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Cronache da una "Realtà" con un Grande Passato e un Radioso Futuro...
Scandali & Scandali
 di Nicoletta Sipos
  Milano, 26 gennaio 2007   n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6

   Ségolène Royal contro Sarkozy


   Ci risiamo. Non prevedevo di aggiungere così presto una pagina nuova al mio diario scandalistico, e invece gli eventi incalzano.
   In Francia, la candidata socialista all’Eliseo Ségolène Royal denuncia il suo avversario conservatore Nicolas Sarkozy che, detenendo ancora l’incarico di ministro degli Interni, ha fatto schedare il suo consigliere per l’ambiente, Bruno Rebelle, un ex capo di Greenpeace il cui passato nasconde, possibilmente, più d’uno scontro con la polizia. La Royal contesta che, ad appena 4 mesi dal voto, Sarkozy mantenga ancora il suo ministero, approfittando del potere di cui dispone (e dei soldi a sua disposizione) per condurre una campagna elettorale faziosa.
   Sarkozy rimanda al mittente le accuse, sottolinea i recenti scivoloni di Ségolène che tra l’altro si è schierata con la sovranità del Quebec irritando il governo centrale del Canada. Ma lo scandalo è forte e l’atteggiamento arrogante del ministro minaccia di far perdere terreno ai conservatori. In altre parole, la situazione minaccia di surriscaldarsi proprio sulle ali dello scandalo.
  Tra le gaffe della Royal e l’arroganza di Sarkozy la campagna abbandona i temi attinenti ai programmi politici e si concentra su questioni personali e di carattere, ossia sulla vita familiar-sentimentale dei candidati, amori extra, maneggi e colpi bassi È chiaro che entrambi cercheranno di mettere l’avversario in difficoltà denunciando impacci e soprusi per far discutere (e arrabbiare) gli elettori, spostando a proprio favore la bilancia dei voti. Ed è chiaro pure che Sarkozy e la sua bella moglie Cecilia qualche problema potrebbero averlo dopo la plateale separazione di due anni fa e la successiva riconciliazione cui molti hanno appiccicato un’etichetta elettorale.
   Tirando le somme: la scandalogia si conferma arma pratica ed efficace, e trova sempre nuovi adepti che sanno usarla con abilità. Con la scontata conseguenza che lo scandalo denunciato diventa un boomerang, spingendo la controparte a una reazione altrettanto velenosa, o anche di più. Le campagne elettorali tendono a calarsi in paludi di fango. Non è una buona cosa per la politica, ma è una realtà della quale dobbiamo tenere conto. Anche se un intellettuale francese del calibro di Bernard-Henri Lévy lamenta: “stiamo copiando male l’America”.
   Per altro i francesi non sono soli. La Germania è alle prese con il caso Stoiber (leggi scandali 4) e Israele cerca di venire a capo delle accuse rivolte al suo presidente Mosche Katzav, costretto ad autosospendersi dall’incarico dopo che almeno tre donne hanno rivelato di essere state stuprate da lui. Il caso lascia l’amaro in bocca e richiama alla memoria la storia di molti leader israeliani che si sono ritenuti nel diritto di sedurre (e violentare) donne al loro seguito. Triste conseguenza, argomentano gli esperti, di uno Stato in guerra perenne nel quale i maschi si arrogano il diritto di sfogare la loro virilità.
   L’aspetto inquietante dell’affaire Katzav è che lo scorso luglio (2006) è proprio il presidente e denunciare al ministro della Giustizia Meni Mazuz la prima donna che l’accusava di stupro, la cosiddetta Testimone A, sostenendo che la persona vuole ricattarlo. Una mossa da innocente deciso a difendersi? Possibile. Ma la strategia di difesa si rivela presto un’arma letale. In agosto molte altre donne escono allo scoperto sostenendo di avere subito da lui attenzioni indesiderate e diffondendo la sensazione che Katzav si sia “autodenunciato” in un delirio d’onnipotenza, certo che nessun tribunale oserebbe condannarlo. Invece sia apre l’inchiesta, lo scandalo prende corpo. In settembre la polizia interroga il presidente ben 5 volte. Il 29 ottobre Meni Mazuz lo invita a mettersi da parte fino al termine delle indagini, ma Katzav rifiuta.
   Il 23 gennaio 2007 Mazuz dà via libera al processo per stupro e il 24 gennaio il presidente del parlamento, Dalia Itzkik, si prepara a subentrare alla presidenza. La vicenda ovviamente, continua. Giustizia o linciaggio che sia. Perché, se bisognerebbe attendere il processo per determinare la colpevolezza di Katzav, l’impatto devastante dello scandalo sul prestigio della sua alta carica è tale che le più alte autorità israeliane hanno fatto pressione perché si dimettesse subito. Per altro, il mini Stato mediorientale non è al di sopra di ogni sospetto. Il primo ministro Olmert, colpevolista della prima ora e ansioso di togliersi Katzav dai piedi, è egli stesso traballante: sul suo capo pende un’accusa di corruzione. Avanti a chi tocca, signori.

Nicoletta Sipos

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