione però non era inclusa alle ossa non ci pensava e veniva con noi al ristorante dove sistematicamente ordinava una mezza porzione... abbondante. Č così che è riuscito a comprarsi un casale in Toscana.
Non era il solo, comunque.
L'avarizia è soprattutto dei colleghi maschi. Nelle pause trovano sempre una scusa per entrare al bar per ultimi così arrivano quando tutto è stato già pagato. Di solito a offrire sono quelli che prendono la paga più bassa, forse per entrare nelle grazie del primo attore.
Quelli che cominciano sono disposti a tutto: ti portano la valigia, ti parcheggiano la macchina, ti fanno il massaggino e, soprattutto, riferiscono che cosa dice di te il resto della compagnia.
Poi ci sono quelli che si vantano delle loro invenzioni per risparmiare come quello che spiegava - tutte le sere lo spiegava - che quando compri le scarpe «subito ma proprio subito» devi attaccarci sotto uno strato di gomma «ma che calzolaio, è una spesa inutile» quando la colla è secca rifili la suoletta e quando invecchia la cambi. Così un paio di scarpe ti durano una vita e vanno bene anche per la pioggia pensa la comodità!
No, a me le scarpe piace cambiarle. Certo non mi potevo permettere troppe cose. Eppure lavoravo sempre, per fortuna.
Tradire è un altro punto d'obbligo in teatro, e non lo nascondono.
Come quell'attore lì - mediocre ma tanto raccomandato - la moglie partiva, magari l'accompagnava alla stazione ed all'altro binario arrivava l'altra. Il fascino dell'uomo noto, l'artista colpisce, colpisce molto.
«Io sono bravo, il più bravo. E bello, il più bello.»
Anche a letto pare lo dicesse. Si esaltava, si eccitava così, si convinceva e convinceva l'altra, la squinzia con desiderio di successo, che per l'occasione si travestiva da amante: occhialoni neri, cappello nero, sciarpone nero, cappotto lungo nero, appunto per non farsi notare.
«Vuoi stare con me? Non te ne pentiresti... ho certe misure...» mi sussurrava in scena in una pausa di dialogo.
Insisteva da giorni, io sapevo che era arrivata la donna mascherata e allora gli dissi
«Sì, stanotte!»
allora lui sorpreso ma con speranza
«Facciamo domani?»
«No stanotte, solo stanotte!»
«E subito in camerino?»

Si conosce davvero bene la gente in tournée.
Quello bellissimo ma tanto noioso, appiccicaticcio ovunque, anche fuori dal bagno mi aspettava e, se tardavo, guardava preoccupato dal buco della serratura.
Mi amava perché lo trattavo male, lo comandavo, lo insultavo, lo tradivo e lui si eccitava.
Quando voglio sono stronza. Più si sdilinquiscono più sono stronza.
Il divo del cinema ha fans più chiassose: gli saltano addosso, lo baciano, anche la firma sul seno si fanno fare, con un'impudiciziaŠ e lui che fa? firma!
Davanti alla porta dell'hôtel disposte a tutto (bel sacrificioŠ) ed io lì accanto. Non avrei potuto essere la fidanzata o l'amante? Non conto. Non mi vedono loro, eh si che mi faccio vedere e sentire, a volte mordo, urlo, non sopporto l'invadenza e la maleducazione. Lui ride e cede, non sempre ma spesso. E gli mandano i fiori, si proprio i fiori. Non lo sanno che lui gradirebbe di più una forma di pecorino o dell'olio (ma quello genuino, d'oliva vero) come se sul Garda, a casa sua, l'olio non fosse buono. Ma quei carciofini giustiŠ il salameŠ i pomodorini secchiŠ per non parlare della grappa e del vino!
Quale letto? la cantina! lì sì che si gode davvero.
«Ma i kiwi rendono bene?»
«Una volta, ora al mercato te li tirano dietro.»
E i litri partono, le gote si arrossano, lo stomaco si dilata un po', «quanta ginnastica fai?» «macché, ne ho fatta talmente tanta in passato!» Eh giàŠ stunt-man. Quando ha sollevato la scrivania in testa al produttore che non voleva pagarlo «domani se non ho i soldi, questa (la scrivania) ti cade addosso.» L'hanno pagato.
Č così buono, dolce, ma con i soldi non si scherza. E quant'è bello!
«Ma che fai? il salame in aereo?»
«Certo, per quest'estate con gli amici, alla Cavallina (casa sua sul Garda), che pacchia! ci vieni vero? me l'hai promesso.»
«Sì, ma quelle vogliono l'autografo.»
«Sì, sì, dopo, dopo. Ora un caffè con un po' di grappa, grazie.»

Le tournée sono così fredde e lunghe.
A Larderello se non scopi è un suicidio.
A Larderello anche un brutto ha delle chance, anzi una chance in più se è simpatico. Ridere è importante. A Larderello si può ridere a battute che a Roma o Milano non senti neppure. E si possono lasciare fidanzati mariti amanti perché a Larderello hai scoperto l'amore.
Se aspetti almeno la fine della tournée per confessare è meglio. Non lo lasci più, lasci l'altro.

Poi ci sono quelli che in viaggio ti lasciano in macchina ad aspettare perché, per risparmiare e prendere la camera senza bagno, al motel vanno a fare la doccia «il tempo di un caffè» e scendono con il nécessaire sotto il braccio.
Certo meglio loro che quelli che non si lavano mai.«Fa artista» si giustificano.
Gli eccessi...
Come il trucco: in scena non serve truccarsi come una bambola, parlo per l'uomo soprattutto, stare lì davanti allo specchio per ore farà attore, ma è inutile. Si truccano di più i cosiddetti maschioni, gli omosessuali veri no, ma il maschio «come ce l'ho io non ce l'ha nessuno» davanti allo specchio indugia, indugia molto.
Walter non si truccava. Faceva la lampada anche quando aveva preso il sole giocando a tennis, abbronzato, tirato, con i muscoli lucidi ed il ventre piatto. Bello, atletico, «mitico».
Arrivava sempre in ritardo, questo sì, da manicomio, un'ansia... ma in scena un estro, una fantasia, una presenza.
«Devo pagare l'affitto, ho due bambini piccoli.»
Lo aspettavano apposta fuori dal camerino. Quello che aveva nel portafogli dava, dava tutto.
C'era una mostra di un giovane pittore... lui andava, consigliava, comprava.
Andava ovunque, forse anche per questo arrivava in ritardo, ma se avevi un problema ti ascoltava, si fermava e ti ascoltava. Strano per uno come lui che parlava a mitraglia. Eppure sapeva tacere, ti lasciava sfogare e cercava di aiutarti.
Ero terrorizzata «non ti preoccupare delle battute, dico io anche le tue sta' tranquilla.»
Invece le dissi le mie battute tutte e bene. Lui a bocca aperta (stupito?) era la prima volta che una ragazzetta di diciannove anni gli teneva testa: «l'ultimo applauso spetta alla mia compagna che stasera è stata bravissima». I fiori dai palchi a Cesena al teatro Bonci, che serata, che emozione!
«La prossima volta non mi freghi... si rimette tutto in prova.»
Provare per lui era un optional e stargli dietro non era facile. Da una parte voleva il rigore assoluto mentre lui era una valanga di invenzioni, di idee, improvvisazioni, con fatica riuscivi a non ridere alle sue trovate. Dove non potevo trattenermi era alla scena finale quando da copione, doveva proprio diventare serio, smettere di fare il buffone. Mi colpiva questa sua capacità di trovare una sincera, profonda commozione, vera, trattenuta, interiorizzata, non esagerata. E piangevo, piangevo veramente coinvolta e nell'abbracciarlo mentre si chiudeva il sipario gli dicevo sempre tra le lacrime: «sei grande!»

Paola Quattrini

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Un augurio di felicità a tutti gli innamorati