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di Luciano Simonelli
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"Lettera ad un Amico della Terra di Mezzo" di Franco Manni >>
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«Ho sempre amato la vita. Chi ama la vita non riesce mai ad adeguarsi, subire, farsi comandare. Chi ama la vita è sempre con il fucile alla finestra per difendere la vita. Un essere umano che si adegua, che subisce, che si fa comandare, non è un essere umano»
Oriana Fallaci
 (da un'intervista del 1979, di Luciano Simonelli, approvata dalla scrittrice).


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LA BRUTTA STORIA DELLE TANTE FOTO AL RICATTO, comunque vadano a finire le cose, è l'ennesimo campanello d'allarme su un Paese sempre più dominato da "furbetti" di ogni risma. Lo è sempre di più dominato da quando - non si comprende il perché - gli intellettuali, gli uomini di cultura e di buon senso che dovrebbero essere la Coscienza (e lo scrivo con la C maiuscola) di un Paese, sono scomparsi. Sì, sono letteralmente scomparsi, a meno che non si definiscano intellettuali e uomini di cultura quelli che escono dai loro caldi rifugi soltanto per parteggiare politicamente per questo o per quello, per  genuflettersi di fronte al potente del momento, per fare dell'opportunismo la VERA FILOSOFIA DI VITA DEL TERZO MILLENNIO. 
Io non faccio parte della squadra e anche a rischio di essere, come spesso mi è accaduto, l'unico a sostenerlo, pagando le spese di un totale isolamento, non mi stancherò mai di denunciare questo scandaloso tradimento di quella che dovrebbe essere la "missione" di ogni vero, autentico intellettuale. Sì, questo scandaloso tradimento della propria missione che si consuma
ogni giorno rinunciando ad interpretare il proprio ruolo di guida della coscienza collettiva. Mentre a tutti questi Maestri dell'opportunismo e dell'ipocrisia, pronti a tutto per una "ospitata" televisiva, rivolgo l'invito a leggere attentamente, per poter poi tornare ad avere il coraggio di guardarsi allo specchio, la guida di Etica Filosofica che non a caso ho pubblicato di questi tempi (Lettera ad un Amico della Terra di Mezzo di Franco Manni), vorrei parlare di un'altra fotografia molto diversa da quella di cui si legge in questi giorni, di scatti & ricatti. 
Intendiamoci, sarebbe soltanto uno sciocco oltre che un

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ingenuo chi oggi, come una verginella, affermasse che è un fenomeno di questi nostri giorni quello di qualche paparazzo che, trovandosi fra le mani alcuni scatti compromettente per qualcuno, non sia stato disposto a venderlo al diretto interessato anziché ai giornali per la pubblicazione. Dall'epoca della Dolce Vita in poi episodi del genere ci sono stati, quello che non c'era pare essere (pare) l'evoluzione dei nostri giorni ovvero far diventare questa, per così dire, transazione privata degli scatti compromettenti una vera industria. Mentre, cioè, prima era un fenomeno occasionale ora - almeno da quel che si legge - si va in giro con la macchina fotografica per raccogliere materiale utile soprattutto per questo scopo: il ricatto.
Dicevo che vorrei parlare di un'altra fotografia, di quella che fa vero giornalismo e che oggi viene fatta soltanto dai professionisti delle grandi agenzie d'informazione italiane e straniere e che un tempo veniva invece soprattutto prodotta da team fotografici di altissimo livello che operavano in esclusiva all'interno di importanti periodici. 

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Parlo della stagione in cui il panorama della stampa periodica italiana era dominato da testate come Epoca, Domenica del Corriere, Oggi, Gente. Di queste quattro, erano state soprattutto le prime due ad investire in una propria redazione fotografica di altissimo livello. Ho avuto il piacere di lavorare per circa quindici anni alla Domenica del Corriere e ho compreso in diretta che cosa fosse la vera, grande fotografica giornalistica, lavorando come inviato speciale in coppia con professionisti come Gianni Gelmi, Gabriele Milani, Angelo Cozzi, Gillo Faedi, Evaristo Fusar, Mario Pelosi... Allora la parola Gossip quasi nessuno la conosceva e meno che mai questi fotografi con l'obiettivo sempre puntato per raccontare storie vere con le immagini. Bella stagione, tante avventure per riuscire a portare a "casa" il servizio. E allora gli "scoop" non erano fotografare la velina che si sbaciucchia con il calciatore di turno ma personaggi e situazioni ben più importanti. Sarebbe bello che quelli fra loro che sono ancora di questo mondo si facessero sentire e, macchina fotografica in mano, ricordassero - magari attraverso questa pagine online -  a tutti quelli che allora ancora non c'erano il bello di una stagione di fotogiornalismo che non dovrebbe essere dimenticata ma, anzi, costituire il punto di partenza di una rinascita in una realtà purgata da troppi "furbetti".

Conversiamone su The Web Park Speaker's Corner  (9 dicembre 2006)  

(Continua)
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Luciano Simonelli

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