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Franco Manni:

GUIDA AI LIBRI ANIMATORI DELLA MIA LETTERA
Ciascuna opera ha due date: la prima è quella della composizione o della prima edizione; la seconda è quella di un'edizione recente accessibile al lettore.

1840

ALESSANDRO MANZONI, I promessi sposi
(La Nuova Italia, 1990).

Vicenda inventata - un matrimonio contrastato di due contadini oppressi da un tirannello vizioso: è il secolo XVII - la cui caratteristica principale è però il realismo. Come scriveva lo stesso autore:

«Quanto allo svolgimento degli avvenimenti, e all’intrigo, credo che il mezzo migliore per non fare come gli altri stia nel considerare nella sua realtà il modo di agire degli uomini, e di considerarlo soprattutto in ciò che ha di opposto allo spirito romanzesco».

E per Edgar Allan Poe il prestigio maggiore del romanzo di Manzoni era «la cognizione di vera vita vissuta». Colpisce l’amore di Manzoni per l’idea che gli uomini hanno tutti una eguale dignità: non c’è nessuna tipizzazione morale e psicologica basata sullo status sociale dei personaggi. Principi e contadini, dotti e analfabeti, impetuosi e miti, maschi e femmine, vecchi e giovani: nessuna di queste condizioni determina il bene o il male degli individui; il loro valore morale è, appunto, completamente individuale e non afferente a «tipi». E non è «ideale», perché in ciascuno il bene è, in varia forma, mescolato al male. Colpisce anche la fiducia nella bontà dell’essere (la cosiddetta «Provvidenza» manzoniana): il male, anche nelle sue sfumature ambigue che a volte oscillano tra commedia e tragedia, è rappresentato con crudezza e senza pregiudizi bigotti. Eppure c’è il bene, non determinato dai progetti dei singoli uomini in quanto progetti, ma c’è: una voce amica in mezzo a un coro ostile; una persona sconosciuta che offre i suoi servigi durante un pericolo; un contrattempo o un dolore che poi si rivelano occasioni per scampare il vero male; un desiderio di bontà (di essere amati e di potere amare) sepolto ma presente anche negli spiriti più pervertiti. Se la trama delle vicende narrata è attraente (Goethe, a proposito de I promessi sposi, confidava all’amico Eckermann: «L’impressione che si riceve dalla lettura è tale che si passa continuamente dalla commozione alla meraviglia e dalla meraviglia alla commozione, e da questi due grandi affetti non s’esce mai.»), a me interessano di più le numerose considerazioni di etica, a volte brevissime e a volte più lunghe, che l’autore fa riservandosi un «cantuccio» di filosofico commentatore.

1841

RALPHO EMERSON, Storia (in Natura e altri saggi, Rizzoli, Milano, 1990).

È un breve saggio sul concetto di storia che, valendosi di spunti hegeliani, anticipa alcune dottrine di Benedetto Croce: tutta la storia passata è storia contemporanea. Scrive Emerson:

«Occorre che si legga la storia in maniera attiva, non passivamente; tener presente che è la nostra vita che fa da testo, mentre i libri forniscono solo il commento. Costretta in tal modo, la Musa della storia pronunzierà allora oracoli che mai potrebbe offrire a chi non avesse rispetto di sé stesso. Non m’aspetto che diventi un buon lettore di storia chi pensasse che ciò che fu compiuto in un’epoca remota da uomini i cui nomi sono poi risuonati famosi abbia un più profondo significato di quello che egli stesso sta operando quest’oggi, in questo momento. in senso proprio non esiste la storia, esiste solo la biografia. Ciò che la mente singola non vede, ciò che essa non vive, non riuscirà mai a conoscerlo».

1864

ALESSANDRO MANZONI, Storia incompleta della Rivoluzione Francese (Bompiani, Milano, 1985).

Un esempio, secondo me convincente, di confutazione della teoria irrazionalistica per la quale per fare cambiamenti buoni nella società bisogna essere immorali. Con puntiglio Manzoni osserva come i vari comportamenti immorali dei rivoluzionari del 1789 ostacolarono e non favorirono quel miglioramento della società francese cui pure tutti genericamente aspiravano. Miglioramento che ci fu, ma grazie agli atti morali, e nonostante quegli altri.

1862 -1871

LEWIS CARROL, Alice nel Paese delle Meraviglie e attraverso lo specchio (Mondadori, Milano, 1978).

Personaggi e scenari fantastici tra cui si aggira Alice sono una delle più efficaci ipotiposi di quell’«inglesità» che ora fa parte dei modelli ideali di molte altre culture nazionali. La tecnica narrativa riproduce bene il processo con cui tutti noi, durante il sonno, sogniamo. Il messaggio è il tentativo dell’autore di mostrare ai bambini anagrafici e soprattutto al bambino che è dentro ciascuno di noi adulti, che il cosiddetto mondo adulto, o anzi la realtà tout-court, per quanto molto complessa e conflittuale, nel suo fondo non è cattiva; in essa è legittimo piangere ma illegittimo disperarsi.

1866

F. DOSTOEVSKI, Delitto e castigo (Sansoni, Firenze, 1962).

Come Macbeth è la tragedia del rimorso, così Delitto e castigo ne è il romanzo: gli esiti sono diversi perché il re di Scozia non si ravvede mentre lo studente omicida Raskol’nikov pare che possa ravvedersi. Ma in entrambi i personaggi la verità mostra la sua natura - al di là di tutte le sceneggiate solamente esterne - irriducibile ed insopprimibile; entrambi quasi cercano e implorano di essere puniti, per sfuggire al rimorso. Ma non è, in sé stessa, la punizione esterna a salvare, bensì è una decisione interiore. Dostoevski suggerisce che questa decisione interiore può essere presa da Raskol’nikov perché questi incontra Sonja, una persona da cui è amato e che forse può cominciare ad amare.

1886

LEV TOLSTOI, La morte di Ivan Illic (Garzanti, Milano, 1988).

Racconto lungo o romanzo breve è comunque un piccolo efficace congegno narrativo. La vita di un uomo completamente «comune» o «normale» viene vista dal di dentro e ciò che si scopre è che il cosiddetto «uomo comune» è un’illusione: ogni e ciascun uomo ha sempre nella sua vita un mistero di avventura, di tragedia e di gioia. Anche questa è la storia di un progresso morale.

1888 - 1889

OSCAR WILDE, Aforismi (a cura di A. Falzon, Mondadori, Milano, 1987).

Raccolte dalle sue varie opere, queste sentenze di Oscar Wilde, così piene di wit, si rivolgono contro un nemico che è anche il nostro: il luogo comune.

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