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Cronache da una "Realtà" con un Grande Passato e un Radioso Futuro...
Scandali & Scandali
 di Nicoletta Sipos
  Milano, 18 luglio 2006   n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6

   Torno a parlare di scandali, che di questi tempi abbondano, forse per distrarre il grande pubblico internazionale da problemi più grossi e insidiosi. Come, per esempio, la guerra tra Hezbollah e Israele che minaccia di far esplodere il Medio Oriente.
    Molto meglio stare sulle storie della stampa, allora. Parlando per esempio di  "Chi” che questa volta l'ha combinata proprio grossa. Ha intervistato in anteprima mondiale Jean-Michel Caradec'h, l'autore di un nuovo libro su Diana d'Inghilterra, e l'articolo, illustrato con foto mai viste, ha portato scompiglio nel mondo intero.
   
Il presupposto della vicenda è dannatamente serio perché i libro, che s'intitola <i>Lady Diana, L'enquête criminelle</i> (edito da Michel Lafon) si basa sui verbali della polizia parigina che ha cominciato l'indagine sulla morte di Diana poche ore dopo l'incidente che la lasciò in fin di vita quel 31 agosto 1997 e che aveva ucciso sul colpo il suo ultimo compagno, Dodi Al Fayed, e il loro autista Henri Paul. Caradec'h, che ha analizzato la storia di Diana, parla liberamente di tutti i risvolti della vicenda ma si barrica dietro un diplomatico silenzio quando gli si chiede come ha recuperato tutto quel materiale finora off limits.  Si intuisce che è stata la stessa magistratura a mettergli i carteggi a disposizione. E si capisce anche perché: sta per concludersi  l'inchiesta inglese e i parigini, che hanno dovuto consegnare il loro materiale agli inglesi e sentono parlare di strane (quanto misteriose) teorie sulla gravidanza di Diana e il complotto che l'avrebbe uccisa, ribadiscono le loro posizioni.
    In buona sostanza Caradec'h conferma che polizia e magistratura hanno lavorato con estremo scrupolo e che a buon diritto hanno finito per incolpare solo un uomo, l'autista Henri Paul, che aveva bevuto troppo e procedeva a velocità troppo sostenuta. C'è però un'esplosiva verità. Leggendo la deposizione di uno dei fotografi, Ramundo Rat, l'uomo che per primo aprì la portiera dell'auto infortunata accanto alla quale sedeva Diana, si arriva alla sconcertante conclusione che la principessa e il suo compagno si erano abbandonati  a caldissime effusioni amorose che avevano finito per distrarre l'autista lasciando via libera all'incidente.
    Tanto poteva bastare per dare scandalo. Invece, il dettaglio è passato sotto voce. L'emotività di fans  ed esperti è scattata invece per una foto, tenera e bellissima, di Diana  già morente, durante la primissima fase dei soccorsi. La foto, a suo tempo sequestrata ai paparazzi e rimasta sotto chiave per nove anni, è diventata la copertina di "Chi” e ha scatenato un inferno. I tabloid  inglesi, in particolare, hanno parlato di violazione della privacy implorando la vendetta divina sulle nostre teste. Tra i più accesi e rapidi denigratori c'è stato The Sun, il quotidiano più popolare e più diffuso, che  il 14 luglio ha riempito l'intera prima pagina con lo strillo SHAME ON YOU  (VERGOGNA). Vale la pena di notare che due giorni prima (il 12 luglio) <i>The Sun</i> aveva lanciato in prima pagina una sua maxi esclusiva, pubblicando la testimonianza del cameraman Sebastian Rich che unaventina d'anni fa, ai tempi del matrimonio della principessa con Carlo d'Inghilterra, ha avuto un breve incontro di sesso con la povera Diana («ma ho resistito solo 2 minuti e mezzo», ammette).
    Se ne deduce  che pubblicare una foto, bella e tenera, di Diana è molto peggio che denunciare al mondo la sua presunta infedeltà coniugale. Ma c'è di più e di peggio: perché pur deprecando la pubblicazione della foto e riempiendo d'insulti Umberto Brindani, il direttore di  "Chi”, tutti i giornali stranieri si sono affannati a comprare "Chi” e a riprodurre la copertina deprecata. Un bel modo per accogliere lo scoop altrui, salendo sul piedistallo di una finta decenza giornalistica.
    Il fatto è che nella pappa grigia delle notizie tutte uguali lo scandalo è diventato ingrediente indispensabile per piazzare un giornale popolare. Serve a quanti lo provocano e a quanti lo condannano, fa riflettere o stordisce il pubblico. E se non c'è lo si inventa pure, tanto serve. Sarà una conclusione triste, ma è una verità che trova conferma a più livelli e in tutto il mondo. Come abbiamo dimostrato ne L'antica arte dello scandalo edito dalla Simonelli.

Nicoletta Sipos

Intervista: Questo libro scandaloso >>> 


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