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Cronache da una "Realtà" con un Grande Passato e un Radioso Futuro...
Scandali & Scandali
 di Nicoletta Sipos
  Milano, 24 Maggio 2007   n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18

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"L'Antica Arte dello Scandalo" di Nicoletta Sipos

 Il Paese affonda
 in un mare di scandali
 veri o presunti...


  R
iprendo questa mia carrellata di scandali dopo una lunghissima pausa, non certo provocata da mancanza di materia prima, ma piuttosto da un’abbondanza mozzafiato di boati, insinuazioni e teorie contrastanti. Tra Vallettopoli e denunce di pedofilia, amori di politici e pm narcisi, in questa povera Italia c’è solo l’imbarazzo della scelta. Più ancora, resta una sensazione diffusa, e sgradevole, d’imbarazzo per come ci siamo (ci hanno?) ridotti. Non è del tutto chiaro, infatti, sino a che punto sono giustificati gli allarmi su un Paese che non potrebbe essere più corrotto, e a così tanti livelli, con baratti molteplici di sesso-fama-potere-soldi.
   Le inchieste continuano e può succedere perfino che le immense bolle di sapone si sgonfino lungo la via, e poi riprendano quota e poi spariscano di nuovo lasciando indietro una scia sulfurea di pettegolezzi. Del resto, è quello che sta succedendo a Rignano Flaminio dove sei persone sono state arrestate dal gip con l’accusa d’avere sessualmente abusato di innocenti bambini dell’asilo locale. E poi rimesse in libertà perché dal Riesame del caso non erano emerse le conferme attese. Eppure l’inchiesta procede, perché la tesi del Riesame non ha convinto il pm Marco Mansi. Siamo, insomma, davanti a un costante altalenare d’opinioni che ci lascia  confusi e sconcertati, a chiederci chi ha sbagliato, e dove, e perché. Se i colpevoli sono stati davvero individuati, o se l’indagine non è stata svolta a dovere. Si arriva a contemplare, tra le ipotesi più estreme, che l’intero paese soffra di un caso d’allucinazione. O che i genitori più accaniti sulle accuse avessero non siano mossi da sete di giustizia, ma da più oscuri, più inquietanti, motivi di vendetta. Fatto sta, ed è il caso di ribadirlo, che in questi ultimi mesi l’antica arte dello scandalo acquista forme e colori nuovi. E viene usata sempre di più come un’arma impropria per ridurre gli avversari ai minimi termini.
   Una prima conclusione resta comunque utile e doverosa: perché se è vero, come abbiamo ribadito più volte, che gli scandali sono un segnale di democrazia viva e attiva, e il silenzio diventa troppo spesso una maschera di comodo per ingiustizie profonde, occorre riconoscere che quest’abbondanza di turpitudine stride e lascia increduli.
   Il troppo stroppia, dicevano i nonni con saggezza. E applicando ai giorni nostri il proverbio ci sembra doveroso concludere che qualcosa non funziona nel sistema. Almeno per quanto riguarda il panorama italiano. Ci consola così rifugiarci nel più classico caso Wolfowitz. Lui, è quel Paul Wolfowitz, già sottosegretario alla Difesa statunitense nonché falco accesissimo e teorizzatore accanito della cosiddetta “guerra preventiva” contro l’Irak. Allontanato dal ministero della Difesa con molto imbarazzo, visto il corso fallimentare delle operazioni belliche, è approdato nel 2005 alla presidenza della Banca Mondiale. Con un problemuccio di cui all’inizio nessuno aveva tenuto adeguatamente conto. Perché alla Banca lavorava già da tempo la sua compagna: Shaha Ali Riza. Si palesava così una situazione insostenibile dal punto di vista dei severi standard etici della Banca, che non consentono a consanguinei o conviventi di lavorare per l’Istituto.
   Pare che Wolfowitz abbia tempestivamente segnalato il conflitto  al comitato etico, e abbia avuto un condono preventivo che gli ha permesso di trasferire la fidanzata ad altro incarico, presso il Dipartimento di Stato, con aumento di stipendio decisamente fuori misura (da 132 mila a 193 mila dollari).
   Questa è, quanto meno, la tesi sostenuta sul “Corriere della sera” del 27 aprile dal noto columnist americano Christopher Hitchens. Il quale ricordava tra l’altro il memorandum  del 27 luglio con il quale il presidente del comitato etico, Ad Melkert, avrebbe convalidato il trasferimento di Shaha, nonché il suo aumento di stipendio. Ma i media hanno in larga maggioranza ignorato questa transazione, e hanno cosparso d’olio il fuoco dello scandalo. Le polemiche hanno tenuto banco per diversi mesi, con un’intensità per nulla smorzata dalle imbarazzate scuse di Wolfowitz.
   Dopo un estenuante tira e molla, le sfortunate circostanze hanno portato Wolfie a ingloriose dimissioni. Il presidente lascerà  l’incarico a fine giugno, non si saprà mai se per espiare la guerra sfortunata contro l’Irak che ha così fortemente voluto (come vorrebbero le antiche leggi della scandalogia), o per pagare il suo scomodo nodo d’amore. E ora, come ciliegina amara su una torta al fiele, arriva l’ultimo colpo: indispettita dal chiasso esploso intorno alla sua vita privata, Shaha Ali Riza avrebbe mollato l’uomo che ha esposto la sua privacy a una sciagurata gogna mediatica.
   E si è già garantita la possibilità di tornare al suo vecchio incarico, naturalmente dopo la dipartita del suo ex dalla Banca. E così il chiasso si placherà (forse).E noi, osservatori di scandali, tireremo un doppio sospiro. Perché questo è il caso che preferiamo. Una storia che rispetta gli schemi e non vibra come una vela impazzita al minimo soffio di vento.

Nicoletta Sipos
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