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ARTE
- Personaggi da ricordare  
di Mario Pancera
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ALESSANDRO PAPETTI
E I SILENZI DEL DOTTOR MURKE

Alessandro Papetti ha cominciato dedicandosi all'incisione. Ha quarant'anni, è autodidatta, ha già fama europea. La Natura gli ha donato una straordinaria maestria nel disegnare e nel dipingere. Lo si può definire figurativo esistenziale, per la carica di solitudine e di dolore che prorompe da tutti i suoi quadri, interni, ritratti o figure (rarissimi sono i suoi esterni). le sue pennellate sono colpi di rasoio o di sciabola, sempre forti, vivaci, disperate forse, ma mai fuori posto. L'intrico dei segni e colori, sempre freddi, è inesplicabile, ma preciso. Perfino il rosso in lui diventa gelido.
Vive a Milano, di fianco alla Stazione centrale, febbrile luogo d'incontri di miserabili e ospiti di grandi alberghi, di bande di slavi, nordafricani, malavita organizzata, rivali in furti, rapine, spaccio di droga; di affaristi e truffatori, modelle e donnine, tra grattacieli di cristallo e bottegucce ottocentesche, palazzi d'epoca, sterco di cani e gioiellerie, sudice strade rumorose e interni fatiscenti. Il suo modo di sentire nasce soprattutto da qui.
Il pittore ci immerge in una metafisica esistenziale che induce a più di una riflessione, perché raffigura più con i graffi che con delicatezza di pennelli il mondo in cui ci troviamo. Che, così come appare nella sua opera, è un mondo con poca o nessuna gioia. La gioia è forse dietro l'angolo, nel silenzio, nel buio, nel vuoto. La pittura di Papetti è anche un problema di anima. Il vuoto, il silenzio e il buio rappresentano il mistero. Quando vi siamo immersi non sappiamo se ci siano amici ovvero ci proteggano oppure nemici ovvero proteggano i nostri possibili nemici. Per capire il lavoro di Alessandro Papetti bisogna cominciare da qui.
Il pittore ha un aspetto gogoliano, giovanile, porta la barba. Rammenta, non solo all'aspetto, il grande narratore russo, stravagante e morboso, con la sua indagine apparentemente limitata all'interno di piccoli episodi, ma in realtà spaziante nei grandi incubi della società e dell'individuo, altrimenti inespressi. Gli incubi, che sembrano non esistere per la persona "normale", si svelano attraverso i narratori.
Lo scrittore tedesco Heninrich Böll raccontava di un certo dottor Murke, dirigente radiofonico, quindi uomo di suoni e rumori, che ogni mattina, entrando nel palazzo della radio, si lasciava trasportare dall'ascensore a moto continuo fino al sottotetto e poi giù, nello scantinato, per vivere qualche istante da solo nel silenzio rotto appena dal sinistro gracidio degli ingranaggi. Un brivido, una sorta di lavacro esistenziale, un espediente per tenere lucidi il cuore e la mente prima di affrontare le giornate insieme con i comuni mortali, in un comune ufficio.
Per dare l'idea di questo silenzio e della conseguente necessità di un recupero umano, per restare vivi nel frastuono generale, Papetti usa sapientemente nel quadro il vuoto, come un contrappunto in un testo musicale, una pagina descrittiva tra dialoghi concitati. Una figura seduta su un'enorme poltrona di cuoio consunto in mezzo allo studio deserto, arnesi da lavoro o macchine ferme in un opificio abbandonato, un viso dagli occhi eloquenti ma contornato dal nulla, ci inducono alla riflessione. Ed è in questo momento - la riflessione - che possiamo recuperare noi stessi in mezzo a tutto quanto di caotico e informe ci circonda.
Pittore solitario, Papetti dipinge i propri segreti senza testimoni. La sua pittura, a volte durissima, va scoperta con molta delicatezza, quadro per quadro: «È soprattutto nella prima ora di lavoro che si liberano le mie energie sulla tela» dice. Affronta direttamente con pennelli, senza il disegno preliminare, immense tele bianche che si srotolanop dal soffitto contro la parete di fondo dello studio. Ha seguito come maestri ideali Bacon, Giacometti e Soutine; ma l'impronta artistica è oggi inconfondibilmente sua. Per i suoi ritratti, è stato accostato a Boldini, famoso per la felicità della sua mano. Ma siamo in un altro secolo, e Papetti persegue altri itinerari: là c'era la descrizione qui c'è il mistero.


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