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Circa dieci anni fa, quando avevo da poco creato Simonelli Editore e appena pubblicato i primi due titoli «L'inchiostro verde di Togliatti» di Massimo Caprara e «L'uovo del futuro» di Piero Bianucci [i volumi sono sempre disponibili in catalogo] si svolsero a Torino i cosiddetti Stati Generali dell'Editoria.
Si svolse cioè un incontro, durato due giorni, fra tutti gli editori o i rappresentanti delle case editrici di libri italiane e l'allora governo. Grandi, piccoli e piccolissimi tutti riuniti per discutere, dibattere sul presente e futuro dell'editoria, per mettere sul campo tutte le problematiche del comparto e magari trovare o cominciare ad individuare delle soluzioni per risolverle.
Anch'io era fra i partecipanti fra il pubblico degli editori.
"Forte" dei miei due titoli fino ad allora pubblicati ma soprattutto forte del coraggio di aver voluto creare una casa editrice dopo che, essendo stato bruscamente interrotto il mio ruolo di direttore generale ed editoriale dell'Area libri di un grosso gruppo editoriale che avevo risanato (a proposito: sono ancora in attesa di una motivazione anche se, si sa, con i dirigenti si può interrompere il rapporto anche senza alcuna giustificazione, basta pagare le penali), avendo ricevuto attestati di solidarietà e di stima con lettere aperte dei miei autori pubblicate dai maggiori quotidiani, non avevo ricevuto NESSUNA offerta di lavoro da nessun'altra realtà editoriale (strano, non vi pare? quasi quasi pareva che qualcuno avesse lanciato il messaggio di non farmi lavorare).
E allora, siccome da sempre, e lo resterò sempre, faccio parte di quella esigua schiera di coloro che amano e praticano assoluta libertà di pensiero e indipendenza da qualsiasi parte politica, mi sono altrettanto liberamente ed indipendentemente rimboccato le maniche per continuare da solo la mia strada nell'editoria come nel giornalismo alla faccia di chi avesse voluto mettermi fuori gioco (come ci ha insegnato quel saggio statista che è Giulio Andreotti: talvolta a pensar male si finisce per azzeccarci...).
Comunque, l'editore pulce Simonelli era anche lui presente circa dieci anni fa a Torino ai cosiddetti Stati Generali dell'Editoria.
Una due giorni che, per dirla alla Montanelli, chi non facesse parte di un grosso gruppo editoriale doveva seguire "turandosi il naso".
Già perché anche se in platea c'era la folla di editori, sul palcoscenico c'era un ossequioso Corrado Augias che coordinava dibattiti sui massimi sistemi dell'editoria conversando soltanto con chi rappresentava quei quattro, cinque grossi gruppi editoriali costantemente nell'ottica di quelli che erano i loro problemi ed interessi.
Tutti gli atri che assistevano, medi, piccoli e piccolissimi, zitti e mosca.
Si accontentassero di avere l'onore di osservare quelli che potevano essere i problemi delle grandi case editrici - quelle dai grandi fatturati - e tutt'al più consolarsi scoprendo che talvolta "anche i ricchi piangono".
E i problemi dell'editoria?
I veri problemi, intendo, che non sono quelli di chi è già arrivato ma quelli di chi vorrebbe arrivare, di chi vorrebbe trovarsi una realtà che consenta di crescere a chi ha idee e talento e non essere prigionieri di una dimensione che consente a chi è già grande di diventare sempre più grande e a chi è piccolo di restare eternamente nel ghetto del piccolo perché non c'è idea, non c'è iniziativa che lo possa far crescere?
Oltre dieci anni fa quegli Stati Generali dell'Editoria non risolsero nulla.
Ovvero non risolsero nulla per le circa quattromila case editrici oltre quelle dieci, venti che fanno parte dell'empireo dei grandi e la situazione raggiunse un livello insopportabile quando l'allora ministro Walter Veltroni intervenne a chiudere i lavori.
Per carità, lui non c'entrava direttamente ma i "grandi", conversando con Augias, avevano così stressato il discorso che da allora i libri potevano essere venduti anche nei cosiddetti grandi spazi ( leggasi supermercati, autogrill eccetera eccetera), che si lanciò in un plauso per questa grande novità che avrebbe certamente incrementato la diffusione e la vendita dei libri.
Povero Walter Veltroni, lui non sapeva che in tutti quegli spazi c'era il monopolio di una società di distribuzione che era di proprietà dei "grandi" e che quindi faceva entrare in vendita soltanto i volumi prodotti dai "grandi".
Un particolare che dovetti essere soltanto io a sottolineare, in mezzo al pavido silenzio di troppi colleghi medio, piccoli e piccolissimi.
Già, mentre Walter Veltroni faceva questo suo entusiastico discorso di chiusura della manifestazione alzai la mano, il ministro si interruppe, gli spiegai come stavano realmente le cose e che lui così non stava plaudendo alla maggiore diffusione di tutti i libri ma soltanto dei libri di un ristrettissimo gruppo di editori.
E gli spiegai che era altro di cui si doveva discutere per tanti altri piccoli e piccolissimi editori come me, per esempio, che allora avevo all'attivo soltanto due volumi.
Walter Veltroni è una persona seria, accolse la mia precisazione, lanciò un augurio "all'editore dei primi due libri" e sull'onda del mio intervento virò il suo discorso verso lidi che fossero davvero nell'interesse di tutti.
Sono passati tanti anni ma la situazione non è affatto mutata.
Non è mutata nel senso che non esistono affatto le condizioni per chi è medio piccolo di poter crescere anche se ha intraprendenza ed idee. Sussistono certi monopoli distributivi e quando si replicano gli Stati Generali dell'Editoria, come ha fatto recentemente il vicepresidente del consiglio Francesco Rutelli, gli interlocutori veri per parlare di libri e per discutere dei problemi dei libri, per parlare della legge sul libro eccetera eccetera sono soltanto quelle realtà "forti" mentre le migliaia di altri restano ai margini, a fare da spettatori.
O magari, come è accaduto a Simonelli Editore, ricevono il giovedì 28 giugno una e-mail per invitare gli editori a partecipare all'iniziativa "Ottobre, piovono libri", riempiendo un modulo di adesione entro sabato 30 giugno per poi segnalare entro il 15 luglio le proprie iniziative che hanno organizzato per ottobre per la promozione dei propri libri.
Già, comportamenti molto italiani.
Pare quasi il messaggio di chi si è accorto all'ultimo momento che ci sono anche le altre case editrici. E queste ultime, le più deboli, dovrebbero essere davvero avvertite per tempo, prima di qualsiasi altra, per avere il tempo di potersi organizzare... Quindi, la coscienza a posto di averle avvertite c'è... ma non ci saranno.
L'ho detto: Walter Veltroni mi piace, lo trovo simpatico e soprattutto attento.
E' un giornalista ed uno scrittore, anche, conosce quindi nella pratica, meglio di qualunque altro politico, quelle che sono le problematiche di questo nostro mondo editoriale.
Chissà se nei suoi molteplici discorsi affrontati con la sua discesa in campo per il nascente Partito Democratico ci potrà essere spazio per fare discorsi che affrontino DAVVERO il tema dell'editoria.
Usciamo da questa Italia che si riempie la bocca di pari opportunità ma poi fa una selezione per scegliere chi deve avere le opportunità.
Usciamo da questa Italia in cui, parlando di editoria, quando un politico scrive un libro si rivolge sempre a RCS o a Mondadori: e tutte le altre case editrici?
Usciamo da questa Italia in cui le amministrazioni pubbliche fanno gare d'appalto per ricevere la fornitura di servizi ma non le fanno mai quando devono pubblicare qualcosa.
Usciamo da questa Italia in cui al centro, a destra, a sinistra se non ti schieri, se non sei pro a questo o quello non sei neppure preso in considerazione ed entriamo in una Italia in cui sei preso in considerazione SOLTANTO per quello che sai fare.
Alcune settimane fa ho letto nell'inserto economico del lunedì del Corriere della Sera di un investimento di 46milioni di euro fatto dal precedente governo per mettere in piedi il Portale online del turismo italiano.
Per giorni ho atteso di leggere smentite tanto la cifra stanziata mi pareva assurda. Non ho letto alcuna smentita.
Chiedo a chi l'avesse letta la smentita di segnalarmela: ne sarei davvero lieto.
Sì, perché 46milioni di euro per realizzare qualcosa che si potrebbe fare con centomila mostra, a voler essere buoni, la confusione che c'è in questo Paese dove bisogna essere incompetenti per essere considerati degli esperti. Ma gli anni passano e nulla cambia nel mondo dell'editoria, bellezza...