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La Lettera su Copertina
(10/12/2006) -
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(04/12/2006) -
Nella confusione del presente guardo al
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(17/11/2006) -
Che cos'è l'Etica?
(06/11/2006) -
40 anni fa, a Firenze
(04/11/2006) continua...
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M come MERITOCRAZIA
C'era una volta, nel
mondo del giornalismo e dell'editoria, una realtà certamente
attenta al talento. C'era una volta, parlo fino agli anni
Ottanta del secolo scorso, il Novecento, una realtà
professionale in cui andava avanti innanzitutto e
soprattutto chi aveva talento, lo meritava. Era la stagione
in cui alla direzione e nei ruoli chiave di importanti
giornali venivano chiamati autentici professionisti. Era la
stagione delle direzioni di Guglielmo Zucconi, Antonio Terzi,
Vittorio Buttafava, Benedetto Mosca, delle vicedirezioni di
Dino Buzzati, Giulio Nascimbeni, Ugo Pettenghi, Franco Nasi
tanto soltanto per citarne alcuni. Per non parlare, poi, di
redattori capo e capi servizio che erano tutti
professionalmente con gli attributi a posto e con una
caratteristica comune. Siccome chi dirigeva, vicedirigeva,
caporedattorava, caposerviziava erano professionisti veri,
giunti a quei ruoli sulla base del sudore della loro fronte,
sulla base della loro professionalità (non perché avessero
"santi" in paradiso, fossero essi politici, "amici",
colleghi di cordate gay o lesbo e meno che mai
massonico-mafiose) facevano fino in fondo la loro
professione. Cioè? Cioè esigevano che il lavoro fosse ben
fatto e se vedevano giovani colleghi di talento, con
delle potenzialità, facevano di tutto affinché questi ultimi
"crescessero". Già, per tutti i personaggi nominalmente
citati e per tutti quelli della identica generazione far
crescere professionalmente chi meritava, chi dimostrava di
avere talento faceva parte del DNA. Quanti di noi, io
stesso, che hanno mosso i primi passi nel giornalismo e
nell'editoria in quegli anni siamo riusciti ad andare
avanti, ad emergere grazie alla sacrosanta logica di
privilegiare il talento, grazie alla MERITOCRAZIA. Poi è
cominciata la stagione bastarda e vigliacca. La stagione in
cui chi guidava una certa realtà editoriale e giornalistica
non importava più che sapesse veramente fare il mestiere al
quale era chiamato. Importava invece, innanzitutto, che
obbedisse a quanto volevano ALTRI. Ecco, è cominciata così
la fine del vero giornalismo e della vera editoria. E guai
se qualcuno, da quando era di fatto in vigore questa "legge",
si fosse intrufolato per fare davvero il giornalista e
l'operatore editoriale. Via, cassato, emarginato, una
presenza stonata, una stecca venuta fuori da un altro coro:
quella della professionalità. Nella nuova realtà in cui chi
è al vertice lo è non per MERITOCRAZIA, ovvero per reale
preparazione professionale, ecco che è crollata miseramente
la filiera della meritocrazia. Ecco che mentre un tempo un
direttore faceva di tutto per far crescere professionalmente
chi aveva talento oggi lo stesso direttore - che è lì per
altri "meriti" e spesso professionalmente meno preparato di
chi dirige - fa di tutto per soffocare la crescita di
chiunque perché ogni "crescita" diventerebbe una concorrenza
a lui stesso. Questo pseudoprofessionista misura, insomma, la
sua insicurezza con la potenzialità dei propri
collaboratori. Ergo: meglio circondarsi di servi sciocchi,
di mediocri, di yesman e guai a parlare veramente di
MERITOCRAZIA. Ma di quest'ultima naturalmente se ne parla.
Per salvare la faccia, per essere meno spudorati, e il
merito, la MERITOCRAZIA appunto, si applica falsamente ai
servi sciocchi, ai mediocri. Se non avessi pagato del mio,
se non mi fossi inventato ormai dieci anni fa quello che
vedete qui online, credete che io, oggi, potrei ancora
scrivere liberamente quello che sto scrivendo qui? Se non
avessi inventato una micro casa editrice, alla faccia di chi
avrebbe voluto ridurmi al silenzio perché non sono né legato
ad un partito politico, non sono membro di una qualche
massoneria, non sono gay, non sono in vendita, conosco
soltanto la logica del rispetto delle leggi di questa nostra
Repubblica e della professionalità, pensate che avrei potuto
realizzare quanto nel mio piccolo sono riuscito a realizzare
negli ultimi dieci anni?
In una realtà che nel giornalismo e
nell'editoria privilegiasse realmente la MERITOCRAZIA, visto
quello che sono riuscito a inventare, realizzare, portare
avanti in dieci anni fancendo "le nozze coi fichi secchi",
lo dico spudoratamente, dovrei essere al top, dovrei essere
davvero considerato al top per creatività, innovazione e
professionalità dimostrate. Invece, in un realtà come
quella che ho descritta sono lasciato ai margini. Sono,
essendo un vero libero essere pensante, estremamente
pericoloso. I miei trenta anni di giornalismo militante,
basta andare, tanto per trovarne una davvero sostanziosa
traccia a "ravanare" negli archivi del Corriere della Sera,
non mi danno affatto la chance di continuare a scrivere per
qualche testata. Macché! "Romperei certi equilibri" è stato
risposto ad un autorevole giornalista vecchia maniera che
caldeggiava la collaborazione della mia firma ad un grande
quotidiano nazionale. Già, romperei "certi equilibri" oppure
i "co..." con il mio essere davvero libero. No, meglio per i
quotidiani nazionali ricorrere ai "servigi", scusate dovevo
scrivere i servizi di qualcuno di più duttile, per così
dire... Viene da pensare come sarebbero andate od
andrebbero le cose se vivessi in un altro Paese. Qui in
Italia, allo stato attuale delle cose ho di fatto la colpa
di essere un serio giornalista; ho la colpa di saper
scrivere certamente non male; ho la colpa di conoscere
davvero tutta la filiera della produzione di giornali come
di libri; ho la colpa di sapermi muover online con l'agilità
di un pesce nell'acqua; ho la colpa di conoscere davvero
tutto per quanto riguarda la produzione di contenuti on ed offline; ho la colpa di sapere come usare tutti i maggiori
software in uso; ho la colpa di essere un vero
professionista multimediale. Colpe gravissime, nella melma
del provincialismo che impera nel giornalismo e
nell'editoria italiani. Colpe gravissime per i troppi che a parole
sono tecnologicamente avanzati e poi, nella realtà, hanno
sempre bisogno di un aiutino per vivere davvero in una
società multimediale. Ho davvero una grande voglia di
emigrare.
Conversiamone su
The Web Park Speaker's Corner
(23 gennaio 2007)
(Continua)
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