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Firenze, 28 Giugno 2014

Dentro
il disastro italiano
ai Mondiali

  Stavo per accingermi a scrivere qualcosa sul nostro disastro ai mondiali di calcio quando un articolo di Gianluca Mercuri dal titolo: “Buffon,lascia stare Mario e fatti da parte tu” sulla versione web del ‘Corriere’ di ieri mi ha ‘scippato’ di parte di quanto volevo dire; tuttavia altre cose che a me sono apparse evidenti non sono state dette ed allora mi limiterò a discutere di quelle.
Ho già detto nella riflessione precedente che mi reputo poco competente in fatto di calcio ed infatti mi guarderò bene dal discutere di gioco, schemi tattici ecc. : l’unica cosa che mi permetto di far osservare agli esperti (o sedicenti tali) è che pressoché tutti nostri giocatori difettano nei fondamentali (cioè nel saper ‘condizionare’ il pallone con entrambi i piedi, ‘stoppare’ opportunamente, saper calibrare un passaggio ecc.) cosa questa che invece appare curatissima in tutti i giocatori sudamericani che infatti hanno avuto quasi perennemente ragione sui nostri nei contrasti. Da questo discende che, in questi giorni in cui si parla continuamente della necessità di ‘rifondare’ il calcio italiano, bisogna che i responsabili delle società di calcio di qualsiasi livello si mettano in mente che è necessario ricominciare dalla cura dei ‘vivai’ di bambini selezionando i più portati via via che crescono; richiederà del tempo ma credo sia una strada di gran lunga preferibile a quella di importare giocatori di mezza tacca da affinare e rivendere a puro scopo di lucro.
Ma torniamo ai mondiali: quello che mi ha particolarmente infastidito sono state le dichiarazioni ‘a caldo’ di Buffon e di De Rossi nonché la successiva replica ‘a freddo’ di Balotelli tutta basata sul razzismo. Per un commento su Buffon rimando all’articolo citato all’inizio che condivido in pieno; quanto a De Rossi (e questo un po’ mi dispiace perché, quando ha giocato, secondo me è stato ogni volta il migliore in campo), le cui parole reclamavano la necessità di ‘uomini’, forse non si è reso conto che, cercando di ‘scaricare’ qualunque responsabiltà su altri, lui stesso non si è comportato da ‘uomo’ ma piuttosto da chi, invidioso, si sente sul collo l’alito di qualcuno più giovane che forse sa anche chi possa essere. E lo stesso si può senz’altro affermare per Buffon (non nascondo di aver sperato che i guai alle caviglie durassero più a lungo) insidiato dall’abile e scattante Sirigu. Ma veniamo ad un terzo ‘uomo’, cioè a quel Pirlo che, forse anche lui terrorizzato dal vivace Verratti, ha comunicato a caldo a tutto lo spogliatoio (facendo richiamare anche Balotelli) le sue dimissioni dalla ‘maglia azzurra’, salvo poi, con rara coerenza, rimangiarsi il tutto appena messo piede a Malpensa.
A mio modo di vedere sono stati principalmente questi tre ‘senatori’, salvo se affiancati da qualche altro, a bocciare l’operato dell’unico vero ‘uomo’, cioè Prandelli, forse addirittura fin dalle convocazioni quando il ‘mister’ ha insistito sulla presenza dell’attaccante del Milan probabilmente a loro inviso a causa della grande notorietà anche internazionale che avrebbe offuscato le loro. Non posso dire se questo atteggiamento abbia avuto anche qualche ‘strascico’ in campo (per esempio evitando di ‘servire’ a dovere l’attaccante) ma certamente, appena subita la sconfitta con l’Uruguay, eccoli tutti a bocca aperta a scaricare sulle spalle del capro espiatorio, già individuato in partenza, ogni malefatta. Si tratta di attaccamento alla maglia azzurra o, più umanamente e miseramente, di attaccamento ad una qualche forma di privilegio?
E veniamo a Prandelli: da vero ‘uomo’ ha cercato di difendere le sue idee fino in fondo (cioè anche quando deve essersi reso conto di non essere riuscito a tenere unito lo spogliatoio) e, non appena i giochi sono finiti, ha assunto su di sé tutte le responsabilità e, cosa inusitata in qualunque ambiente italiano ma particolarmente in quello politico, ha dato le dimissioni ed irrevocabili per giunta. Ho detto più in alto che non sono abbastanza competente per giudicare se abbia commesso gravi errori tecnici ma, anche se molti commentatori sostengono di sì, ritengo principalmente fossero dovuti al fatto di avere lo spogliatoio ‘contro’ e forse anche alla possibilità che, essendo le società di calcio piuttosto restie a concedere i propri giocatori alla nazionale in quanto spesso ritornano malconci (caso Montolivo) o deprezzati (caso Balotelli), Prandelli si fosse ‘caricato’ di impegni da rispettare . Quanto a colui che gli succederà (ci sono impegni abbastanza vicini per la nazionale) mi auguro solamente che sia un profondo conoscitore del panorama calcistico italiano in modo da saper scegliere, da qualsiasi serie calcistica, giovani di talento ed affamati di successo da ‘tirare su’.
Tocca ora a Balotelli al quale è toccata la grande ventura, o forse per certi aspetti la disgrazia, di essere molto bravo, e pertanto strapagato, fin da troppo giovane e quindi subito circondato da leccapiedi ma forse soprattutto da orde di avidissime belle donne (ed è semplice rendersi conto di quanto possano essere perniciose queste ultime, basta considerare i ‘saldissimi’ matrimoni di Buffon e Pirlo) che gli hanno fatto ritenere di essere una specie di divinità terrena poco soggetta a leggi e regolmenti. Un po’ di questo erroneo atteggiamento di superiorità traspariva anche dal (suo?) discutibilissimo comunicato citato più in alto ma, se è vero che in aereo si è scusato con Prandelli dicendo di avere sbagliato, forse il nostro ha accusato lo ‘scapaccione’ ed è sulla via della redenzione; ed allora hanno ragione Albertini a giustificarlo e Galliani a volerselo tenere al Milan.
A proposito del ‘mordace’ Suarez mi è piaciuto molto quanto ne ha scritto Giuliano Ferrara in un articolo poi riportato ieri su altra testata (non ricordo se sul ‘Giornale’ o su ‘Libero’) dove castigava, anche con violenza, il malcapitato ma, sotto sotto, lasciava trasparire che, in fin dei conti, l’onore calcistico di una nazione si può tentare di difenderlo anche coi denti. Credo sia questo quello che pensano in Uruguay dove infatti sembra abbiano accolto il giocatore quasi fosse un eroe nazionale. Ed è di questo spirito, forse anche eccessivamente nazionalistico, che difettano non solo i nostri giocatori, ma direi anche gran parte degli italiani.
Nel frattempo, anche se mi sembra faccia un po’ troppo il ‘carino’ con quasi tutti, mi auguro che Renzi riesca a sfruttare a nostro vantaggio il sotterraneo ‘dissidio’ fra Cameron e Merkel che potrebbe sfociare nell’annunciato referendum inglese e, alla lunga, all’uscita dell’Inghilterra dall’Europa con successiva fine anche di quest’ultima. Ma al suo rientro in Italia troverà robuste grane, infatti al Senato, principalmente a causa di appartenenti al suo partito, come Chiti, che non riescono a vedere oltre un palmo dal naso, “Mala tempora currunt”. E ciò, assai probabilmente, come per i ‘senatori’ del pallone sopra citati, solo per eccessivo attaccamento alle poltrone piuttosto che al bene del paese.
Ma la ‘poltrona’, come il lavoro a tempo indeterminato che le somiglia da vicino, diventa quasi una sacra proprietà: intoccabile.

Attilio Taglia


L’aggettivo sciabordito è del vernacolo senese e, secondo me, non trova un esatto equivalente italiano. Non l’ho trovato nel Devoto-Oli e non credo sia nemmeno in altri vocabolari. Forse il suo equivalente inglese è “absent minded”.
Io sono vecchio, allo scoppio della seconda guerra mondiale, nel ’39, avevo sei anni. Quindi alla connata sciaborditaggine si è aggiunto il normale deterioramento dovuto all’età. Perciò quello che dico va preso con le molle. Non ho nessuna intenzione di raccontare la mia vita peraltro piuttosto uniforme e quindi di poco interesse. Ma, scorrendo negli anni e venendo fino ad oggi ed andando anche oltre con l’immaginazione, alcune cose mi hanno colpito; su queste mi sono soffermato ed ho creduto di ragionare. Ed è quanto cercherò di raccontare saltando di palo in frasca e da un tempo all’altro a seconda di come la memoria me lo ripresenta o come qualche richiamo me lo fa tornare in mente.









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