Day by Day
  di Luciano Simonelli
 Pensieri ad alta voce.
 Rubrica ad aggiornamento continuo.
 Le riflessioni sono in ordine temporale decrescente: la prima è sempre la più recente.
 Cliccando su (Continua) in fondo a ogni pagina potete leggere quanto scritto in precedenza.


 

Quando troppi parlano, scrivono - è il trionfo dei pensieri in libertà giusto per dire qualcosa oppure per giustificare l'ingiustificabile - chi rivendica, come me, da sempre, il senso della misura e aspira all'equilibrio dei giudizi al di fuori di qualsiasi condizionamento di parte ritiene più saggio il silenzio. Un silenzio vigile, attento a cogliere segni, parole, sfumature.
Ecco il perché dell'assenza di miei interventi per circa due settimane in questa pagina quasi quotidiana. E se ora esco dal silenzio è perché il chiacchiericcio pare essere meno intenso, sembra concedere pause di riflessione. Pare pure un po' acquietato da parte di alcuni quel modo di reagire agli eventi, fuori tono, con uno spirito da contestazione studentesca anni Sessanta o secondo scenari sperimentati a Genova in occasione del G8 e che continuano ad ottenere il plauso di qualche politico marginale facendogli annunciare, eccitato, che finalmente si torna a vedere una gioventù portatrice di idee. È vero, una gioventù portatrice d'idee la si vede e la si sente in giro ma non è proprio quella che promette, metaforicamente, ceffoni pacifisti.
Per me una cosa è stata chiara nello stesso istante in cui assistevo in diretta, come miliardi di persone nel mondo, annichilito davanti al televisore, all'atto di guerra contro tutto il mondo civile (di qualunque fede religiosa, di qualunque razza) sferrato a New York e a Washington da un terrorismo assassino che per troppi anni è stato sottovalutato: da quel momento in poi, il nostro futuro sarebbe stato profondamente diverso e stava iniziando un conflitto lunghissimo, forse così lungo che quelli della mia generazione non ne avrebbero potuto vedere la fine. Sì, perché l'11 settembre è scoppiata davvero la guerra ("Rassegnamoci è guerra" ha osservato Giovanni Sartori in un fondo sul Corriere della Sera che consiglio tutti di andare a leggere e meditare).
Questa, amici, è una realtà inconfutabile. Una realtà che va affrontata da persone serie, consapevoli. Una realtà su cui nessuna marcia della pace, nessun odioso rogo della bandiera americana può influire. Sarebbe ininfluente anche qualsiasi manifestazione in cui venisse bruciata nella pubblica piazza l'effigie di Bin Laden (però, chissà perché, di manifestazioni del genere, tra la tantissime di queste settimane, non se ne è vista neppure una non solo in Italia ma nel mondo).
Chi ama davvero la pace, chi aspira alla pace l'unica cosa che deve innanzitutto fare è non modificare affatto le proprie abitudini di vita. Deve continuare a comportarsi come sempre e magari fare ancora meglio il proprio lavoro. Chi ama davvero, intimamente, la pace non deve cadere nella trappola di chi vuole destabilizzare il mondo civile ovvero lasciarsi cogliere dal panico, dal terrore, immaginare una realtà senza futuro. Chi ama davvero la pace, per esempio, non deve approfittare della situazione per risolvere "problemi collaterali" tipo minare la credibilità di un governo democraticamente eletto dimenticando che, facendo così, si mostra di non credere davvero alle regole della democrazia.
Tempi complessi ci attendono, amici, ma non dobbiamo essere pessimisti. Quando i nodi vengono al pettine, quando i problemi scoppiano in tutta la loro drammaticità e, presane consapevolezza, si decide di rimboccarsi le maniche per risolverli, da quanto può apparire lì per lì negativo ne può invece scaturire un futuro senza dubbio migliore. Un futuro però non alla portata di mano e costerà una certa fatica conquistarlo. Un futuro che potrà però essere più vicino se, consapevoli della particolare stagione che stiamo vivendo, metteremo da parte mille distinguo e scatterà una reale comunione d'intenti. Sì, perché qui sono in gioco i "fondamentali" di tutti coloro che fanno parte del mondo civile al di là delle differenze di razza e di religione. Qui c'è da lottare tutti insieme per la libertà che da oltre cinquanta anni siamo abituati a conoscere, per la democrazia che ci consente di essere padroni delle nostre idee, per quel mondo certamente imperfetto (ma perfettibile) fatto di comunicazioni, progresso tecnologico, libera circolazione di uomini, progetti, idee.
Più saremo uniti, più avremo la consapevolezza che mai come in questo momento è importante esserlo davvero per riaffermare la validità dei "fondamentali" di un modello di vita certamente perfettibile ma certamente già enormemente migliore di quello che vorrebbe imporre il terrorismo, più breve sarà la durata della guerra che è stata dichiarato al mondo civile l'11 settembre 2001.

(Continua)

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