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Idee in Movimento
di Ely Galleani
Alassio, 20 Dicembre 2006 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40
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Questo intervento di Ely Galleani, ispirato dal caso di Piergiorgio Welby è stato scritto poche ore prima che venisse annunciata la sua morte. Lo segnaliamo soltanto per completezza dell'informazione perché le riflessioni contenute restano del tutto valide.

  Il Naufragio


   L’indifferenza delle persone verso i mali che affliggono la nostra società spesso può peggiorare trasformandosi in una presa di posizione sommaria che liquida, in maniera tanto categorica quanto superficiale, la disamina del problema in questione.
   Si tende in questi casi ad uniformarsi alla morale comune evitando una analisi più approfondita e soffermandosi a quanto, in una prima lettura, appare più consono alla nostra etica.
   Si cerca una soluzione quando invece la questione meriterebbe una rivisitazione dei motivi che lo hanno portato a divenire un caso sociale.
   Per i pochi giorni durante i quali i media lo sottopongono alla pubblica attenzione ci si schiera a favore di un esito o del suo opposto.
   Si evita, in modo tanto accurato quanto, purtroppo, incosciente di sondare e capire le ragioni che hanno causato l’evento. E , portando avanti questo modo di ragionare , ne si vanifica l’originario intento!
   Purtroppo quando si denuncia un male sociale è perché si è giunti ad un punto di non ritorno, si sono esaurite tutte le energie, dissipati tutti gli stratagemmi per “tirare avanti”.
   Solo allora si grida il proprio dolore, si attira l’attenzione prospettando un gesto finale, una provocazione atta a liberarci dalla morsa che ci attanaglia …non perché si abbia, in cuor proprio, l’intenzione di portarla a termine ma perché non si può più vivere in quelle condizioni.
   E’ il Save Our Soul di un naufrago !
   Così fintanto che la televisione ce lo ha proposto e solo fino ad allora, purtroppo, siamo stati occupati a discutere del caso Welby : se era giusto o no permettere ad un essere umano di staccare autonomamente la spina che lo tiene legato alla vita.
   Abbiamo discusso, nella nostra insipienza, di vita e di morte come se esse ci appartenessero…senza chiederci perché si può arrivare a non tollerare più la vita, a desiderare di morire.
   Occhi e orecchie ovattate non hanno sentito né visto cosa c’era dietro quell’estremo atto provocatorio.
   Eppure le immagini erano chiare .
   Un piccolo letto in una modesta stanza , un malato, attaccato ad una macchina, assistito da una anziana madre e una moglie, entrambe senza più fiato per combattere il proprio stato di abbandono.
   Un infermo che ha dovuto cedere , giorno dopo giorno, all’idea di una soluzione terminale per potere urlare al mondo il proprio disagio.
   Quando le condizioni della vita sono arrivate ad un punto estremo, quando la prua della nave sta affondando sotto i flutti, allora si desidera morire solo perché non si può più vivere.
   Il problema non è staccare o no quella spina…da anni i medici sono per il “non accanimento terapeutico” e spesso la spina viene staccata anche per alleggerire il costo sociale che esso comporta.
   A mio parere la soluzione è invece quella di offrire condizioni dignitose per vivere, fornire assistenze psicologiche e aiuti finanziari al fine di migliorare l’esistenza di chi non deve solo sopravvivere ma deve avere la possibilità di vivere ancora, di appassionarsi e innamorarsi di ciò che lo circonda.
   E questo capita raramente ad un invalido che non ha i mezzi per permettersi le macchine e l’assistenza adeguate alla sua infermità senza dover pesare unicamente sulle spalle di una anziana madre e di una moglie.
   Welby ha bisogno di amore, ma non quello della sua famiglia che è tanto immenso quanto impotente
   Occorre il sostegno e l’aiuto della società alla quale appartiene. E’ nato Italiano e siamo noi , suoi concittadini, a dover correre a bussare al suo uscio portandogli segni tangibili del nostro affetto.
   Serve sopratutto migliorare le possibilità economiche della sua vita offrendo a lui, e a tutte le persone come lui, la possibilità di usufruire delle stesse condizioni di vita che una persona più abbiente può permettersi.
   Solidarietà non significa liquidare il problema concedendogli il diritto al suicidio ma impedendogli di arrivare a pensare ad una simile soluzione.
   Proviamo a metterci nei panni di un malato che da anni, dal letto dove vive, vede invecchiare al suo capezzale i suoi affetti più grandi.
   Vede moglie e madre sobbarcarsi di mille incombenze e, per assisterlo, rinunciare, anno dopo anno, alla loro vita.
   Le vede lottare per garantirgli un “inferno” in terra.
   Se le sue condizioni economiche fossero diverse…altri correrebbero al loro posto.
   Viene da chiedersi perché, se è vero che aiutiamo tanti bambini con l’adozione a distanza, non siamo in grado di adottare i concittadini che, come Welby, conducono una vita al limite della sopportazione.
   Quando le condizioni di vita diventano insopportabili tanto si pensa al suicidio… ed é allora che deve intervenire la comunità.
   Durante questi giorni che precedono il Natale chi cammina per le vie delle nostre città incontra tanta disperazione, i negozi sono quasi sempre vuoti e si riempiono solo nei fine settimana.
   Gli Italiani, tutti, si rovesciano le tasche e dentro trovano solo qualche spicciolo.
   Siamo arrivati anche noi alla soglia del naufragio, stiamo lottando tutti per sopravvivere e lanciamo anche noi un SOS ai nostri governanti…ad una elite di ricchi che ama filosofeggiare su ideali di comunione di beni ma che i propri beni non li dividerebbe con alcuno…a cui poco importa se il vicino sta tirando la cinghia…tanto è l’ideale che conta! Peggio per chi sta peggio!
La piccola fiammiferaia
   Davvero vorrei scendessero a dare una occhiatina… da protagonisti, indossando i nostri panni, le nostre problematiche e le nostre afflizioni… per poter vedere come si sta male a non poter assicurare ai propri cari una vita dignitosa nonostante il lavoro e i sacrifici spesi negli anni.
   Il ricorso al credito si è rivelato l’unica via percorribile per soddisfare le esigenze legittime delle nostre famiglie. Ormai comperiamo tutto a rate : leasing per l’auto di famiglia, mutuo per la casa , bollettini per i mobili, gli accessori e le vacanze…alla fine anche le pensioni dei nostri nonni sono state ipotecate da finanziarie rapaci !
   Che non mi si venga a parlare di sacrifici, perché all’anno prossimo non ci arriviamo…signori cari !
   In fondo avevamo solo bisogno di garanzie, garanzie di vita…e ci avete negato anche queste!
   Sarà un triste Natale per tutti.

C U Soon ...o per meglio dire alla prossima!

Vostra
www.elygalleaniblog.com

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Ely Galleani
Dal ruolo di attrice a quello attuale di ragioniera, da moglie di Carlo Vanzina a single convinta.
Da amica dei registi Dino Risi, Mario Monicelli, Roman Polanski a Michelangelo Antonioni... Intreccia esperienze di vita con i pittori Mario Schifano, Alighiero e Boetti, Tano Festa. Un percorso vissuto fino all'ultimo respiro... in punta di piedi per non sprofondare nelle buche più dure.
Entusiasta nell'apprendimento del vivere, viaggia per conoscere , studia i geroglifici per scoprire nuove etimologie, impara a giocare con le parole per scoprire un nuovo significato, un filo conduttore.
Ama la tavola ... ma non ingrassare!
Conserva i sapori della vita,gli apprendimenti senza perdere il proprio lato infantile, il desiderio di giocare. Crede nel web, nella possibilità di una nuova forma di comunicazione

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