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Viviamo in un mondo
globalizzato dai mille pesi, dalle mille misure e
dalla infinite ipocrisie
L'esecuzione di Saddam Hussein, il più sanguinario dittatore
dopo Stalin ed Hitler ha aperto l'ennesimo festival
dell'ipocrisia. A parte l'atteggiamento del Vaticano, mi
paiono far parte di una ritualità che ondeggia fra
opportunismo ed ipocrisia le dichiarazioni del mondo
politico non soltanto italiano. E si riapre l'eterno dilemma
se è meglio la strada del perdono (con il carcere a vita) di
fronte agli autori di delitti che superano i limiti
umanamente sopportabili (ammesso che vi siano delitti
umanamente sopportabili) o quella della vendetta (con la
condanna a morte). E' difficile schierarsi da una parte
piuttosto che dall'altra ma mi pare un po' pilatesco, quello
di escludere per principio la possibilità in assoluto di una
soglia oltre la quale non è davvero possibile una sorta di
perdono a meno di non essere santi o masochisti. Meno
male che Hitler tolse il problema suicidandosi nel bunker
perché, altrimenti, questa invocazione al perdonismo anche
contro chi aveva sistematicamente, meticolosamente,
criminalmente, sadicamente causato la morte di sei milioni
di ebrei inermi e di milioni di altre persone altrettanto
inermi, sarebbe
puntualmente arrivata. Invito chiunque oggi s'indigna per
l'esecuzione della pena capitale nei confronti di Saddam
Hussein inflittagli dopo un regolare processo a guardare le
immagini di donne, uomini e bambini inermi da lui annientati
con le armi chimiche, all'enormità dei suoi crimini compiuti
contro chi in Irak non era dalla sua parte.
E Pinochet,
altro dittatore che si è macchiato di delitti
orrendi contro tanti cileni e che è finito per morire di
vecchiaia senza pagare praticamente nulla per quanto aveva
fatto? Lui è un esempio dei mille pesi, delle mille misure e
delle tante ipocrisie di questo mondo globalizzato. E le
sofferenze inflitte al proprio popolo da Mao Tze Tong e
dalla sua banda dei quattro con la cosiddetta "rivoluzione
culturale"? E l'elenco di chi l'ha
scampata alla giustizia umana, compreso Stalin, di chi non si è trovato a dover
saldare il conto con i propri delitti potrebbe continuare a
lungo. Ma mi è difficile, molto difficile, provare sdegno,
indignazione di fronte a questa esecuzione capitale. Così,
si dice, facendo un discorso di opportunismo politico si è
creato un martire.
Sarà. Ma non mi risulta che i dittatori
finiti male siano poi finiti per essere idolatrati se non da
piccole frange di estremisti. E, parlando politicamente,
sarebbe stato molto più pericoloso un Saddam Hussein
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condannato al carcere a vita e capace di far sentire giorno
dopo giorno la sua voce in uno stillicidio di dichiarazioni. No, il martire non può essere né sarà lui. I
Veri Martiri veri
sono le tante vittime di Saddam Hussein e dei tanti altri
feroci quanto sanguinari dittatori come lui.
Scusatemi se non sono, conformisticamente, politicamente
corretto.
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(30 dicembre 2006)
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