Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoConversazione
sulla MERITOCRAZIA
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoConversazione "Cari colleghi giornalisti, perché non fate i cronisti culturali?"
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoConversazione "Scrivere o Leggere?"
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoConversazione: "Italo Calvino, lo scoiattolo della penna"
"Chi si loda s'imbroda" dice un proverbio popolare e il senso è che prima di autoincensarsi, prima di autoripetersi quanto si è bravi bisognerebbe esercitare costantemente un po' di sacrosanta autocritica.
Leggendo le cronache che ci regalano schiere di giornalisti, talvolta anche apparentemente autorevoli che vanno alla Fiera Internazionale del Libro di Torino, ogni anno traspare che è stato un formidabile successo, che ogni anno aumentano a dismisura i visitatori, che ogni anno c'è un incremento delle vendite del dieci, venti e, perché no?, stiamo larghi, anche del trenta per cento...
Mica vero. Quest'anno, se è andata bene, si sono replicati i risultati commerciali dello scorso anno.
Che desolazione per un giornalista di ultratrentennale esperienza come me vedere colleghi sempre più "teleguidati" ovvero che rinunciano a quello che dovrebbe essere il loro mestiere: fare i cronisti.
Già, i colleghi dovrebbero esercitare la loro curiosità, scarpinare di stand in stand alla ricerca di notizie e novità anziché gozzovigliare intorno alle quattro o cinque manifestazioni che "fanno moda" che sono, anzi, trendy, ed essere esclusivamente protesi a cercare contatti presso i responsabili di qualche grosso gruppo editoriale nella speranza di piazzare il loro libro in "cambio merce" ovvero promettendo di fatto un occhio molto attento nelle recensioni degli altri libri dall'editore meritevole di aver accettato di pubblicare il loro. Il conflitto di interessi va ben al di là di quello di Berlusconi...
Miserie del giornalismo culturale italiano.
Il nostro non soltanto è il Paese in cui vi è il più basso numero di veri lettori ma è anche quello in cui è bassissimo il numero di quei giornalisti culturali o che si definiscono addirittura "critici letterari" i quali leggono davvero i libri su cui poi scrivono.
Miserie del giornalismo culturale italiano... e quando si avvicinano alla produzione di editori indipendenti come me questi colleghi hanno l'atteggiamento di chi pare ti "faccia il piacere"...
Credo che non ci sia più alcuna speranza di tornare a vedere un giornalismo culturale serio.
E per serio intendo colleghi che facciano, ripeto, i cronisti, che offrano ai lettori notizie e non opinioni, che abbiano il piacere di scoprire quello che c'è di nuovo - e ce ne è molto, ve lo assicuro, nel mondo della editoria indipendente - anziché unirsi al facile coro di chi parla sempre di quei tre o quattro grossi gruppi editoriali e dei loro libri.
La Fiera Internazionale del Libro di Torino, vista dalla parte di un espositore, quest'anno ha registrato una sensibile flessione dei visitatori.
Non ho la presunzione di quantificarla ma non si è affatto vista la folla che era comparsa lo scorso anno, specialmente il sabato e la domenica.
Ed io certamente non considero veri visitatori le valanghe di scolaresche dai piccolissimi ai più grandi che affollano la fiera ma che non sono certamente quelli che interessano agli editori: interessano però agli organizzatori perché i piccolissimi, piccoli ed adolescenti in gita scolastica fanno numero...
Sono passati già venti anni da quando è nata la Fiera Internazionale del Libro di Torino e la manifestazione mostra evidenti segni di stanchezza.
Tutto diventa sempre più rituale, senza particolari guizzi di creatività, senza, soprattutto, alcuna iniziativa che valorizzi davvero le medie e piccole realtà editoriali, che le faccia sentire protagoniste.
La meriterebbero questa attenzione visto che costituiscono la stragrande maggioranza degli espositori.
Ma la consapevolezza che la Fiera non esisterebbe se non ci fossero ad esporre oltre seicento di queste aziende è dura a passare nella testa di chi dirige, immagina, organizza.
Già, tutti sono sempre inginocchiati di fronte ai moloch del gruppo Mondadori, del gruppo Rcs eccetera eccetera.
Sì, sono sempre molto sensibili e servizievoli ad ogni stormir delle loro fronde. Sono loro, soltanto loro che contano davvero: ma se fossero soltanto loro ad esporre non occuperebbero altro che lo spazio di cinque grossi stand...
Forse un ricambio generazionale, creativo e di sensibilità editoriale ci vorrebbe davvero nel team degli organizzatori.
Occorre qualcuno che creda in una autentica democrazia culturale ed editoriale che, invece di pensare ad organizzare concerti di Ligabue, sappia inventare tutto l'inventabile per mettere in primo piano quelli che debbono essere i veri protagonisti di una seria fiera del libro: gli Editori.
Francamente l'unica cosa che gli organizzatori fanno molto bene nei confronti degli editori è quella spremere loro maggior denaro possibile.
E visto che dal prossimo anno, sembra, la Fiera cambierà sede spostandosi all'Oval, all'interno del grande stadio del ghiaccio costruito in occasione delle ultime Olimpiadi invernali, forse questa potrebbe essere l'occasione per una profonda riflessione su quella che dovrebbe essere la manifestazione torinese.
Una riflessione che, a mio avviso, dovrebbe partire dalla reale consapevolezza, ripeto, che sono i Libri, i loro autori ed Editori gli unici protagonisti della Fiera.
Via dunque tutta quella "bruzzimaglia" di iniziative che con il libro non ci "azzeccano" per niente.
Con tutte le sponsorizzazioni che la Fiera Internazionale del Libro di Torino raccoglie oltre ai significativi finanziamenti da parte della Regione e del Comune non sarebbe l'ora di abolire o perlomeno abbassare sensibilmente il biglietto d'ingresso?
Pensate, costa ben otto euro entrare in Fiera: circa 15200 lire del vecchio conio.