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Gli
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(09/12/2006) -
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(06/11/2006) -
40 anni fa, a Firenze
(04/11/2006) continua...
NELL'INCUBO DELLE FS
...e poi dicono che vogliono aumentare le tariffe. Ascoltate
quello che mi è accaduto. Una storia cominciata ieri, 11
dicembre, e conclusasi stamani, alle ore 7 del 12 dicembre.
Ieri doveva andare a Roma da Milano per registrare un mio
breve intervento in una trasmissione della Rai. Una cosa da
venti minuti al massimo. E la redazione della trasmissione
aveva organizzato le cose perbenino in modo da farmi
rientrare subito a Milano. Il piano di viaggio era questo:
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partenza in Eurostar alle 12, arrivo a Roma alle 16,30, auto
alla Stazione Termini per portarmi negli studi di Saxa Rubra,
registrazione, e quindi ritorno alla stazione per prendere
un altro Eurostar alle 19,30 che mi avrebbe riportato per
mezzanotte a Milano. Parto alle 12 tranquillo e sereno,
deciso a rilassarmi leggendo in quelle quattro ore e mezzo
di viaggio ma, dopo un po' che procediamo con una lentezza
che mi pare inconsueta, quando vedo in distanza dal mio
finestrino la scritta della stazione di Fidenza il treno, il
"mitico" Eurostar, il campione dell'alta velocità, si ferma.
Sosta ad un semaforo? Dopo i primi dieci minuti di sosta né
io né gli altri compagni di viaggio pensiamo che si tratti
di questo. E allora, che cos'è? Passano quaranta minuti
sempre di sosta e anche di completa latitanza del "personale
viaggiante" paiono tutti dissoltisi nell'aria di questa
splendida giornata di dicembre di cielo terso e uno
smagliante sole. Poi, all'improvviso, un dleng dleng
dell'altoparlante riscuote tutti e il treno si rianima,
anche di personale viaggiante che ora informa di quello che
già in molti sospettavamo: la motrice si è rotta, dobbiamo
lasciare il treno e spostarci su di un altro Eurostar che
nel frattempo è giunto a raccogliere noi, sfortunati. Ma poi
neanche troppo, perché a sentire i discorsi di chi viaggia
molto più di me l'episodio si ripete molto frequentemente.
"Carenza di manutenzione", sentenzia uno. "Magari anche di
costruzione" insinua un altro. Quando tutti siamo saliti
nell'Eurostar di soccorso, che comincia lentamente a muoversi,
sono passati almeno 60 minuti dalla fermata. Sì, ora siamo
di nuovo in viaggio ma questa non è la nostra sistemazione
definitiva, avverte l'altoparlante. A Bologna ci attende un
altro "materiale rotabile" (guai rinunciare al burocratese e
chiamare treno come treno, guai) su cui trasbordare ancora.
Alla fine di questo nuovo trasloco, abbiamo accumulato 122
minuti di ritardo e poi, dopo altri cinque minuti,
finalmente si riparte. Gli intoppi sono finiti ma l'arrivo a
Roma Termini è, invece delle 16,30, le 18,40. Ormai non
potrò più prendere l'Eurostar delle 19,30 per tornare ma in
Rai, dopo aver adattato le loro scalette di registrazione al
mio ritardo, hanno trovato la soluzione: mi hanno trovato
una cabina singola nel treno letto per Milano che parte alle
23 da Roma. Così il giorno dopo potrò tornare al
lavoro davanti al mio computer dopo essermi fatto una
dormita ristoratrice in treno. Tutto a posto? Sulla carta,
sì, ma nella realtà... Confesso che era la prima volta che
salivo su di un treno letto ma la immagine che avevo di questi
convogli era quella vista tante volte in tanti
film. O il cinema mente o la realtà ferroviaria italiana è
arrivata ad un tale livello di degrado che non so dire a
quale mondo appartenga. Il vetro del finestrino della mia
cabina era sporco come lo può essere quello di una
finestra che non viene lavato da anni, sul resto della
pulizia o meno della cabina non posso pronunciarmi perché non l'ho vista.
Sì, letteralmente perché nella cabine non c'era la luce. No,
non c'era. C'era solo la desolazione del personale di bordo
che, come si sa non fa luce. Un po' di luce c'era soltanto
nel corridoio ma se ti chiudevi nella cabina eri al buio più
pesto e dovevi confidare in qualche chiarore lunare o nelle
luci di qualche stazione che incrociavi, quel chiarore e
quelle luci che riuscivano naturalmente a filtrare dallo
sporco del finestrino. Né la luce e neppure il
riscaldamento, naturalmente. Risultato? Sono finalmente
sceso dal treno letto alla Stazione Centrale di Milano alle
7 del mattino del 12 dicembre dopo una notte trascorsa
praticamente insonne, imbacuccato in sciarpa, giaccone e
guanti, nel buio pesto. Che desolazione, amici miei. Ma è
questa Italia cialtrona che vogliamo?
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(12 dicembre 2006)
(Continua)
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