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Franco Manni:

GUIDA AI LIBRI ANIMATORI
DELLA MIA LETTERA

Ciascun’opera ha due date: la prima è quella della composizione o della prima edizione; la seconda è quella di un’edizione recente accessibile al lettore

 

Antichità precristiana

KAROL KERENY (a cura di),
Gli dei e gli eroi della Grecia
(2 voll., Garzanti, Milano, 1976).

Questo studioso ha raccolto tutta la mitologia greca con fedeltà filologica, riportando di ogni mito le molteplici e diverse versioni e indicando chiaramente le fonti (di solito poeti, ma anche storiografi, filosofi, oratori, grammatici, ecc.). Il primo volume tratta di dei e semidei, il secondo degli eroi. Questo patrimonio di fantasie ha influenzato costantemente l’immaginario occidentale dei millenni successivi.

VII sec. a. C. circa

OMERO, Odissea (Garzanti, Milano, 1981).

Dante Alighieri riteneva che il più grande di tutti i poeti fosse Omero. Questo antico poema (di cui ti consiglio una traduzione in prosa) s’impone certo per l’originalità e il fascino dell’invenzione narrativa; ma qui soprattutto te lo ricordo per la pregnanza simbolica dei suoi personaggi e dei suoi episodi, e anche per le sue «sentenze» di saggezza che il poeta dà, o direttamente o indirettamente, attraverso i discorsi dei personaggi.

VI sec. a. C. circa - I sec. d.C.

La Bibbia

Il nome di questo libro deriva dal greco e significa "I Libri", in effetti esso è composto da una serie di scritti molto eterogenei: di genere letterario, epoche storiche, lingue ed autori diversi. I cristiani cattolici contano 46 libri dello "Antico Testamento" (scritti in ebraico prima della nascita di Cristo e che sono quasi tutti libri sacri - cioè "ispirati da Dio" - anche per gli Ebrei) e 27 libri del "Nuovo Testamento" (scritti in greco nel primo secolo dopo Cristo e che sono libri sacri solo per i cristiani, anche se i protestanti ne hanno qualcuno in meno).
Di questo libro che è il più diffuso, letto, studiato e tradotto al mondo, non voglio cercare di fare una "recensione". Troppo importante, troppo profondo, troppo lungo, troppo denso, troppo variegato! Non ne ho voglia. E qualsiasi cosa scrivessi risulterebbe sia sproporzionatamente lunga, sia comunque incompleta. Certo, tra tutti i libri che ho letto questo è stato di gran lunga quello più importante per me. Non è un libro noioso (come, per esempio, ha bene sottolineato Umberto Eco nella sua scherzosa "recensione" de La Bibbia presente nel suo Diario Minimo del 1975), ma è un libro troppo eterogeneo e troppo profondo da potere esser letto di seguito dalla prima pagina fino all'ultima in una lettura continua. Penso che, forse, come è capitato a me, parti di esso possano esser lette o rilette da una persona in maniera occasionale secondo le non prevedibili occasioni della sua vita. Anche se non lo si legge esso può venirti letto da altri o riassunto o annunciato o pregato o altrimenti trasmesso direttamente e indirettamente attraverso i molti "oggetti culturali" che da millenni esso ha prodotto o almeno influenzato.
Proprio questa troppo vasta influenza che questo libro ha avuto ed ha costituisce un'ulteriore ragione perch´ non mi soffermi a parlarne : per gli scopi della mia Lettera esso risulta una indicazione troppo generica. Voglio dire che se in questa sezione sui libri parlo di quelli di Tommaso d'Aquino o di Benedetto Croce o di Melanie Klein, per esempio, ecco che indirizzo chi mi legge verso una qualche direzione particolare, che si differenzia da altre direzioni possibili. Mentre se parlo de La Bibbia segnalo una fonte comune a tante e troppo direzioni di pensiero e di sensibilità.
Però, non potevo omettere di citarlo!

IV sec. a. C.

ARISTOTELE, Etica a Nicomaco (Laterza, Bari, 1979).

Tommaso d’Aquino ed Hegel, così come fecero molti altri, definirono Aristotele il più grande di tutti i filosofi. Questo suo libro è il più studiato trattato di etica della storia occidentale. Come tutte le opere di Aristotele si presenta come una serie di appunti per lezione scolastica e dunque non brilla per sistematicità d’impianto né per fascino dello stile. Se dovessi proporzionare questa recensione alle altre che ti propongo seguendo criteri d’importanza, dovrei scrivere un libro; e ora non mi è possibile. Comunque spesso nel corpo della mia lettera ho citato esplicitamente concetti e testi dell’Etica aristotelica. Qui ti ricordo solo i titoli dei contenuti: rapporto tra etica individuale ed etica sociale; l’efficacia del discorso etico; l’oggetto dell’etica; il destinatario del discorso etico; critica dell’etica platonica; la definizione di felicità; le componenti necessarie della felicità; la virtù come habitus razionale; la virtù come giusto mezzo qualitativo che la ragione stabilisce tra due vizi opposti; definizione, distinzione e rapporti reciproci delle azioni volontarie e di quelle involontarie; il ruolo dell’ignoranza nella moralità; caratteri della scelta deliberata; definizione di volontà; analisi delle virtù attive (coraggio; moderazione; generosità, magnanimità; mitezza, affabilità; sincerità; umorismo; pudore; giustizia) e dei vizi ad esse contrari; analisi delle virtù contemplative (scienza; arte; intelletto; sapienza; prudenza ossia saggezza) e dei vizi ad esse contrari; la definizione di vizio; l’intemperanza e incontinenza come due gradi della malattia della ragione; la curabilità dell’intemperante e dell’incontinente; critica della dottrina pessimista (spiritualista) sul piacere; critica della dottrina ottimista (materialista) del piacere; definizione e fenomenologia del piacere; lunga ed analitica trattazione sull’amicizia (definizioni; condizioni; l’a. per utile, l’a. per il piacere, l’a. per il bene; l’esercizio dell’a.; rapporti tra le varie forme di a.; l’a. tra diseguali; l’a. e la giustizia; l’a. è tra buoni o tra parti buone di persone anche cattive; l’a. è tra simili o tra parti simili di persone anche dissimili; l’a. per il bene comprende l’a. per il piacere e l’a. della persona buona verso sé stessa come base dell’a. con le altre persone; la benevolenza o simpatia; la concordia; diversità dell’amore nel benefattore e nel beneficiato; l’amore per gli altri come base dell’«egoismo» buono, cioè del sano amore per sé stessi; la persona buona e felice e la sua capacità di avere amici e di averli necessariamente; il numero degli amici; discussione su quali stati siano quelli in cui maggiormente si ha bisogno di amici; la convivenza e la diuturna intimità come condizione necessaria per lo sviluppo dell’a.). Aristotele conclude il trattato approfondendo con nuove considerazioni la discussione critica e la dottrina positiva sul piacere e sulla felicità.

IV sec. a. C.

ARISTOTELE, Retorica (Laterza, Bari, 1973).

Di quest’opera, divisa in tre parti o libri, ti consiglio di leggere solo i primi 17 del secondo libro, che arricchisce l’Etica con interessanti osservazioni sull’ira, sul piacere, sull’amicizia, su gioventù/vecchiaia; sul timore, la pietà, la vergogna, l’invidia (il resto dell’opera, invece, riguarda le tecniche del discorso retorico).

44 a. C.

MARCO TULLIO CICERONE, Dialogo sulla vecchiaia. Dialogo sull’amicizia (Garzanti, Milano, 1990).

Tante osservazioni interessanti sul tema della vecchiaia e sul tema dell’amicizia rispetto alle quali la communis opinio di tanti psicologi e sociologi di oggi appare - purtroppo - piena di pregiudizi, ingenua, spesso lontana dalla realtà. Bello lo stile espositivo.

62 - 65 d. C.

LUCIO ANNEO SENECA, Lettere a Lucilio (Garzanti, Milano, 1990).

Anche Seneca - come, si parva licet, ho fatto io - veicola la sua filosofia in lettere indirizzate a un amico. Non è un’opera molto profonda, ma è scritta molto bene, per me, può essere una discreta introduzione alla filosofia morale. Potrebbe disturbare l’approccio stoico e, dunque, negativo alle passioni umane: ma lo stoicismo di Seneca - non un greco ma un romano, e uomo politico - è moderato da un eclettismo che accoglie anche le altre filosofie ellenistiche (il tardo Peritato, l’Accademia, l’Epicureismo). Ci sono, in questo libro, molti temi della «perennis philosophia»: esistenza di Dio, provvidenza; immortalità dell’anima; apologia della ragione. Ma anche temi più propri dell’etica: le età dell’uomo; i viaggi e gli spettacoli; gli schiavi; i famigliari; gli amici; gli studi; le proprietà materiali; i rapporti con i potenti; l’ordinamento della vita quotidiana; l’esame di coscienza. Soprattutto interessante, per quanto troppo unilaterale e pessimista, è la sua visione della vita come un continuo curare chi è malato moralmente e in primo luogo sé stessi: ogni giorno può servire a migliorarsi. La salute dell’uomo è la virtù, ed essa è stabile e sicura, solo che non è mai un dato originario ma è sempre guadagnata dal singolo individuo attraverso una lunga lotta contro i vizi che appaiono essi sì - in tale visione pessimistica - come i dati originari. La vita è una milizia. Ma già la sola schietta volontà di guarire è un grande acquisto verso la guarigione.

397 d. C.

AURELIO AGOSTINO, Le confessioni (Rizzoli, Milano, 1978).

È il racconto più bello letterariamente e profondo filosoficamente di una «conversione» morale: dall’infanzia fino alle soglie della mezza età attraverso un’adolescenza e una giovinezza insidiate da una malattia della «carne» che già nella maturità rivela sempre di più la sua reale natura di malattia dello «spirito». Dai casi individuali autobiografici spesso Agostino arriva a discussioni etiche generali, e anche a un metafisica, quella - famosa - sull’essenza del Tempo.

1273

TOMMASO D’AQUINO, Somma Teologica (Salani, Firenze, 1965).

Mai nessun filosofo è stato così sistematico (ordinato, completo, chiaro, distinto, mai contraddittorio) come lui. Del suo capolavoro ti consiglio la Pars secunda, dedicata all’etica. Per millenni siamo stati abituati a predicazione del cristianesimo del tipo dualista-ascetizzante. Stupisce, in Tommaso, vedere quanto spesso e con quale profondità egli rigetti i luoghi comuni del dualismo. Egli infatti, oltre alla Bibbia e al pensiero dei padri della chiesa, ha come fonte primaria l’Etica a Nicomaco di Aristotele. Un po’ come per l’Etica aristotelica qui, per ragioni di opportunità, devo contenere la recensione ai soli titoli dei contenuti: la felicità come ultimo fine unico ed universale per tutti gli uomini; la felicità è distinta dalla gioia che è solo la sua risonanza soggettiva; la felicità è un particolare atto conoscitivo della ragione; trattazione degli atti volontari e di quelli involontari; le circostanze degli atti morali; definizione di volontà e della sua libertà; valore morale dell’intenzione; le fasi della scelta deliberata; atti eliciti e atti imperati; bontà, malizia, merito e demerito degli atti morali (atti intrinsecamente buoni o cattivi; non esistono atti moralmente indifferenti; né la sola intenzione né il solo oggetto rendono buono un atto; anche la coscienza erronea obbliga moralmente); le passioni in generale; le passioni non sono in sé né buone né cattive; l’amore passione; l’odio; la concupiscenza; il piacere; la tristezza; bontà e malizia presenti nel piacere e bontà e malizia presenti nella tristezza; la speranza come passione e disperazione; il timore; l’audacia; l’ira; virtù e vizi come habitus morali; abiti e atti; la virtù in generale; la virtù in generale; virtù attive, contemplative, teologali; il giusto mezzo nella virtù; la connessione reciproca tra le varie virtù; il vizio in generale; cause del vizio; connessione reciproca tra i vari vizi; gli effetti del vizio e cioè la malattia, l’ignoranza, la tristezza cattiva e la morte; la legge morale e i suoi vari significati; la grazia come aiuto di Dio all’uomo e nell’uomo; la virtù teologale della fede e le virtù contemplative ad essa connesse, cioè l’intelletto e la scienza; i peccati contro la fede; la virtù teologale della speranza; peccati contro la speranza; la virtù teologale della speranza; peccati contro la speranza; la virtù teologale della carità (la caritas è ciò che Aristotele chiama jilia cioè amicizia; la carità verso Dio deve precedere la carità verso sé stesso e la carità verso sé stesso deve precedere la carità verso il prossimo; il retto ordine della carità secondo le varie situazioni morali e sociali; la dilectio quale atto principale della carità, distinto dalla benevolenza); le virtù attive connesse alla carità, e cioè la pace, la beneficenza, la misericordia, la correzione fraterna; la virtù contemplativa connessa alla carità, e cioè la sapienza; i vizi opposti alla carità, e cioè l’odio cattivo, l’accidia, l’invidia, la discordia, la contesa, la guerra, lo scandalo; la virtù cardinale - cioè principale - della prudenza e le virtù secondarie ad essa connesse; i vizi opposti alla prudenza, e cioè l’imprudenza, la negligenza, l’astuzia fraudolenta; la virtù cardinale della giustizia e le virtù secondarie ad essa connesse, e cioè la religiosità, la pietà, l’obbedienza, la gratitudine, la veridicità, l’affabilità; i vizi opposti alla giustizia, e cioè l’irreligiosità, la disobbedienza; l’ingratitudine, la vendetta, la menzogna, la iattanza, l’adulazione, la litigiosità, l’avarizia; la virtù cardinale della forza e le virtù secondarie ad essa connesse, e cioè il martirio, la magnanimità, la magnificenza, la pazienza, la perseveranza; i vizi opposti alla forza, e cioè la viltà, la temerarietà, la presunzione, l’ambizione, la vanagloria, la grettezza, l’incoerenza o mollezza, la testardaggine; la virtù cardinale della temperanza e le virtù secondarie ad essa connesse, e cioè la verecondia, l’onestà, la castità, la continenza, la clemenza e la mansuetudine, la modestia, l’umiltà, la laboriosità; i vizi opposti alla temperanza, e cioè la voracità, l’ebrietà, la lussuria e le sue specie, l’incontinenza, l’iracondia, la crudeltà, la ferocia, la superbia (il più grave tra tutti i peccati spirituali così come, in generale, i peccati spirituali sono più gravi di quelli carnali), la curiosità invadente.

1304 - 1313

DANTE ALIGHIERI, Inferno e Purgatorio (a cura di U. Bosco, Le Monnier, Firenze, 1989).

Anche per un italiano il testo poetico dantesco non è di facile comprensione; però abbiamo molti commenti e parafrasi esplicative che facilitano la lettura. Il viaggio di redenzione della propria natura umana dalla «selva selvaggia» della perversione fino alla «selva spessa e viva» della guarigione è da Dante percorso in due scenari indimenticabili: quello «senza stelle» dell’imbuto roccioso dell’Inferno, e quello aurorale e rugiadoso della montagna del Purgatorio. Personaggi provenienti da migliaia di anni di storia sia reale che letteraria sono dal poeta incontrati, ciascuno segnato da un suo vizio particolare, il quale pur non cancella la particolare virtù residua. Dall’inizio drammatico fino alla rasserenata conclusione il pellegrino è guidato da Virgilio - maestro, amico, madre, padre - allegoria della Ragione Naturale.

1530

FRANCESCO GUICCIARDINI, Ricordi (Sansoni, Firenze, 1951).

Più profondo, secondo me, degli altri «moralistes» del XVI-XVII secolo (Machiavelli, Montaigne, Pascal, Gracian, Mazzarino, La Rochefoucauld, La Bruyere) Guicciardini - uomo politico del Rinascimento - ci lascia considerazioni acute sui vizi della generalizzazione, della previsione e dell’idealizzazione, e sui pregi della distinzione razionale e della speranza.

1603

WILLIAM SHAKESPEARE, Macbeth (Rizzoli, Milano, 1981).

È questa la tragedia del rimorso che, direi quasi, incarna poeticamente alcuni concetti che saranno della psicanalista Melanie Klein. Re Macbeth e sua moglie, spergiuri ed omicidi, sono tormentati prima che dai nemici esterni dalla propria coscienza morale, la quale, pur di non essere seppellita e distrutta dalle loro parti cattive, fa perdere loro la ragione e li dà in potere ai nemici esterni, in fondo più clementi. Giustamente Freud ha analizzato il Macbeth (Coloro che soccombono al successo, 1916) mostrando che è proprio il successo esterno dei loro intrighi a far impazzire i due coniugi diabolici, perché è tale successo esterno (con la conseguente cessazione delle critiche correttive da parte del contesto sociale) a far sentire alla coscienza morale più grande il pericolo di essere sopraffatta. Tema già trattato dall’antico Platone nel Gorgia.

1759

M. DE VOLTAIRE, Candido ovvero l’ottimismo (Einaudi, Torino, 1983).

In questo breve romanzo «philosophique», l’«ottimismo» che viene preso in giro è quello astratto di chi - per pigrizia, angoscia, arroganza - dalla giusta affermazione universale «Tutto è fondamentalmente volto al Bene in sé» passa subito e senza mediazione all’affermazione particolare «Dunque, anche questo singolo fatto è per forza un bene per me», confondendo così il piano della conoscenza col piano della volontà. Ma il «pessimismo» di Voltaire, in questo senso avvertimento salutare, non può criticare filosoficamente (anche se può sbeffeggiare salottieramente) l’ottimismo concreto e realistico che accetta tutte le complesse mediazioni della storia, sul piano conoscitivo, e, sul piano pratico, tiene ferma l’intransigenza del giudizio morale.

1776

ADAM SMITH, Ricerca sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni (Mondadori, Milano, 1977).

Di quest’opera, che sta all’origine della scienza economica, leggi solo il primo libro, sintesi dei seguenti vari argomenti: la natura umanistica ed immateriale della ricchezza (del Valore); la necessaria divisione e specializzazione del lavoro (contro le utopie malate di onnipotenza); la convergenza antidualistica tra interesse individuale («egoistico») e interesse della società («altruistico»); l’esaltazione della libertà individuale, nella convinzione che dalle distinzioni certamente si arriva all’unità, e questo grazie alla volontà dello spirito assoluto (la «mano invisibile») e non grazie alla velleità di qualche individuo empirico malato di onnipotenza (governo, istituzione religiosa, ideologia politica).

1788 - 1790

BENJAMIN FRANKLIN, Autobiografia (Rizzoli, Milano, 1967).

Leggendo la vita di B. Franklin ho provato simpatia e stupore. Un ragazzo e poi un uomo che gode dei beni della Terra, li ama veramente perché vuole perfezionarli, moltiplicarli, diffonderli alle altre persone. I cupi ed ascetizzanti spiritualisti non riusciranno mai ad apprezzare un documento del genere. Esso è infatti una continua confutazione della loro concezione. Ed è una conferma della mia simpatia - già espressa in alcune parti della lettera - per la limitata virtù delle «cose» (la tecnologia, i beni di consumo) e per la forza catartica del lavoro (lavoro variato, amato, creativo che permette - assieme alle altre condizioni - di essere continuamente «giovani»). Colpisce anche il racconto della sua adolescenza: da subito sotto contratto, avviato al mestiere del tipografo, appassionato lettore, amabile compagno, infaticabile lavoratore, prudente consumatore, poeta, giornalista, inventore, viaggiatore, manager. Povero, ma pieno di arti, diventerà ricco; egli sa imparare e sa sperare. Cerca il benessere fino nei dettagli: i vestiti, la dieta, gli orari, gli accessori. Ha fiducia nelle proprie capacità e ha fiducia nel mondo: dunque è capace di tollerare gli aspetti negativi delle altre persone e di concentrarsi solo sugli aspetti positivi. Il suo odio non è per le persone ma per costumi e per le istituzioni irrazionali ed arbitrari, autoritari, inefficienti, o «tirannici», come egli dice. La sua lotta per la libertà è essenzialmente lotta contro l’irrazionalità. (Eppure, se per tanti versi, sentiamo Benjamin Franklin vicino, per altri lo sentiamo lontano: nei suoi racconti compaiono amici e compagni meno fortunati e meno «razionali» di lui; lui non li danneggia né li condanna né li odia, ma, vedendo che la salute e la prosperità non è in loro, li abbandona alle loro vie oscure e li dimentica, mentre la sua attenzione è attratta da nuovi progetti, nuove iniziative, nuove efficienze).

1830

GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio
(Laterza, Bari, 1983).

Di questo capolavoro del grande filosofo, ti consiglio la lettura dei paragrafi dal 377 al 412, cioè: l’introduzione alla filosofia dello spirito; lo spirito in quanto immediatezza e cioè la psiche. È una lettura difficile - Hegel è un filosofo molto (e volutamente!) difficile nell’espressione, e questo è un suo grande difetto - ma, diversamente da quei testi che sono difficili solo per snobismo e per nascondere la propria vuotezza, qui c’è sostanza. Nei paragrafi consigliati, Hegel critica la psicologia dell’empirismo; tiene conto del dramma vissuto nei primi rapporti interpersonali (quelli con la madre); difende la monadicità e l’irriducibilità dello spirito.

1831

GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL, Lezioni sulla filosofia della storia
(La Nuova Italia, Firenze, 1981, vol. 1°).

Di quest’altra opera hegeliana leggi solo l’Introduzione generale (circa 130 pagine, se si esclude il capitolo sullo Stato che è il più confondente e, per il nostro discorso, il meno pertinente): troverai ancora la definizione dello spirito concreto; e poi l’idea che la storia è razionale (è necessaria e non è contingente); lo statuto metafisico dell’individuo; il concetto di sviluppo e di progresso (che vale sì per la storia collettiva ma anche per quella dell’individuo).

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