QUELLO CHE E'
ACCADUTO IN ITALIA CON LA SCOMPARSA DI ORIANA FALLACI
è l'ennesima dimostrazione della situazione
desolante in cui vive questo nostro Paese. Io da qui, da queste
pagine e da questa casa editrice che ho dovuto creare per avere ancora uno spazio attraverso il quale poter comunicare con
i miei lettori, comincio a chiedere ASILO CULTURALE in
qualsiasi altra Nazione della vecchia Europa o del Nuovo Mondo in
cui non si anteponga lo spirito di clan, di partito, di salotto a
quello che è l'oggettivo valore professionale e intellettuale di una
persona. Oriana Fallaci ha avuto per i troppi squallidi personaggi
"protagonisti" della scena politica e culturale italiana dei difetti
imperdonabili nella nostra Penisola che vorrebbero descriverci come
culla della democrazia e che è, invece, con la complicità di ogni
forza politica, il luogo in cui l'aria è assolutamente irrespirabile
per chiunque non si voglia appiattire nel conformismo della
mediocrità. Il primo e più imperdonabile difetto di Oriana Fallaci,
per i "furbetti" dell'italietta, è stato l'onestà intellettuale, il
coraggio delle proprie idee giuste o meno giuste che potessero
essere. Comunque la si pensi, in un vero Paese civile e democratico
un personaggio come Oriana Fallaci sarebbe e sarebbe stato
considerato innanzitutto come una ricchezza nazionale. Da noi, no,
perché da noi l'indipendenza, il non volersi accucciare al riparo di
questo o quel partito, il non essere "politicamente corretti" ma
voler esercitare ogni giorno, ogni ora, ogni secondo il proprio
sacrosanto diritto di scrivere e dire ciò che si pensa è la maggiore
delle colpe. E lo è ancora di più se, come accade e come è accaduto
per Oriana Fallaci, qualcuno non è d'accordo con quanto talvolta si
va sostenendo. E colpa si aggiunge a colpa se si ha la forza, la
coerenza, di sostenere il proprio pensiero e anche di porsi di
fronte a critiche od ostracismi non facendo la vittima alla Santoro
ma avendo il coraggio di "pagare" per le proprie idee. Fanno
sorridere di disgusto le dichiarazioni con i se e con i mai di
"Premi Nobel della Letteratura" con dei peccati fascisti di gioventù
su una Oriana Fallaci che la Resistenza l'ha fatta davvero. E'
disgustante l'atteggiamento di chi di Rifondazione Comunista al
Comune di Firenze ha negato il sostegno ad una proposta di dedicare
ad Oriana Fallaci una via, una piazza della sua città. Oriana
Fallaci non era nè di destra nè di sinistra: ERA. E chi È
dice, scrive esattamente quello che pensa, ben consapevole che
l'esercizio della propria libertà di espressione ha un prezzo da
pagare ed è pronto a pagarlo. Ma c'è un livello al di sotto del
quale una Paese che si ritiene culla della Democrazia NON DEVE
scendere. È quello di negare di fatto lo stesso diritto di esistere
a chi ha autentico talento e a chi - lo dimostrano i milioni di
lettori di Oriana Fallaci - ha un grande seguito di persone che o la
pensano come lei o che accettano di confrontarsi con lei e le sue
parole. E non sto ad immaginare che cosa sarebbe accaduto ad Oriana
Fallaci se lei ad un certo punto della sua vita non si fosse
trasferita negli Stati Uniti, non fosse diventata un punto di
riferimento anche per la grande stampa mondiale, non fosse diventata
internazionale... su lei, da parte dei "furbetti" dell'italietta,
sarebbe stato steso il velo del silenzio, le avrebbero precluso di
scrivere sui giornali... Sì, di Oriana Fallaci ce n'è una sola ma vi
sono tanti altri personaggi - non immaginate quanti! - di autentico
talento che in Italia sono stati e sono ridotti al silenzio... Conversiamone su
The Web Park Speaker's Corner
(21 settembre 2006)
LA SCOMPARSA DI
ORIANA FALLACI è, comunque la si
pensi, una grave perdita per chi, come me, crede nel davvero libero
confronto delle idee (e non nel conformismo di chi ormai ragiona
sempre per slogan e con la testa degli altri), nel coraggio di dire
e scrivere quello che si pensa senza l'autocensura degli
opportunismi, in un giornalismo fatto sulla realtà, andando sul
posto in cui avvengono i fatti, confrontandosi a faccia a faccia con
i protagonisti delle vicende del nostro tempo e non vissuto per
interposto medium attraverso quello che si sente dire in radio e tv,
nel "calduccio" di una redazione, sforzandosi soltanto di fare
qualche telefonata. Oriana Fallaci con il suo caratteraccio, con la
sua grinta, con la sua voglia inesauribile di sapere, capire,
confrontarsi, denunciare, andando a testa bassa nel mondo con la
forza e la convinzione delle proprie visioni anche sbagliate, con
quella sua penna di giornalista-scrittrice, chiude con la sua
scomparsa davvero un'epoca del giornalismo non soltanto italiano. Ne
sentiremo la mancanza di personaggi come Oriana Fallaci, la sentiranno anche
coloro i quali l'hanno disistimata. A me resta il piacere di aver
avuto una lunghissima conversazione con Oriana Fallaci per parlare di Saggezza
quando uscì con il romanzo Un uomo dedicato al suo amato
Panagulis che ho raccolto in un
eBook in formato Lit per PC con Microsoft Reader o
in un eBook in formato Pdf per computer Mac o PC con Acrobat Reader (disponibile su
eBooksItalia). Conversiamone su
The Web Park Speaker's Corner
(15 settembre 2006)
...ED ECCOCI
ARRIVATI ALL'APPUNTAMENTO NEL CASTELLO DI SAN SALVATORE A SUSEGANA,
in provincia di Treviso, il 15, 16 e
il 17 settembre. Con questa
Quarta Edizione di LIBRI IN CANTINA, Mostra Nazionale della Piccola e
Media Editoria, concludo, come Simonelli Editore, la stagione
2006 delle cosiddette Fiere. No, non parteciperò alle Mostre di
Belgioioso, di Chiari, di Pisa, di Roma... E, d'ora in poi, non sarò
presente a nessun altro appuntamento oltre quello di maggio
della Fiera Internazionale del Libro di Torino. Come ho scritto in
un precedente intervento, non ho alcuna intenzione di trasformarmi
nel venditore ambulante dei miei libri (che peraltro godono di una
distribuzione nazionale e che dunque chiunque li desideri può
trovarli in qualsiasi libreria in Italia e nel Canton Ticino
oltre che qui online). D'ora in poi, sarò lieto di andare in giro
per l'Italia soltanto se qualcuno dei tanti splendidi piccoli comuni
toccati dal progetto
LibrialSole e
Fidare
mi inviterà a parlare dei miei libri e a metterli in
mostra. Sì, amici miei, la mia professione è l'Editore oltre che il
giornalista professionista e non credo affatto che sia il caso per
me di trasformarmi, a 64 anni, in un venditore ambulante. Qualche
Biblioteca (parlo naturalmente di quelle serie, che acquistano libri
e non li elemosinano in omaggio) desidera invitarmi per incontrare
me, i miei autori, conoscere il racconto della storia di questa casa
editrice indipendente che, sola soletta, è sempre sul mercato già da
dieci anni? Risponderò all'appello, farò la mia parte. Mi interessa
parlare di cultura e dei miei libri, mi interessa incontrare la
gente, magari i più giovani, raccontare quale sia la mia visione
editoriale e condividere con tanti potenziali lettori la visione che
ho del futuro dell'editoria. Quel futuro che per me è già il
presente, che sto costruendo su
eBooksItalia. Libri ed Internet? Sono un mix
che sta già vincendo ma tanti non se ne sono ancora accorti: ecco,
ai tanti magari non più giovanissimi come me vorrei indicare la
strada perché la lettura on e off line diventi la loro migliore
compagna della stagione della saggezza. Oltre 40 anni trascorsi nel
giornalismo e nell'editoria mi hanno così caricato di esperienza, di
professionalità che amerei condividerla con i tanti, i troppi che
ancora ignorano che cosa significhi leggere. Sì, sto cercando di
comunicare prima che di vendere. Quest'ultima, la vendita del libro,
viene automaticamente quando il lettore ha conosciuto ed apprezzato
il tuo progetto culturale. Nella vita personale come in quella
culturale non mi interessano gli incontri occasionali ma le unioni
che ti accompagnano per tutta un'esistenza. Conversiamone su
The Web Park Speaker's Corner
(13 settembre 2006)
"SONO I
GIORNALISTI CHE DISTRUGGONO IL GIORNALISMO",
ha dichiarato Lorenzo Cremonesi, inviato speciale del Corriere
della Sera in una breve intervista Tv subito dopo aver ricevuto
il premio giornalistico intitolato ad Enzo Baldoni, il pubblicitario
e pubblicista free lance rapito e assassinato in Irak dai
terroristi. Ha ragione Lorenzo Cremonesi a fare questa provocazione:
il vero giornalismo, quello fatto da chi come lui va sui fatti, va
sul posto, va in mezzo mondo per capire, testimoniare, raccontare
viene giorno dopo giorno quasi smontato da masse di "colleghi" che
interpretano questa professione come una sorta di impiego di lusso.
Con la scusa che ormai sono praticamente infinite le fonti di
informazioni dalla radio, alla tv, ad internet, se ne stanno
tranquilli, in attesa che le notizie giungano loro. Ascoltano,
guardano, se devono approfondire telefonano... andare sul posto?
Soltanto quelli della radio e della tv, talvolta, per la maggior
parte basta qualche telefonata... E le sciocchezze si susseguono
nell'etere e sulle pagine dei giornali. Incredibile ma vero. Basta
osservare, per esempio, "colleghi" che, mettiamo, si scomodano a
venire a dare un'occhiata a una qualche mostra del libro. Per loro
la maggiore preoccupazione è una buona camera d'albergo, qualche
buon pasto (naturalmente offerti) e non perdere un attimo di tempo
con gli editori che espongono, non interessarsi affatto di quanto
stanno facendo, delle loro storie. No, fare il sacrosanto lavoro di
cronisti, informarsi, scoprire magari qualcosa di nuovo, costa
troppa fatica e, si sa, da tempo i maestri del pessimo giornalismo
hanno messo in giro, ridacchiando, la battutaccia che "fare il
giornalista è sempre meglio che lavorare". Si danno un po' più da
fare i cari "colleghi" quando c'è da entrare in qualche salotto che
conta, frequentare i cosiddetti Vip... si sa, la vicinanza con il
potere li illude di averne un po' anche loro e pur di farsi notare
leccano, lusingano, scodinzolano, dicono quello che serve... Ha
ragione Lorenzo Cremonesi ha fare questa provocazione nel nome dei
pochi che sono rimasti a fare davvero la loro professione e dei
troppi che invece di andare a vedere e a raccontare che cosa accade
sottocasa e nel mondo pensano soprattutto ai loro interessi. Conversiamone su
The Web Park Speaker's Corner
(12 settembre 2006)
"VOLARE ALTO":
questa, a mio avviso, dovrebbe essere la parola d'ordine dei
cosiddetti editori indipendenti. Che cosa intendo? Innanzitutto non
bisogna dimenticare che dietro la "follia" di creare e portare
avanti una impresa editoriale c'è per ciascun piccolo (vero) editore
un progetto culturale. E' appunto questo il filo lungo il quale
nascono i volumi, cresce di anno in anno un catalogo, si fanno mille
sacrifici. Sì, certo, un risvolto commerciale deve esserci ma questo
nasce, si consolida e per alcuni determina una crescita "aziendale"
quando la linea culturale lungo la quale si sviluppa il progetto
riesce ad essere comunicata, a giungere ai lettori. Faccio
questa riflessione perché è evidente che alcuni della "nostra"
editoria mi pare che stiano smarrendo quella "retta via" che è
l'unica, come dimostra la storia dell'editoria nel mondo, attraverso
la quale si può crescere. In questo florilegio di mostre - fiere del
libro lungo la Penisola vedo che in molti, troppi, si sentono
bancarellai, che si trasformano in venditori di libri per strade,
piazze o edifici storici. Io penso che ognuno debba esercitare la
propria professione e non credo affatto che la professione
dell'editore sia quella di essere un venditore ambulante (con
rispetto, naturalmente, di chi fa di mestiere il venditore
ambulante). Comprendo, cari colleghi che eventualmente leggete
questa riflessione, che la vita è dura, che è complesso fare
quadrare i conti in una realtà italiana in cui esistono più
"scrittori" che lettori, che nel nostro settore se raggiungi il
pareggio è già un grande risultato. Comprendo bene tante cose ma
sono certo che mettersi a fare i venditori ambulanti non risolva
problemi immediati e meno che mai futuri. Non svilitevi, colleghi
miei, continuate a volare alto come fanno i grandi progetti
culturali che sono alla base dei libri che andate pubblicando.
Riscoprite l'orgoglio di essere Editori. E questo, rammentate, se da
una parte vuol dire fare gli imprenditori "rischiando" del proprio
per realizzare un progetto (non è Editore chi naviga nella
"marmellata" delle pubblicazioni pagate dagli autori), dall'altra
significa non avere alcun complesso d'inferiorità nei confronti di
un mondo editoriale e culturale dominato da grossi gruppi
editoriali. Altro che complesso d'inferiorità! Di superiorità,
semmai! Noi, i veri editori fra noi, siamo gli unici che conducono
permanentemente una seria ricerca culturale, siamo noi, soltanto
noi, che ascoltiamo le nuove voci che nascono dalla narrativa, alla
poesia, alla saggistica... Dobbiamo avere l'orgoglio e la
consapevolezza di questo e anche la certezza che se vogliamo
conquistare un solido, fedele pubblico di lettori dobbiamo scendere
fra la gente e innanzitutto spiegare, raccontare, far amare quanto
stiamo facendo. Conversiamone su
The Web Park Speaker's Corner
(12 settembre 2006)
INVIDIA...
Io, sinceramente, non l'ho mai provata nè
la provo per nessuno. Anzi se trovo che altri compiono qualcosa che
mi pare egregio sono sinceramente lieto per loro come lo sono per
tutti coloro i quali, con passione, dedizione, abnegazione coniugate
con una felice creatività, riescono a raggiungere i risultati che si
sono prefissati. Appartengo alla generazione di chi ha creduto e
crede che ogni giorno vi sia qualcosa di buono e di nuovo da
imparare da tutto e da tutti, appartengo a quella stessa generazione
che si muove nel mondo senza complessi d'inferiorità o di
superiorità e che sinceramente gioisce quando gli allievi superano i
cosiddetti maestri. Anzi, nel mio piccolo sono davvero generoso nel
trasmettere ai più giovani quanto ho appreso dalla professione e
dalla vita. E il regalo più bello per me è vedere "crescere" chi mi
è intorno e sono ancora pi&uGrave; felice se posso aver contribuito in
parte alla sua crescita. Questo, signori miei, è il dono che mi ha
dato la mia generazione in cui maestri come Guido Piovene, Guglielmo
Zucconi, Giulio Nascimbeni, Franco Nasi, Antonio Terzi erano davvero
lieti se il "cucciolo" Simonelli "cresceva", raggiungeva buoni
risultati... No, nessuna invidia e nessun timore di essere
"detronizzati". Loro avevano raggiunto il vertice per meriti
professionali, non avevano l'angoscia di chi tronfiamente siede su
una poltrona meritata per partito, per corrente, per
raccomandazioni... Rammento questo anche per qualche collega nel
mondo dell'editoria oltre che nel giornalismo (mi capirà chi deve
capire...) sul cui volto vedo comparire segnali di ingiustificata
invidia se non di isterico livore su quanto vado facendo o dicendo.
Nessun timore: è l'ultimo dei miei pensieri fare le scarpe a
qualcuno. Però è il primo dei miei pensieri fare uno sberleffo
volgendo il mio sguardo verso orizzonti certamente migliori a chi
confonde la mia disponibilità e generosità nel dire e nel fare con
quella di un ingenuo sperperatore delle proprie conoscenze e della
propria creatività. Vedete, carissimi (e chi deve capire capisca...)
i furbetti lasciamoli nel quartierino e anche le sciocche invidiuzze
perché forse, talvolta, dico qualcosa di una certa intelligenza.
Detesto chi afferma di lavorare per una comunità e poi lavora
innanzitutto per se stesso, detesto chi roso da una endemica invidia
mi guarda come un mitomane se cito fatti, personaggi, situazioni che
fanno parte della mia storia culturale, intellettuale, professionale
e imprenditoriale. Spiacente per voi, così sono se vi pare
(leggere la mia biografia
cliccando qui) e non c'è da impallidire, rodersi il
fegato se ho avuto ed ho l'amicizia di personaggi per voi
irraggiungibili. La mia storia è questa e a me piace volare alto,
cercare di fare e realizzare cose che volino alto. Soltanto per
queste vale la pena di combattere e sacrificarsi. Il resto è robetta
e la robetta non mi interessa... Mi sono spiegato? Conversiamone su
The Web Park Speaker's Corner
(11 settembre 2006)
RICOMINCIAMO DAL 7
SETTEMBRE, il giorno del mio
compleanno. No, niente auguri, please. Ricominciamo dal 7 settembre
perché per me - da 64 anni ben portati alla faccia di chi non
vorrebbe - è da questa data che comincia ogni nuovo anno. E
cominciamo con un riflessione tra l'esistenziale e il professionale.
Pensate, ne avevo 54 di anni quando ho avviato questa impresa
editoriale nell'attesa che qualche grosso gruppo volesse utilizzare
la mia professionalità di Direttore Editoriale di consolidata
esperienza in grossi gruppi editoriali... Son trascorsi 10 anni,
sono sempre qui che attendo... ma non sono rimasto di certo
immobile. Anzi, sono stato sempre un passo avanti degli altri e
nonostante questo, forse chissà proprio per questo (si sa, chi ha la
vista più lunga, diciamocelo sinceramente, rompe le "balle" in
Italia: in altre realtà, di altri Paesi, che antepongono la
professionalità al partito o alla corporazione, le cose vanno molto
diversamente e sto seriamente meditando di chiedere altrove "asilo
professionale e culturale") la "grossa" società editoriale italiana
mi ha emarginato. Sì, ma che cavolo vuole questo Simonelli - si è
chiesto in questi dieci anni più d'uno dei cosiddetti "addetti ai
lavori" - che si permette anche di fare lo scrittore di thriller?
"Il Ken Follett italiano" ?! E' sbalordito qualcuno quando così sono
stato definito per i miei due titoli
Cento miliardi di dollari e
I Sette Occhi della Vita che
hanno venduto alcune decine di migliaia di copie per il piacere
della Newton Compton (ora, se volete, li trovare in
eBook su
eBooksItalia). In altre realtà,
visto il felice esordio con un successo di vendita niente affatto
marginale, sarebbe stato naturale che la stessa o altre case
editrici mi stimolassero, mi incalzassero ad andare avanti di nuovo
thriller in nuovo thriller. Invece, no, il silenzio... da parte
delle cosiddette "grosse" case editrici. Si sa, il silenzio è la
grande arma, quella più letale, nel mondo letterario ed editoriale.
Ma se loro stanno zitti, io no... Il silenzio però non da
parte dei lettori. Ne ho uno stuolo, modestia a parte, che
periodicamente mi chiedono: a quando il prossimo thriller? Per il
conforto di questi ultimi e lo sconforto dell'editoria che crede di
aver messo a tacere con il silenzio il "Ken Follett italiano" ecco
la notizia: il 7 settembre dell'anno prossimo, a 65 anni, festeggerò
con l'uscita del terzo mio thriller a cui ne seguiranno molti
altri... E chi mi conosce lo sa: quando io faccio una promessa la
mantengo. Rassegnatevi, gentili colleghi che al riparo di grossi
gruppi editoriali e grossi stipendi, senza rischiare mai nulla,
tirate avanti senza inventare, creare mai niente. Rassegnatevi
all'idea che io sono giunto all'editoria dopo una articolata
esperienza a tutto tondo. Rassegnatevi che, prima di essere editore,
sia e sia stato critico letterario davvero indipendente e che nel
1977, pensate, firmando con nome e cognome, senza nascondermi dietro
pseudonimi alla Mamurio Lancillotto, tracciavo un ritratto dei
protagonisti della narrativa italiana del Novecento e dei loro libri
nel volume
Un romanzo nel cestino (che i
più curiosi possono trovare in
eBooksItalia in "anastatica
digitale") che se riletto oggi... Rassegnatevi che sono sempre io
quel Simonelli che ha curato la scoperta e lo studio dei Saggi
inediti di Guido Piovene (in due volumi per Mondadori negli anni
Ottanta), che ha scoperto un importante carteggio di Dino Buzzati
poi pubblicato, sempre a mia cura da De Agostini (negli anni
Settanta) nel volume "Lettere a Brambilla". Già, sempre io sono
quello che negli anni Settanta scoprì e pubblicò sulle pagine della
Domenica del Corriere importanti inediti di Giovannino Guareschi,
Pier Paolo Pasolini, Diego Valeri... Chi si loda s'imbroda... dice
un proverbio ma di fronte al silenzio "tombale" di troppi sul
sottoscritto e il gran parlare di personaggio che hanno soltanto il
merito di essere amici di partito, di corporazione o di
congregazione...io continuo. Internet, le cosiddette nuove
tecnologie... Io c'ero online nel 1995 quando per primo in Italia
misi online il catalogo di due case editrici - Rusconi Libri ed
Idealibri - che allora dirigevo e che non avevano certo nulla a che
spartire con quelle che oggi portano lo stesso nome. Io, da allora
ad oggi, ho creato davvero così tanto online che in una altro mondo
- quello dei professionisti non degli improvvisatori - sarei
considerato un punto di riferimento, una sorta di opinion leader su
tutto quanto riguarda la Rete. Macché, silenzio. Opinion leader su
questo argomento sono quelli che hanno persino una certa difficoltà
a scaricare delle e-mail... Ma io ci sono, vado avanti, continuo ad
attendere che il resto del grosso mondo editoriale abbia il coraggio
di riconoscere la mia professionalità e la mia indipendenza (è forse
questa che fa paura?). Eccome se vado avanti. Simonelli Editore
cresce, pian pianino. I lettori, oltre ai libri, stanno scoprendo i
libri elettronici e gli Ex Libris su un'altra mia creatura che è
eBooksItalia. Mentre attendo, ecco che trionfa
online
Dialettando.com diventato punto
di riferimento per chi ama tutte le altre nostre lingue. Certo che
vado avanti, che continuerò ad andare avanti, a testa bassa
attendendo sempre che i "grossi" riconoscano i miei meriti, la mia
professionalità. Attendo, vado avanti e cresco... Scusate se questa
volta ho fatto lo "sborone", direbbe uno dei simpatici comici di
Zelig, ma tutti i mezzi sono leciti per combattere la congiura del
silenzio, della meschinità e, per certuni, dell'ingratitudine. Sì,
perché per me è naturale, oserei dire quasi istintivo, fare del bene
a chi credo che abbia talento mentre per questi ultimi , per troppi
di questi ultimi, è altrettanto facile dimenticare... Conversiamone su
The Web Park Speaker's Corner
(7settembre 2006)
(Continua)
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