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Maria Santini in Giallo
Un debutto del genere non si era davvero mai visto nel mondo letterario. Escono contemporaneamente in SeBook ben Sette Romanzi Inediti di una scrittrice che vi appassionerà: leggere per credere.


Maria Santini e i gialli: un esordio con ben 7 romanzi inediti che escono contemporaneamente in edizione elettronica, in SeBook. Un debutto così non si era davvero mai visto nel mondo letterario come è raro, se non unico, il caso in Italia di una scrittrice che si dedichi a questo genere.

Maria Santini, come si è scoperta giallista?

«Ho cominciato a leggere gialli fin da ragazzina, con una preferenza per il poliziesco inglese. Naturalmente la mia prediletta era la grande Agatha. L’ambientazione inglese è rimasta poi la mia preferita, tanto è vero che, dopo la Christie, la giallista che apprezzo di più è Ruth Rendell. Non in toto a dir la verità: quando ci si mette, anche lei riesce a scrivere dei mattoni incredibili. Ma i suoi romanzi con l’ispettore Wexford sono veramente eccellenti. Tornando un po’ più indietro, apprezzo molto anche Ellis Peters, quella dell’ispettore Felse e di fratello Cadfael. Non sto divagando: intendo dire che queste letture e quelle di un’infinità di gialli anche di altri autori hanno fatto di me un’esperta del genere. Conosco benissimo Rex Stout, Ellery Queen e tantissimi altri. Trame, soluzioni, colpevoli non hanno mai avuto misteri per me e ancora oggi non ne hanno: a pagina dieci di ogni libro sono in grado di risolvere qualsiasi problema un giallista mi presenti. E questo non perchè io mi ritenga una persona particolarmente geniale ma perché il giallo è un genere che si presta moltissimo agli stereotipi. Questa mia specializzazione di lettrice “scafata” ha fatto sì che provassi interesse alla notizia del primo concorso Mondadori per inediti, il “Premio Alberto Tedeschi”. Fu verso il 1978, mi pare. Mi sono detta: perché non provare? E provai con Colombe maligne che allora aveva un altro titolo. Con quel concorso non ho mai combinato niente, tranne due menzioni per Lei, gentilmente e Discutiamone civilmente, menzioni che non portarono a nulla. Ma, intanto, ci avevo preso gusto».

E tra la sua prediletta Agatha Christie e lei quali sono le differenze?

«Sacrilegio! Agatha non va paragonata con nessuno, tanto meno con un’illustre sconosciuta come me».

Perché? Secondo lei cos’ha di così speciale, la Christie?

«Si è sottratta allo steretotipo di tutte quelle macchine pensanti che andavano di moda all’epoca sua (Philo Vance, i vari grandi vecchi di Dickson Carr, quel presuntuoso di lord Peter Wimsey , Albert Campion e chi più ne ha più ne metta) ed ha creato personaggi vivi e veri con un’ambientazione accurata e godibile. Per non parlare delle sue soluzioni, originali e stupefacenti. E già che ho nominato le macchine pensanti, dirò che l’unica di esse che riscuote la mia approvazione, anzi che adoro, è il grande Nero Wolfe di Rex Stout, con la sua deliziosa eccentricità. In uno dei romanzi di Stout c’è quella che ritengo la miglior battuta letta in un giallo. Ad Archie che lo supplica, in gravi circostanze, di piegarsi ad agire come una persona normale, Nero risponde: "Pfui. A che serve farsi la fama di persona eccentrica se poi, alla minima provocazione, ci si comporta come tutti?" ».

Come nascono le sue storie?

«In genere, da un frammento, o più frammenti che poi si saldano insieme. Per esempio, Villino Sospiro nasce dall’agrodolce villeggiatura della bambina Maria presso la nonna: intorno a questo ho costruito poi romanzo e trama. A volte nel creare i personaggi prendo spunto dal carattere o dall’aspetto di persone che conosco. Per esempio, una mia cara amica, persona deliziosa, si stupirebbe molto se sapesse di avermi dato l’input , soprattutto riguardo all’aspetto, per creare l’Ilaria di L’ex compagna di scuola che è un personaggio a dir poco negativo (non svelo nulla, già dal suo primo apparire in scena si capisce che tipo è)».

Ogni suo romanzo è autonomo oppure ve ne sono alcuni collegati?

«I due che ho scritto per primi (Colombe Maligne e Lei, gentilmente) hanno la stessa protagonista, l’avvocatessa senza nome. Avrei anche continuato con lei, perché mi era simpatica ma scoprii ben presto l’errore che avevo commesso - anzi i tre errori - nell’avviare una serie con un personaggio fisso: nella mia inesperienza di allora le avevo attribuito caratteristiche difficili da gestire . La prima era il fatto che risiedeva a Milano, città che non conosco, per cui dovevo ogni volta farla venire a Roma , dove vivo , con scuse varie: la seconda che era avvocato ed io di giurisprudenza me ne intendo proprio poco cosicchè correvo il rischio di brutti scivoloni: infine, proprio la mancanza di un nome rappresentava un handicap perché la cosa complica non poco la scrittura. Originariamente la mia avvocatessa avrebbe dovuto essere la protagonista anche di L’ex compagna di scuola ma poi ho preferito affidare la parte alla scrittrice Simonetta. Così, rimaneggiando Lei, gentilmente, nel finale ho sistemato per il meglio la vita della mia avvocatessa e l’ho messa in pensione. Mai più in seguito mi sono affidata a un personaggio fisso».

Quale immagina che sia il suo lettore o la sua lettrice ideali?

«Quelli che condividono i miei gusti in fatto di gialli: ambientazione borghese, nessuna propensione per l’hard, apprezzamento di una trama ben strutturata con soluzione moderatamente originale: oggi le “grandi” soluzioni alla Christie sarebbero ridicole. E soprattutto il mio lettore ideale deve avere propensione per una certa stringatezza. Fateci caso: oggi molti gialli hanno la mole di romanzi di Dostoievskji. Faccio due nomi soltanto: quello della sopravvalutata Elizabeth George e sì, devo proprio dirlo, anche quello della sopra-sopravvalutata P.D.James. Le loro storie constano sempre di non meno di ottocento pagine nelle quali, naturalmente, va perduto quello che secondo me è l’essenziale requisito di un giallo: tutti gli elementi messi in campo devono essere consequenziali allo svolgimento della trama. Oggi invece, le due scrittrici predette ma anche altri non sono contenti se non descrivono fino alla spasimo tutti gli ambienti in cui si muovono i personaggi ( pensate alla James che crea palazzi e perfino isole intere e di ogni stanza ci descrive fin la tappezzeria) nonché, naturalmente, tutti gli amori dei personaggi medesimi (così fa la George), descritti con particolari così accurati da far sembrare alla fine la faccenduola un’esercitazione ginnica. Non è moralismo il mio: ben venga anche l’erotismo, in un giallo, ma se è finalizzato alla trama e non rappresenta invece un momento di divagazione in cui il lettore fa il guardone in attesa che la narrazione riprenda».

Che ne pensa del giallo storico?

«Che ce n’è, oggi, un’invasione da non poterne più. Da notare che mi ci sono messa anch’io: due mie opere I Pascoli del mistero e Matilde di Canossa possono essere lette anche come gialli d’epoca. Nel primo c’è l’intrigo che coinvolge Giovanni Pascoli nelle fosche vicende di una nobile famiglia siciliana, nel secondo la vicenda, mai chiarita, della fine improvvisa del fratello e della sorella della contessa, morti bambini. Però, ribadisco che oggi di gialli d’epoca ce ne sono anche troppi. Vengono messi in campo tutti i personaggi più svariati,negli ultimi tempi perfino Dante: e ci vuole un bel coraggio a far parlare e agire Dante».

… e ora dopo i primi sette libri quale sarà il futuro di Maria Santini giallista?

«Vediamo prima come vanno i sette libri, che per ora sono, in fondo, sette inediti di una perfetta sconosciuta... Poi… da tempo ho diverse idee in testa, cioè materiale per almeno altri due libri, ma sono ancora frammenti che non riesco ad amalgamare. Si vedrà».

Paolo Jacobbi



 

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