A 150 anni dalla nascita di
Giovanni Pascoli,
per la prima volta, tutta la storia della sua più adorata sorella
Parliamo tanto di Mariù
Intervista con
Maria Santini a cura di Roberto Ardenzi
Maria Santini, ma perché dedicare un intero libro a Mariù, alla
Candida Soror?
Perché è una notevole figura di donna per di più maltrattata da biografi
e critici come sorella dispotica, impicciona e avara. Maria non fu di certo
una santa e la mia non è un’agiografia: ma ho voluto ristabilire la verità.
Mariù fu una donna notevole e benefica nella vita dell’ipersensibile e un
po’ sprovveduto fratello. Lo circondò di cure , di ordine e di un affetto
che fu veramente grande. Basti pensare, fra tanti esempi che si potrebbero
fare, al fatto che, morto lui, continuò a dedicargli la vita mantenendo
intatta la casa comune e le memorie.
A proposito di cure. Quanto giovò al poeta l’atmosfera piccolo
borghese, ordinata e tranquilla ma, diciamocelo francamente, un po’ taccagna
con la quale Mariù, in veste di padrona di casa, circondò il famoso
fratello?
Giovò moltissimo dato che una tale atmosfera si attagliava benissimo alle
esigenze di Giovanni Pascoli: un uomo che veramente si potrebbe definire
pantofolaio, se non fosse che dal suo starsene appartato in giacca da casa, con
la sua pipa, i suoi sigari e il suo risottino di mezzogiorno, è uscita una così
grande poesia. Quanto alla taccagneria, che meglio potremmo chiamare oculatezza,
non era tale da intaccare la qualità del loro tenore di vita che fu sempre
confortevole.
Lei afferma che Mariù, nubile tutta la vita, lo fu in fondo per
scelta. Non ci vede un tocco di femminismo?
A pensarci bene sì, anche se certamente inconsapevole: Maria si sarebbe
molto meravigliata di essere paragonata alle femministe dell’epoca della sua
gioventù, per esempio , battagliere sostenitrici del diritto di voto alle
donne e di mille altre “diavolerie”, come le avrebbe definite lei. I suoi
modelli erano sua madre e sua zia Rita nonché tutte le donne “normali” che
la circondavano, Ida compresa, donne desiderose solo di accudire famiglie
che spesso erano famiglione ( vedi quella di Ruggero e Caterina ). Eppure
Maria si adoperò per la propria autorealizzazione proprio come una
femminista: non scordiamoci della sua notevole crescita culturale che la
portò a diventare poetessa ed a studiare il latino e perfino il greco… Bella
forza, direte, aveva accanto un poeta come Giovanni Pascoli! Ma ciò non
spiega tutto perché anche Ida convisse con il coltissimo fratello per
parecchi anni ma non risulta che si sia mai troppo interessata allo studio e
alla poesia Ma la riprova del “ femminismo” di Mariù si ebbe alla morte del
fratello. Era ormai sola: avrebbe potuto consegnarsi alla protezione di un
uomo, per esempio a quella del fratello Falino o di un marito che era ancora
in tempo a trovarsi (aveva solo quarantasei anni) invece scelse di
reinventarsi una vita da custode delle memorie del fratello, contando solo
su se stessa.
Mariù e Messina. Una romagnola che neppure conosceva i mandarini e
fichi d’India approdata in una terra pulsante di una vita sconosciuta.
Lingua diversa, abitudini diverse.Come andò quella trasferta siciliana?
Andò bene anche se non benissimo. Certo, Maria ricordò Messina con
affetto per tutta la vita : dobbiamo però tenere conto della grande angoscia
suscitata in lei,come in Giovanni, dal terremoto del 1908. Persero tanti
amici e in quel modo orribile. Di fronte a tanto, Mariù mitizzò la Messina
dei suoi ricordi come un luogo perfetto e armonioso dove era stata felice .
In realtà quando vi abitò realmente condusse per scelta una vita
ritiratissima: non in polemica con l’ambiente, come si vede anche dalle
lettere serene che mandava ad Ida, ma molto sulle sue.
Come Giovanni Pascoli, anche Mariù amava gli animali?
Sì, con loro aveva un feeling incredibile, condiviso ovviamente da
Giovanni. A parte il leggendario Gulì, Maria fu circondata in tutta la vita
da adulta da cani, gatti, uccellini. Valgano due episodi a dire tutto
l’amore che lei e il fratello avevano per gli animali: il fatto che
rinunciarono ad accendere la stufa del salotto di Castelvecchio perchè nella
canna fumaria si era insediata una colonia di api: e il fatto che, pur
risiedendo nella campagna toscana, terra di cacciatori, di andare a caccia.
non si parlò mai. Pensiamo allo “ Hammerless gun”: Giovanni parte in quarta
con il suo bellissimo fucile ma vaga per i boschi senza aver sparato un
colpo…Maria una volta lo adoperò quel fucile: per sparare a Capodanno,
naturalmente in aria…
E che cosa pensa lei di quelle storie pruriginose, addirittura di
incesto che sono circolate molte volte che si è affrontato il rapporto fra
il poeta e la sua più fedele sorella?
Ho sceverato la questione nel libro per dire che non ci credo
minimamente: qui non vorrei troppo ripetermi. E non si tratta di difendere
l’onorabilità di Giovanni e della sue sorelle ma di una convinzione sincera.
I rapporti fra i tre erano certamente strettissimi e morbosi, nessuno lo
nega: basti pensare ai centomila nomignoli che il poeta dava alle sorelle e,
in genere, al forte interesse che aveva per tutto quanto le riguardava. Ma “siete sorelle amate e siete amate da sorelle” ebbe a dire Giovanni. E va preso alla lettera.
Colgo l’occasione per ribadire che tutto il parlare che si fa del preteso
incesto deriva in buona parte per l’ossessione che si ha, al giorno d’oggi,
per il sesso. Lo dimostra il troppo parlare che se ne fa: se veramente
fossimo così disinvolti , non vedremmo situazioni “a luci rosse”
dappertutto. Esempio calzante: un giornalista, recensendo il mio libro, mi
ha criticata perché non vi si parla, appunto, del Pascoli illuminato da
quelle tali luci. Caso insolito, il recensore non allude però alle sorelle
ma ad una confidenza ricevuta, a quanto pare, oralmente, secondo la quale il
poeta sarebbe stato un fortunato Don Giovanni. Ora, a parte la mancanza di
testimonianze valide in materia, sostituite come si vede da modesti
pettegolezzi, rimane da dire che, se anche così fosse stato, tali avventure
non hanno lasciato traccia nella vita e soprattutto nella poesia di Giovanni
Pascoli.
Roberto Ardenzi.
Maria Santini è nata a
Torino ma vive a Roma da molti anni. Autrice di numerose pubblicazioni a
carattere storico e fantastico, si è occupata di narrativa per la scuola
rivisitando, in uno stile avvincente e personalissimo, i luoghi della
memoria. L'insaziabile curiosità intellettuale è un dato caratteristico di
questa scrittrice che offre al lettore una qualità di scrittura e una
capacità narrativa assai rare. Ha pubblicato da Simonelli Editore:
Matilde di Canossa,
Liszt,
i Pascoli del Mistero e
Sette Romanzi Gialli
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