LETTERA APERTA   di Gian Luigi Ruggio 

© Vietato linkare questa pagina senza l'autorizzazione de L'Istrice/Simonelli Editore srl

A PATTO DI RESTARE
ENTRO LE RIGHE...

Ai primi del corrente anno esce, per i tipi dell'Editore Simonelli di Milano, il mio volume «Giovanni Pascoli - Tutto il racconto della vita tormentata di un grande poeta». Sono anche il Conservatore della Casa di Castelvecchio Pascoli e perciò conosco anche le più riposte pieghe della vita del Fanciullino. «Que viva Pascoli. E il suo editore se ha fiuto» grida dalle pagine culturali della Stampa Mirella Appiotti. E il «Giovanni Pascoli» sembra vivacchiare piuttosto bene navigando sulla cronaca letteraria delle più note testate giornalistiche d'Italia, blandito dalla Rai con diverse trasmissioni in diretta. Santo cielo, si tratta dell'unica biografia pascoliana esistente al momento sul mercato del libro e si vende assai bene!
Tutti ne parlano e la conoscono ma, guarda caso, non Vittore Branca. Che, però, nel suo articololo del 28 giugno sul Sole 24Ore  allude; e ci va pure pesante. L'autore (sarebbe) «un arrivista confusionario» e il suo editore «non è molto provveduto».
Doppiamente strano: per parte mia ho le idee molto chiare dato che ho la possibilità di frugare tra i ben 161mila manoscritti autografi dell'Archivio di Castelvecchio, ho scritto il volume non per ambizione personale ma perché, dato il silenzio calato sull'uomo Pascoli, era una cosa necessaria; e il mio editore tanto sprovveduto non è se è riuscito a bruciare sui tempi tanto gli attesissimi «Meridiani» del Garboli anticipando anche i tanto strombazzato libretti teatrali inediti per Puccini e Leoncavallo scoperti (non si sa come) da Annamaria Andreoli, visto che le autorizzazioni per ricerche nell'Archivio di Castelvecchio passano attraverso il mio permesso scritto. E nulla seppi od ho saputo.
Strano: si grida osanna per degli inediti (di poca importanza perché i due musicisti avrebbero comunque cestinato quei libretti, dato i punti diametralmente opposti in atto di teatro) e ci si cuce la bocca su quelli - e sono tanti - contenuti nel libro di Ruggio: siamo dunque a una raccolta d'inediti di Serie B tanto che quelli dell'Andreoli - di fronte a quella mia cianfrusaglia - sembrano prefigurarsi come un colpo di teatro similmente a quello di Cesare Garboli che nel numero di Repubblica  del 19 aprile scorso pubblica una saffica pascoliana fors'anche inedita, ma tuttavia incompleta e frammentaria?
Stravagante com'è, questo "pezzo" del Sole 24Ore  accomuna le cause letterarie a una presunta caduta in disgrazia del cantore delle «Myricae» allo... stato di abbandono e di degrado dei «preziosi fondi» della dimora del poeta. Qui è veramente arduo capire; in che modo il presunto stato di degrado degli scantinati (né più né meno come in disordine come tutte le cantine di questo mondo) avrebbe contribuito a relegare in un angolo il Poeta del Fanciullino? Pascoli questi fondi li disertava; le sue somme ispirazioni non gli venivano certo lì sotto; né il divino aedo aveva per abitudine di custodire in cantina nulla delle sue (queste sì) cose preziose. E, dunque, «cui prodest»?
La Costituzione sancisce solennemente la libertà di pensiero e d'informazione. A patto di restare entro le righe.

Gian Luigi Ruggio
Conservatore dei Beni Pascoliani

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