di Mariantonietta Sorrentino Rizzo 
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L' interesse per la memoria è un atto di giustizia e di amore.
Memoria in quanto riscoperta e valorizzazione delle matrici della nostra cultura mediterranea, matrici multietniche.
Memoria per progettare il futuro, per comprendere il presente.
Un viaggio negli itinerari della memoria alla scoperta di una realtà tanto poliedrica quanto seducente.

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Nelle isole Tremiti la presenza umana è legata indissolubilmente alla saga omerica di Diomede, "padre" della civiltà adriatica.
Il volo delle procellarie ne ricorda il mito. I suoi compagni d'avventura furono trasformati in uccelli da Afrodite. E ora, sotto le sembianze di volatili, piangono l'eroe sepolto in queste isole, e il loro lamento percorre il mare notturno con un'eco interminabile.
Re di Argo, figlio di Tideo e Deifile, Diomede era dotato di eccezionale forza. Secondo solo all'immortale Achille, nell'arte della guerra. La leggenda lo vede fuggire dalla sua terra a causa dell'adulterio muliebre, e naufragare sulle coste della Daunia, l'attuale Puglia. Ivi aiutò il re contro i Messapi, e fondò numerose città lungo la costa adriatica. Enormi massi delimitavano i confini del nuovo regno. Alcuni di essi, gettati in mare, formarono le Tremiti.
Antichi monasteri, falesie ed alte scogliere, le Tremiti.
A fronteggiare la costa garganica ecco San Domino, San Nicola e Capraia, detta anche Capperara per la sua rinomata produzione di capperi. In un'epoca imprecisa, forse nel III o nel IV secolo, vi giunge un eremita in cerca di solitudine. Si ferma a S. Nicola. Là sceglie, come romitaggio, l'antro cavernoso della tomba di Diomede. Nella notte, un'apparizione della Vergine, gli affida l'incarico della costruzione di un tempio. I fondi li avrebbe reperiti scavando in un punto preciso della grotta, che conservava il tesoro dell'eroe omerico.
Vera o falsa la storia?
È certo che molti troveranno riparo in quella rada, prima di riprendere il mare. La fama dell'eremita e la sua santità giunsero fino ad attirarvi i monaci benedettini. Ne nacque un'abbazia, la cui importanza crebbe al punto di eguagliare Montecassino.
Opulenta per le continue donazioni, S.Nicola, fu preda dei pirati dalmati. E nonostante l'opera di fortificazione voluta dai monaci intorno all'anno Mille.
Oggi non c'è traccia del porto medioevale, che sfruttava un'insenatura naturale. L'attuale molo risale all'epoca borbonica. Da patria del mito l'isola divenne colonia penale. Per ritornare, poi, alla suggestione del mito affidato alle ali delle procellarie.

Mariantonietta Sorrentino Rizzo

 


 
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