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ARTE - Personaggi da ricordare
di
Mario Pancera
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IL FUTURISTA TULLIO CRALI,
L'ULTIMO AEROPITTORE
Il futurismo è un movimento di idee che ha segnato la cultura europea del nostro secolo: ha improntato di sé tutte le arti. E' stato un modo di svecchiare il mondo intellettuale italiano, sia pure con molti disequilibri, e di aprirlo a dimensioni internazionali. F.T. Marinetti, il suo teorico, pubblicò nel 1909 il primo Manifesto a Parigi. I futuristi si sono occupati di tutto, hanno "inventato" quasi tutto. Fedele Azari, aviatore acrobatico, fondò la società per la protezione delle macchine, inventò la pubblicità aerea, l'aeroteatro e fu il precursore dell'aeropittura. Morì suicida a 35 anni. Tullio Crali, nato in Dalmazia nel 1910, è l'ultimo aeropittore. Vive a Milano in una casa piena di ricordi. Marinetti lo applaudì a 22 anni come "una delle splendide sicurezze vittoriose dell'aeropittura".
Oggi, quasi novantenne, Crali ha qualche acciacco, si appoggia al bastone, indossa una tuta nera, con un maglione rosso. In gioventù è stato alto e forte; portava il pizzetto. Marinetti gli fu "amico, fratello, padre". Ne ha fatto un mito. Di lui possiede la maschera funebre originale. E' uno degli uomini che lo vide in vita, nel 1944, quando insieme firmarono il manifesto dell'aeromusica. I futuristi stilavano manifesti e proclami rivoluzionari a ogni passo: Crali ha firmato, tra gli altri, anche quello della Sassintesi (1959) o sintesi dei sassi e il Manifesto dell'arte orbitale (1969) cioè degli "interventi di chirurgia celeste per il perfezionamento dell'universo". E' un uomo di spirito, ma non ci scherza sopra. Questi "manifesti" indicano uno stile e una filosofia di vita.
Come studente, Crali è un disastro (vendeva i libri per comprare quelli di Marinetti), come pittore è autodidatta, eppure ha insegnato per anni a Venezia, a Roma e al Cairo; diplomatosi in architettura, si è occupato anche di poesia e di letteratura. E' tra gli aeropittori più importanti e famosi. Non ha mai avuto il brevetto di pitota, ma ha volato moltissimo su aerei da caccia, anche con la pattuglia acrobatica del "Cavallino". E' quel che si dice un vulcano. A Parigi, negli anni Trenta, girava con una giacca rosso fiamma. Disegnò il blazer senza risvolti e senza tasche e la giacca con un risvolto solo per coprire il taschino portapenne. Inventò il borsello. Abolì la cravatta e per chiudecllo della camicia usò i gemelli recuperati dall'eliminazione dei doppi polsini. Le sue idee sono poi state riprese e lanciate dai grandi stilisti.
Si occupa di aeropittura da settant'anni. E', in fondo, l'ultimo dei romantici, il Saint-Exupery della pittura. Attacca i critici che discutono di primo, secondo e terzo Futurismo. «Sono invenzioni» dice. «Il Futurismo è come un oscillografo, va sue e giù a seconda degli uomini. E' estremamente semplice ed esteso: noi vogliamo esaltare il nostro tempo moderno». L'elemento principe è la macchina in tutte le sue manifestazioni: «Chi non l'ama non ha cuore, né anima, né fegato». L'elica era per lui come un nudo di Rubens: quando cominciava a girare si sentiva «tra le braccia della donna amata». La maccina, conclude, è «la sintesi delle energie della natura» e l'aeroplano è la macchina che ha realizzato il mito di Icaro, il sogno di sempre dell'uomo: la conoscenza dell'Universo.
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