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Aria
di Casa Pascoli

Pagine inedite, curiosità, echi di storie lontane e sconosciute, altre tessere del mosaico della vita del Poeta ricostruite da chi ha firmato la prima e più completa biografia dell'autore della "Cavalla storna" - «Giovanni Pascoli - Tutto il racconto della vita tormentata di un grande poeta » -  da chi da oltre trenta anni è il Conservatore di Casa Pascoli, l'angelo custode dei centosessantunmila scritti autografi del poeta. Qui sotto, settimana dopo settimana, ci sarà anche la sorpresa di una delle poesie di Giovanni Pascoli. Premete con il puntatore del mouse sul titolo e vi si aprirà una pagina a tendina con il testo integrale. E se un verso vi piace particolarmente, selezionatelo, vi apparirà sulla pagina al posto del titolo della poesia.


CANDIDA SOROR di Maria Santini la prima biografia che sia stata mai scritta a Mariù la più famosa sorella di Giovanni Pascoli. Una corposa opera di 352 pagine, frutto di anni di studi e di ricerche, con molte rivelazioni inedite.

 di
 Gian Luigi Ruggio

n. 12 - 3 - 4 - 5 - 6

 Giovanni Pascoli, oltre a essere poeta, fu anche "professorino" al Liceo Classico e insigne italianista all'Università. Sino a pochi mesi dalla morte.
Come insegnava Pascoli?
Il primo giorno dell'anno scolastico 1884-1885, a Massa, quando si presentò a far lezione alla prima liceale, chiamò un alunno alla lavagna e gli dettò due righe di greco il cui significato era, più o meno, questo: «Io sarò buono con gli agnelli, terribile coi lupi». Ma non mantenne la parola perché fu sempre buono con tutti.
Durante la lezione gli piaceva leggere e tradurre insieme agli scolari alcuni passi tratti dai testi classici facendo via via risaltare le bellezze di pensiero e di forma. Ma poi spesso avveniva che s'infervorasse talmente da finir di far lui la traduzione. Forse dava eccessiva importanza alla metrica latina e greca riempiendo spesso la lavagna di asclepiadei, ionici, giambici e altri versi con poca soddisfazione e pochissimo profitto degli scolari che raramente riuscivano a seguirlo.
Era molto benevolo nel giudicare la condotta degli studenti. Diceva che gravi mancanze non ne aveva vedute né sapute da nessuno. «C'è qualche chiacchierino semmai» usava dire. Di un cero terzetto - però - annota: «Sono distratti e disattenti e poi hanno avuto tra loro un certo "taccolare"».
Un solo fatto un po' più grave avvenne durante i tre anni del suo insegnamento Massese: ovvero un violento litigio fra due alunni. Del resto Pascolo non esigeva l'immobilità assoluta come pretenderebbero alcuni "mummificatori" di scolaresche. Anzi, ammetteva una certa libertà di movimento. Tuttavia accadeva che qualche volta s'inquietasse; e allora la sua faccia - di solito bonaria - diventava insolitamente cupa; sgranava gli occhi e le sue guance si coloravano di un insolito rossore. Con un moto istintivo cacciava le mani dietro la folta capigliatura scarduffandosi tutto e prorompeva in qualche accenno iroso e stizzito. Rimaneva immobile e pensoso per qualche istante ma poi, avvolgendo con uno sguardo carezzevole la scolaresca diventata improvvisamente silenziosa, riprendeva a spiegare o chiamava confidenzialmente qualche alunno, mentre il sorriso tornava ad illuminargli la faccia. La tempesta passava presto.
Soltanto una volta ira e turbamento restarono segnati sul volto del professore: fu quando tenne la sua prima lezione a Bologna nell'anno accademico 1906-1907. Ma la sua stizza non era rivolta agli studenti, anzi! Si appuntava, invece, contro quelle smorfiose signorinelle che affollavano l'aula solo per vedere com'era fatto e come si comportava colui che ormai veniva considerato il vate d'Italia, successore della mitica cattedra di Carducci. Quelle importune presenze erano così numerose che gli studenti erano costretti a restare fuori dall'uscio. Pascoli entrò nell'aula rosso in volto; buttò irosamente sulla cattedra il libriccino dei poemi danteschi e rivolto al pubblico sibilò con voce strozzata dal nervosismo: «Adesso che avete visto in faccia l'Uomo-Poeta potete andarvene!» E siccome il rumoreggiare delle petulanti signorine continuava, aggiunse: «Qui non si viene a cercar marito!» determinando un fuggi fuggi generale. Quindi gli studenti - i suoi studenti - poterono finalmente prendere posto nella stanza.
Circa i giudizi che dava dei suoi scolari, s'intratteneva a schizzare dei minuscoli ritratti, fatti di poche linee ma espressivi al massimo. Di alcuni diceva che avevano attitudine e ingegno o che avevano poca voglia e molto ingegno; di altri che «erano uno zero per l'attitudine e una quantità negativa per l'ingegno». Originalissimo è il giudizio che dà di un certo terzetto: «Erano tre - dichiarava senza peli sulla lingua - e si potevano considerare come i tipi o i campioni di tutte le verità di scolaresca; l'uno studiava e non aveva ingegno; l'altro aveva ingegno e non studiava; il terzo non aveva ingegno né studiava».
Raramente faceva allusioni politiche: non era - però - difficile intravvedere sentimenti anticlericali tanto che, una volta, ebbe ad esclamare: «Piuttosto che avere a capo della nazione un avvocato ( alludeva a Grevy, allora Presidente della Repubblica Francese) che amoreggi col Vaticano, preferisco avere a capo chi appartiene a famiglia religiosa, che ha anche dei santi; ma che è la sentinella avanzata dell'anticlericalismo a Roma. A scuola andava sempre puntuale, coi libri sotto il braccio, vestito in modo piuttosto dimesso e anche un tantino trascurato.

Gian Luigi Ruggio


 

Giovanni Pascoli di Gian Luigi Ruggio è ora disponibile:
- Sia in volume con in appendice un'ampia antologia dei migliori versi del poeta della "Cavalla storna" (Copertina a sinistra).
- Sia in Edizione Economica Elettronica, in SeBook - SimonellielectronicBook - in due parti: l'una, la biografia; l'altra l'antologia delle Poesie (Copertine a destra).
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