Natale
a casa Cupiello?
No, a casa
Ferraiuolo!
Opera in due atti
Atto Secondo
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Atto Primo >
Napoli non perde mai la sua ribelle identità innovatrice e il popolo
resta padrone di piazza del Plebiscito, del Monte di Dio, delle migliaia
di Cappelle stracolme di ex voto; conscia come è, questa gente, della
separazione tra la vita e il suo mistero al quale cerca di accedere
attraverso la speranza, sia questa espressa nel gioco del lotto o nella
preghiera a Santa Patrizia, il cui sangue si liquefa settimanalmente, a
San Gennaro il protettore di tutti.
Si vive di spiritualità in questo Natale partecipando a banchetti dai
quali ci si alza per ascoltare la musica degli ultimi zampognari
superstiti e per portare il Bambinello appena nato nella sua culla di
paglia. Gesti semplici che rivelano la grande dote della condivisione
nella tradizione di un cibo come di un gesto, ripetuto da tutti
inalterato nel tempo…quasi servisse ad allontanare la perdita dei valori
essenziali.
Così la Vigilia vede servire , a tavola, il capitone e il baccalà
fritto, le vongole con gli spaghetti, le spigole al forno, i broccoli al
limone e l’insalata di rinforzo, la frutta, le noci, i fichi d’india
puliti dal Nonno Angelo, le castagne secche…nulla deve mancare quella
sera!
Si animano le cartelle della Tombola con i nomi della Smorfia e tanti
altri inventati al momento…La zia Filomena che è seduta a capotavola
diventa il numero ‘36’ e subito qualcuno chiede: “E quanti anni tiene?”
sicuramente quelli del successivo numero estratto a meno che non si
tratti del ‘55’, la musica, o del ‘69’, imbrogli tra le lenzuola, o
ancora il ‘22’, i pazzi, il ‘25’, Natale e così via…
Si giocano 50 centesimi la partita di modo che alla fine si può , al
massimo, vincere o perdere due euro, ma spesso si finisce…senza voce e
pari!
E allora che arrivano di nuovo i dolci a sostenere le forze che
cominciano a scemare , prelibate cassate bianche e nere che
permetteranno, quando ci si ritirerà nelle rispettive case, autonomia di
scherzi e risate a volontà!
Il giorno di Natale è dedicato in special modo alla famiglia e la città
di Napoli lo onora alla ennesima potenza. La mattina si partecipa alla
Messa e allo scambio di auguri e al mitico pranzo con le portate
obbligatorie natalizie tra le quali spicca la tradizionale ‘Minestra
Ammaritata ’ con tante verdure, la salsiccia piccante e non, il bollito
e il pane casereccio nel brodo.
Sarà un unico pasto a sostenere tutto il giorno di festa, unitamente ai
dolci distribuiti durante i giochi di ‘Tombola’ e ‘Asso che fugge ’. In
quest’ultimo gioco si è dotati solo di tre vite, tre possibilità di
perdere ma, se qualcuno è già morto nel gioco, si deve prestare
attenzione a non rispondere alle sue domande, pena il perdere una vita
a favore del questuante!
La confusione, tra chi è vivo e chi non lo è più, è tale che sentendomi
domandare: “Eli, ma tu sei sarda?” non resistevo a controbattere le mie
reali natalità…morendo così sul posto…e perdendo i 50 centesimi della
mia residua vita!
A Santo Stefano, il 26 dicembre, è la spiritualità a farla da padrona
in quasi tutte le famiglie.
A casa Ferraiuolo, dove ero ospite, il padre Pasqualino da venti anni
affronta, a piedi e con qualsiasi tempo, il pellegrinaggio al ‘Volto
Santo’ affiancato nel cammino dai figli Vincenzo e Pina.
Nella notte era stata protagonista una tempesta di pioggia violenta
condita da vento freddo.
Alle otto di mattina si era pronti alla partenza e Pasqualino esordiva ,
per convincere alla salutare passeggiata mia cugina Margot, parigina doc,
con la seguente frase: “Vedi è spuntato il sole….è un segno!”
Nei due minuti successivi il cielo si rannuvolava, i tuoni squarciavano
l’aria e le cataratte si aprivano riversando in terra tutta l’acqua in
loro possesso. Mia cugina restava a casa…e noi , bardati di ombrelli e
piumini, partivamo…impedendo a Pasqualino qualsiasi ulteriore sentenza!
Arrivati, dopo Secondigliano, alla Bell’Aria si chiudevano i
parapioggia prima di entrare nel parco di Capodimonte mentre il sole
tornava ad asciugare le lacrime del mondo permettendoci un transito
davvero spettacolare all’interno di quello che i Napoletani chiamano ‘il
bosco’. Cinque grandi viali di querce e faggi con ampie spianate verdi
punteggiate da alte palme. I sette chilometri percorsi avevano consumato
tutte le scorie, l’animo sereno aveva permesso l’unione dei sentimenti
nei partecipanti nel condividere quel progetto comune.
All’arrivo eravamo attesi da mamma Antonietta, giunta con la macchina e
mia cugina Margot…che proferì l’infelice frase: “Ora andiamo a
passeggiare, vero?”
Le proteste non si fecero attendere…
La Minestra Ammaritata ci stava aspettando e il suo fascino era
sicuramente superiore a qualsiasi nuovo progetto!
“Comm Caterenei acussì Natalei”
recita un antico detto partenopeo indicando che se il giorno di Santa
Caterina, il 25 novembre, il tempo sarà stato clemente così sarà anche
durante il Santo Natale.
Nello spiraglio di sole, concesso dal detto, si approfitta per visitare
il Duomo con la Cappella dedicata a San Gennaro , martire nel 305 d.C.,
il cui sangue si sciolse durante la festa dell’Assunta il 17 marzo 1389
dando luogo al miracolo annualmente invocato dai fedeli.
Nella Cattedrale, meta del pellegrinaggio di milioni di persone, è
visitabile, oltre alla Cripta dove è sepolto il Santo, la Cappella di
Santa Restituta un raro esempio di Chiesa Paleocristiana con splendidi
mosaici bizantini.
Napoli si riscatta nella immaterialità , nella quale si rifugia per
allontanare i mali del mondo, alla quale si rivolge per richiedere una
grazia, una protezione.
Nella Chiesa del Gesù Nuovo di fronte al Monastero di Santa Chiara sono
ospitati migliaia di ex voto offerti al Beato Giuseppe Moscati, medico
degli inizi del 1900, a cui si devono migliaia di insperate guarigioni.
Così avviene, da secoli, nella Cappella San Severo, la ‘Pietatella’ ora
meglio nota come la Chiesa del ‘Cristo Velato’. Nell’anno domini 1590 il
duca di Torremaggiore, Giovanni
Francesco di Sangro, avendo fatto voto
durante una grave malattia, fece costruire nel giardino del suo palazzo
una piccola Cappella per venerare una immagine della Vergine della
Pietà. Il figlio Alessandro provvide ad ampliarla “perché non era capace
al concorso di molti che la frequentavano per gli infiniti miracoli”.
Fu poi sotto la protezione di Raimondo di Sangro che la Cappella si
arricchì delle opere che oggi la rendono così famosa. Singolare figura
di uomo d’arme, letterato,sperimentatore ed alchimista dalla inappagata
curiosità commissionò, nell’anno 1751, all’artista Antonio Corradini una
scultura in ricordo ed onore a Cecilia Gaetani ‘La Pudicizia’ (vedi foto
a destra).
Il Maestro, ormai all’ultimo anno di vita, la scolpì rendendo nel duro
marmo l’immagine della giovane donna ricoperta solo da un sottile velo
trasparente. Per farlo utilizzò una tecnica mirabile che trasmise agli
scultori dell’epoca: il genovese Francesco Queirolo e il napoletano
Sanmaritano. Il primo scolpì ‘Il Disinganno’ rivelando l’intenzione di
Andrea di Sangro, padre di Raimondo, a strappare la rete che avvolge
ognuno di noi, nel desiderio di liberarsi dagli inganni di questa vita.
Il virtuosismo del Queirolo nel vincere la sfida opposta dalla materia è
reso evidente nella creazione della rete che, scolpita nel bianco marmo,
sembra realizzata in grigia stoffa.
La ricerca dello scultore Corradini sarà proseguita dall’artista
Giuseppe Sanmaritano che, agli esordi della sua carriera, nel 1753
concepì la messa in opera del ‘Cristo Velato’. Il velo, cesellato nel
marmo, ricopre il corpo abbandonato sui cuscini e , con le serpeggianti
pieghettature del sudario, rende percepibile l’intima poesia che aveva
animato, unita a grande tecnica, la mano dell’artefice.
Ricerca luministica la sua, nel precorrere una epoca illuminista tesa a
svelare la conoscenza della materia, la parte alchemica della vita.
Antonio Canova si narra tentò di acquistare, inutilmente, la statua del
‘Cristo Velato’, affascinato al pari degli attuali visitatori, da quel
miracolo di abilità tecnica velata di romanticismo.
Alla instancabile ricerca di Raimondo di Sangro si devono le ‘ Macchine
Anatomiche ’ con le quali egli studiò il sistema venoso ed arterioso,
riuscendo a metallizzare il contenuto delle vene in alcuni cadaveri…dopo
essere riuscito ad evitare la coagulazione del sangue, a morte
sopravvenuta, nei corpi di alcuni malcapitati.
L’arte, era solito dire, è salvifica, aiuta alla comprensione.
Un grande Maestro come Michelangelo soleva porsi come umile tramite con
l’assoluto e ripeteva “La scultura è già dentro al marmo…a me va solo il
merito di averla scoperta!”
Anche io ho scoperto a Napoli valori che credevo persi, che porterò per
sempre con me…grazie Partenope di avermi aiutata a ricuperarli!
Al Gambrinus: Andrea Carpentieri,
Vincenzo, Io, Margot e Pina Ferraiuolo
C U Soon ...o per meglio dire alla prossima!
Vostra
www.elygalleaniblog.com
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The Web Park Speaker's Corner
Ely Galleani
Dal ruolo di attrice a quello attuale
di ragioniera, da moglie di Carlo Vanzina a single convinta.
Da amica dei registi Dino Risi, Mario Monicelli, Roman Polanski a
Michelangelo Antonioni... Intreccia esperienze di vita con i pittori Mario Schifano,
Alighiero e Boetti, Tano Festa. Un percorso vissuto fino all'ultimo
respiro... in punta di piedi per non sprofondare nelle buche più
dure.
Entusiasta nell'apprendimento del vivere, viaggia per
conoscere , studia i geroglifici per scoprire nuove etimologie,
impara a giocare con le parole per scoprire un nuovo significato, un
filo conduttore.
Ama la tavola ... ma non ingrassare!
Conserva i
sapori della vita,gli apprendimenti senza perdere il proprio lato
infantile, il desiderio di giocare.
Crede nel web, nella possibilità
di una nuova forma di comunicazione
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