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Il Non Oltre
commento a "Le Dieci Icone del Bue"
Le illustrazioni e il testo di questo antico
manoscritto conservato nel monastero Shokokuji
di Kyoto, in Giappone, sono opera del
grandissimo artista-monaco Zen Shubun che nel XV
secolo ripropose una sintesi della filosofia
“chan” ( la coscienza del Sé ) interpretando le
dotte espressioni del monaco buddhista Bai Zhang
( VII secolo) il quale per spiegare ad un allievo la
ricerca del Sé, la “buddhità”, usò questa
metafora:
“È come se stessi cercando un bue mentre lo
stai cavalcando!”
Il testo, che era parte integrante della tesi di
laurea in filosofia di “Migi Autore”( Erga
Edizioni Genova), mi era stato regalato una
decina di anni fa e per tutto questo periodo di
tempo era rimasto, da me dimenticato, seppellito
sotto altri libri.
Aveva aspettato… attendendo la mia evoluzione, o
per meglio dire “il mio risveglio”, prima di
riproporsi nuovamente alla mia lettura!
Dieci anni prima lo avevo aperto svogliatamente
soffermandomi a leggere solo quello che allora
destava il mio interesse senza prestare alcuna
attenzione all’immensa saggezza in esso celata.
Allora ero ancora protesa nella interpretazione
dualistica della vita e mi riproponevo ancora il
raggiungimento di alcuni obiettivi, veri e
propri miraggi di quello che nella filosofia
Zen, e non solo in essa, viene chiamato “il
mondo di polvere” ( ndr: dal libro del profeta
Daniele “ Molti di quelli che dormono nella
polvere della terra si risveglieranno…” DN
12,1-3 ) .
E proprio togliendo la polvere dai ricordi della
mia vita, eliminando fisicamente tutto ciò che
ingombrava inutilmente gli scaffali della
libreria …sono stata costretta ad una cernita,
ad una rilettura di ciò che mi interessava
realmente trattenere.
Ero stata spinta alla rivisitazione della mia
casa dalla applicazione del Feng-Shui (Vento-Acqua ), tale attività implica la
conoscenza dell’arte di liberare le energie
dentro ai luoghi dove si abita grazie
all’influenza che ciò che ci sta attorno
esercita sul nostro benessere psichico,
affettivo e spirituale.
Lo scopo era rendere di nuovo libero lo spazio
che mi circondava con la ricerca di un vuoto
dove l’energia, che anima tutte le cose, potesse
liberamente circolare.
Le dita delle mie mani, ricoperte di polvere
grigio scura, avevano già accantonato decine di
testi destinandoli alla biblioteca cittadina
quando una copertina di plastica marrone attirò
la mia attenzione.
Ricordavo di avere gettato un occhio a quel
testo, tempo addietro e di essermi soffermata
sulle “storie dei sette” avendo cura di
tralasciare tutta la parte filosofica …per me ,
allora, troppo complessa!
Riaprendo quello scritto il cuore ebbe un
sobbalzo : era esattamente ciò che più mi
serviva in quel momento!
La coscienza dell’epoca Sung del II secolo si
dispiegava alla mia vista con tutti i dibattiti
tra gli allora taoisti, buddisti e confuciani!
Tutti condensati nella semplice storia Zen “Di
un uomo che cerca, trova, addomestica il bue
perso per poi separarsene di nuovo…” (Migi
Autore).
La filosofia espressa è semplice: non esiste
nulla da cercare e da raggiungere perché tutto è
dentro di noi. L’uomo si separa dalla sua
natura, dalla conoscenza del Sé perché è
attratto dalle passioni mondane ed è travolto
dalle occupazioni quotidiane ( il mondo di
polvere) e si mette quindi alla ricerca di
qualcosa che mai gli fu celato e che possiede
già, la sua essenza (il bue).
Secondo Dogan tre condizioni sono necessarie :
grande fede, grande dubbio e grande coraggio!
Laddove la fede è la certezza del raggiungimento
della meta che è, per tale motivo, già di per se
stessa una illuminazione in grado di farci
progredire. In breve le dieci icone della metafora del
bue indicano la originaria ricerca del Sé, la sua
individuazione, il suo raggiungimento e il successivo
addomesticamento fino a giungere alla comprensione che esso, il
Sé, è inscindibile da noi stessi, ci seguirà spontaneamente
senza bisogno di lacci o costrizioni similmente a quanto avviene
per il bue che si fa cavalcare nel tragitto verso casa…il nostro
spirito chetato allora eleverà, nelle simboliche note di un
flauto, l’anima alla natura.
Una volta compreso tutto questo, l’uomo, ritrovata la sua
capacità di pensare autonomamente, è ritornato ad essere come un
neonato: ha la leggerezza, l’unità e l’indistinguibilità delle
percezioni ed è quindi capace di reagire spontaneamente e senza
calcolo.
Ecco spiegato perché nella VII icona il bue scompare e l’uomo è
sereno in contemplazione, è finalmente libero da ogni
preoccupazione: tutto ciò che è inutile si elimina da solo!
È giunto al passaggio più importante, l’icona VIII : un cerchio
vuoto.
Le passioni mondane sono cadute definitivamente.
L’individuo nella sua dualità non esiste più e a chi gli
chiedesse:
“Sei ancora presente o ti sei annullato?”
egli risponderebbe:
“Io in verità non so nulla, non so né questo né quello, mi sono
innamorato ma ignoro di chi. Dell’amore che mi governa io
neppure ho coscienza, il mio cuore trabocca di passione ed è
vuoto.”
(Il Verbo degli Uccelli p.189)
A questo punto l’antico saggio Shubun incita a non cadere in un
vuoto estremo, in uno stato di quiete simile alla morte ma di
cercare piuttosto di elargire le proprie conoscenze.
Allora l’uomo deve rientrare nel villaggio e con le mani aperte
recarsi al mercato (Icona X) ed egli, senza distinguersi da come
era prima o identificarsi in alcunché, senza alcun pregiudizio
si mescolerà con la gente comune e con la sua sola presenza
risveglierà qualsiasi persona che incontra poiché in lui non vi
è più separazione tra essere e non essere.
L’esperienza del raggiungimento del vuoto, del non oltre, non
allontana dal mondo…al contrario attraverso di essa si è
totalmente presenti nel mondo.
Ma lo stato di vuoto, di zero assoluto, lo si può raggiungere
anche a causa di uno choc, di un trauma violento che rende tutto
inverosimile e annienta ogni nostra conoscenza, ogni nostro
parametro .
Questo, a parer mio, deve essere successo alla giovane allieva
della scuola Abe Steiner di Torino che ha postato sul web il
video delle percosse al ragazzo autistico.
Il video è stato giustamente oscurato ma se quella ragazza non
avesse avuto il coraggio di mostrarlo si sarebbe persa l’unica
chance di condannare l’evento e i responsabili di quell’orrendo
misfatto sarebbero ancora impuniti.
Lei, giovane allieva, assistendo al fatto si è trovata di fatto
catapultata nel vuoto assoluto con, come unica testimonianza, un
video tra le mani.
Lo ha trasmesso nella rete con il suo computer di casa, ha
denunciato il misfatto nell’unico modo che la società odierna le
consente …senza rischiare di essere accusata od esposta a
vendette.
Lo ha reso di pubblico dominio!
È tornata al “mercato” dello Shubun con il suo video tra le
mani , le responsabilità sono venute a galla anche se c’è voluto
del tempo perché gli adulti si accorgessero della sua silenziosa
denuncia.
I giovani continuano a stupirci per la loro spontaneità colma di
saggezza e riflessione.
Brava! Senza di te non vi sarebbero stati colpevoli e quell’indifeso
ragazzo e i suoi genitori chissà quante altre angherie avrebbero
dovuto subire.
Sei a cavallo del tuo bue ed è stato lui a
guidarti verso
casa, poiché ora siete una cosa sola.
C U Soon ...o per meglio dire alla prossima!
Vostra
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Ely Galleani
Dal ruolo di attrice a quello attuale
di ragioniera, da moglie di Carlo Vanzina a single convinta.
Da amica dei registi Dino Risi, Mario Monicelli, Roman Polanski a
Michelangelo Antonioni... Intreccia esperienze di vita con i pittori Mario Schifano,
Alighiero e Boetti, Tano Festa. Un percorso vissuto fino all'ultimo
respiro... in punta di piedi per non sprofondare nelle buche più
dure.
Entusiasta nell'apprendimento del vivere, viaggia per
conoscere , studia i geroglifici per scoprire nuove etimologie,
impara a giocare con le parole per scoprire un nuovo significato, un
filo conduttore.
Ama la tavola ... ma non ingrassare!
Conserva i
sapori della vita,gli apprendimenti senza perdere il proprio lato
infantile, il desiderio di giocare.
Crede nel web, nella possibilità
di una nuova forma di comunicazione
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Ely Galleani
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