"Una Radura
nell’Ithilien" - osserva Franco Manni nella Prefazione - è un breve
romanzo scritto da un autore vivente, Alex Lewis, ma in qualche modo
scritto anche da un autore che vivente non è più , John Ronald Reuel
Tolkien. Siamo di fronte a una "Tolkien-inspired fiction": Lewis
prende la storia de "Il Signore degli Anelli" , vi immette una
variazione su un punto dell’intreccio (di cui dirò dopo) e ne trae
le conseguenze logiche ( di logica letteraria).
Fu lo stesso Tolkien a auspicare l’avvento dei
"poeti ciclici". Nel 1951 scriveva a un suo possibile editore:
"I cicli dovrebbero essere collegati a un
maestoso insieme, e purtuttavia lasciare spazio per altre menti e
altre mani".
Lewis non è il solo ad avere raccolto l’auspicio
di Tolkien, ma è la persona che lo ha fatto con più costanza ed
efficacia, non solo scrivendo "poemi ciclici" tolkieniani in prima
persona, ma anche stimolando tanti altri scrittori e scrittrici a
farlo , avendo fondato e dirigendo sin dal 1991 la vitale rivista "Nigglings"
che a questo scopo è dedicata.
Ma veniamo a "Una radura nell’Ithilien". La
struttura del romanzo è quella di una "Russian Doll", per usare le
parole dello stesso Lewis: al suo centro ha una storia che segue i
passi del "Signore degli Anelli" dall’Ithilien fino a Monte fato, ma
con eventi diversi, causati "a cascata" da un singolo e remoto e
molto minore evento del passato: l’avere Finduilas dato una sciarpa
grigia a Faramir e una blu a Boromir, quando i due fratelli erano
bambini. Appena prima del centro della "Russian Doll" c’è una
visione elegiaca di una Terra di Mezzo anche essa in parte diversa:
a Imladris vediamo la tomba di Bilbo, a Meduseld la tomba di Merry,
a Minas Tirith la tomba di Pipino, e nell’Ithilien la tomba di
Frodo. Nella bambolina ancora precedente vediamo un misterioso
Vecchio parlare a due bambini hobbit figli di Merry e Pipino e dire
loro, con le parole di Gandalf: "le cose avrebbero potuto andare
diversamente".
La storia centrale è appunto quel "diverso", e
assai più triste , corso delle cose che avrebbe potuto esserci.
Il messaggio di Lewis è indirizzato ai bimbi
hobbit annoiati e saputelli che incontrano il misterioso viandante
nella Vecchia Foresta, in seconda battuta a quei bambini inglesi
degli Anni Sessanta che incontrano il vecchio Tolkien a Oxford. Ai
primi dice che avrebbero potuto non essere nati. Ai secondi che
l’Inghilterra avrebbe potuto essere molto meno prospera e serena in
quanto avrebbe potuto essere dominata dal Terzo Reich e nessun
"Signore degli Anelli" avrebbe potuto essere pubblicato
dall’antihitleriano Tolkien. A noi lettori fa riflettere sul mistero
della Storia e - se mai, per chi crede - della Provvidenza.
Alex Lewis non è solo un romanziere e un poeta, è
anche un saggista acuto e filosofico. Nei Proceedings del convegno
oxoniense per il centenario della nascita di Tolkien abbiamo già
letto il suo scritto su "Historical Bias in the Silmarillion", in
cui dimostra come il "Quenta Silmarillion" sia stato scritto dagli
Elfi e dunque riempito dei loro pregiudizi etnocentrici. Anche il
romanzo che ora presentiamo al pubblico italiano evidenzia
l’interesse che Lewis ha per le dinamiche sofisticate e per nulla
immediate della Storia e della Storiografia.
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