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di Luciano Simonelli
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«Ho sempre amato la vita. Chi ama la vita non riesce mai ad adeguarsi, subire, farsi comandare. Chi ama la vita è sempre con il fucile alla finestra per difendere la vita. Un essere umano che si adegua, che subisce, che si fa comandare, non è un essere umano»
Oriana Fallaci
 (da un'intervista del 1979, di Luciano Simonelli, approvata dalla scrittrice).

QUELLO CHE E' ACCADUTO IN ITALIA CON LA SCOMPARSA DI ORIANA FALLACI è l'ennesima dimostrazione della situazione desolante in cui vive questo nostro Paese. Io da qui, da queste pagine e da questa casa editrice che ho dovuto creare per avere ancora uno spazio attraverso il quale poter comunicare con i miei lettori,  comincio a chiedere ASILO CULTURALE in qualsiasi altra Nazione della vecchia Europa o del Nuovo Mondo in cui non si anteponga lo spirito di clan, di partito, di salotto a quello che è l'oggettivo valore professionale e intellettuale di una persona. Oriana Fallaci ha avuto per i troppi squallidi personaggi "protagonisti" della scena politica e culturale italiana dei difetti imperdonabili nella nostra Penisola che vorrebbero descriverci come culla della democrazia e che è, invece, con la complicità di ogni forza politica, il luogo in cui l'aria è assolutamente irrespirabile per chiunque non si voglia appiattire nel conformismo della mediocrità. Il primo e più imperdonabile difetto di Oriana Fallaci, per i "furbetti" dell'italietta, è stato l'onestà intellettuale, il coraggio delle proprie idee giuste o meno giuste che potessero essere. Comunque la si pensi, in un vero Paese civile e democratico un personaggio come Oriana Fallaci sarebbe e sarebbe stato considerato innanzitutto come una ricchezza nazionale. Da noi, no, perché da noi l'indipendenza, il non volersi accucciare al riparo di questo o quel partito, il non essere "politicamente corretti" ma voler esercitare ogni giorno, ogni ora, ogni secondo il proprio sacrosanto diritto di scrivere e dire ciò che si pensa è la maggiore delle colpe. E lo è ancora di più se, come accade e come è accaduto per Oriana Fallaci, qualcuno non è d'accordo con quanto talvolta si va sostenendo. E colpa si aggiunge a colpa se si ha la forza, la coerenza, di sostenere il proprio pensiero e anche di porsi di fronte a critiche od ostracismi non facendo la vittima alla Santoro ma avendo il coraggio di "pagare" per le proprie idee. Fanno sorridere di disgusto le dichiarazioni con i se e con i mai di "Premi Nobel della Letteratura" con dei peccati fascisti di gioventù su una Oriana Fallaci che la Resistenza l'ha fatta davvero. E' disgustante l'atteggiamento di chi di Rifondazione Comunista al Comune di Firenze ha negato il sostegno ad una proposta di dedicare ad Oriana Fallaci una via, una piazza della sua città. Oriana Fallaci non era nè di destra nè di sinistra: ERA. E chi È dice, scrive esattamente quello che pensa, ben consapevole che l'esercizio della propria libertà di espressione ha un prezzo da pagare ed è pronto a pagarlo. Ma c'è un livello al di sotto del quale una Paese che si ritiene culla della Democrazia NON DEVE scendere. È quello di negare di fatto lo stesso diritto di esistere a chi ha autentico talento e a chi - lo dimostrano i milioni di lettori di Oriana Fallaci - ha un grande seguito di persone che o la pensano come lei o che accettano di confrontarsi con lei e le sue parole. E non sto ad immaginare che cosa sarebbe accaduto ad Oriana Fallaci se lei ad un certo punto della sua vita non si fosse trasferita negli Stati Uniti, non fosse diventata un punto di riferimento anche per la grande stampa mondiale, non fosse diventata internazionale... su lei, da parte dei "furbetti" dell'italietta, sarebbe stato steso il velo del silenzio, le avrebbero precluso di scrivere sui giornali... Sì, di Oriana Fallaci ce n'è una sola ma vi sono tanti altri personaggi - non immaginate quanti! - di autentico talento che in Italia sono stati e sono ridotti al silenzio...
Conversiamone su The Web Park Speaker's Corner  (21 settembre 2006)
 

LA SCOMPARSA DI ORIANA FALLACI è, comunque la si pensi, una grave perdita per chi, come me, crede nel davvero libero confronto delle idee (e non nel conformismo di chi ormai ragiona sempre per slogan e con la testa degli altri), nel coraggio di dire e scrivere quello che si pensa senza l'autocensura degli opportunismi, in un giornalismo fatto sulla realtà, andando sul posto in cui avvengono i fatti, confrontandosi a faccia a faccia con i protagonisti delle vicende del nostro tempo e non vissuto per interposto medium attraverso quello che si sente dire in radio e tv, nel "calduccio" di una redazione, sforzandosi soltanto di fare qualche telefonata. Oriana Fallaci con il suo caratteraccio, con la sua grinta, con la sua voglia inesauribile di sapere, capire, confrontarsi, denunciare, andando a testa bassa nel mondo con la forza e la convinzione delle proprie visioni anche sbagliate, con quella sua penna di giornalista-scrittrice, chiude con la sua scomparsa davvero un'epoca del giornalismo non soltanto italiano. Ne sentiremo la mancanza di personaggi come Oriana Fallaci, la sentiranno anche coloro i quali l'hanno disistimata. A me resta il piacere di aver avuto una lunghissima conversazione con Oriana Fallaci per parlare di Saggezza quando uscì con il romanzo Un uomo dedicato al suo amato Panagulis che ho raccolto in un eBook in formato Lit per PC con Microsoft Reader o in un eBook in formato Pdf per computer Mac o PC con Acrobat Reader (disponibile su eBooksItalia).
Conversiamone su The Web Park Speaker's Corner  (15 settembre 2006)
 

...ED ECCOCI ARRIVATI ALL'APPUNTAMENTO NEL CASTELLO DI SAN SALVATORE A SUSEGANA, in provincia di Treviso, il 15, 16 e il 17 settembre. Con questa Quarta Edizione di LIBRI IN CANTINA, Mostra Nazionale della Piccola e Media Editoria, concludo, come Simonelli Editore, la stagione 2006 delle cosiddette Fiere. No, non parteciperò alle Mostre di Belgioioso, di Chiari, di Pisa, di Roma... E, d'ora in poi, non sarò presente a nessun altro appuntamento oltre  quello di maggio della Fiera Internazionale del Libro di Torino. Come ho scritto in un precedente intervento, non ho alcuna intenzione di trasformarmi nel venditore ambulante dei miei libri (che peraltro godono di una distribuzione nazionale e che dunque chiunque li desideri può trovarli in qualsiasi libreria in Italia e nel Canton  Ticino oltre che qui online). D'ora in poi, sarò lieto di andare in giro per l'Italia soltanto se qualcuno dei tanti splendidi piccoli comuni toccati dal progetto LibrialSole e Fidare mi inviterà a parlare dei miei libri e a metterli in mostra. Sì, amici miei, la mia professione è l'Editore oltre che il giornalista professionista e non credo affatto che sia il caso per me di trasformarmi, a 64 anni, in un venditore ambulante. Qualche Biblioteca (parlo naturalmente di quelle serie, che acquistano libri e non li elemosinano in omaggio) desidera invitarmi per incontrare me, i miei autori, conoscere il racconto della storia di questa casa editrice indipendente che, sola soletta, è sempre sul mercato già da dieci anni? Risponderò all'appello, farò la mia parte. Mi interessa parlare di cultura e dei miei libri, mi interessa incontrare la gente, magari i più giovani, raccontare quale sia la mia visione editoriale e condividere con tanti potenziali lettori la visione che ho del futuro dell'editoria. Quel futuro che per me è già il presente, che sto costruendo su eBooksItalia. Libri ed Internet? Sono un mix che sta già vincendo ma tanti non se ne sono ancora accorti: ecco, ai tanti magari non più giovanissimi come me vorrei indicare la strada perché la lettura on e off line diventi la loro migliore compagna della stagione della saggezza. Oltre 40 anni trascorsi nel giornalismo e nell'editoria mi hanno così caricato di esperienza, di professionalità che amerei condividerla con i tanti, i troppi che ancora ignorano che cosa significhi leggere. Sì, sto cercando di comunicare prima che di vendere. Quest'ultima, la vendita del libro, viene automaticamente quando il lettore ha conosciuto ed apprezzato il tuo progetto culturale. Nella vita personale come in quella culturale non mi interessano gli incontri occasionali ma le unioni che ti accompagnano per tutta un'esistenza.
Conversiamone su The Web Park Speaker's Corner  (13 settembre 2006)
 

"SONO I GIORNALISTI CHE DISTRUGGONO IL GIORNALISMO", ha dichiarato Lorenzo Cremonesi, inviato speciale del Corriere della Sera in una breve intervista Tv subito dopo aver ricevuto il premio giornalistico intitolato ad Enzo Baldoni, il pubblicitario e pubblicista free lance rapito e assassinato in Irak dai terroristi. Ha ragione Lorenzo Cremonesi a fare questa provocazione: il vero giornalismo, quello fatto da chi come lui va sui fatti, va sul posto, va in mezzo mondo per capire, testimoniare, raccontare viene giorno dopo giorno quasi smontato da masse di "colleghi" che interpretano questa professione come una sorta di impiego di lusso. Con la scusa che ormai sono praticamente infinite le fonti di informazioni dalla radio, alla tv, ad internet, se ne stanno tranquilli, in attesa che le notizie giungano loro. Ascoltano, guardano, se devono approfondire telefonano... andare sul posto? Soltanto quelli della radio e della tv, talvolta, per la maggior parte basta qualche telefonata... E le sciocchezze si susseguono nell'etere e sulle pagine dei giornali. Incredibile ma vero. Basta osservare, per esempio, "colleghi" che, mettiamo, si scomodano a venire a dare un'occhiata a una qualche mostra del libro. Per loro la maggiore preoccupazione è una buona camera d'albergo, qualche buon pasto (naturalmente offerti) e non perdere un attimo di tempo con gli editori che espongono, non interessarsi affatto di quanto stanno facendo, delle loro storie. No, fare il sacrosanto lavoro di cronisti, informarsi, scoprire magari qualcosa di nuovo, costa troppa fatica e, si sa, da tempo i maestri del pessimo giornalismo hanno messo in giro, ridacchiando, la battutaccia che "fare il giornalista è sempre meglio che lavorare". Si danno un po' più da fare i cari "colleghi" quando c'è da entrare in qualche salotto che conta, frequentare i cosiddetti Vip... si sa, la vicinanza con il potere li illude di averne un po' anche loro e pur di farsi notare leccano, lusingano, scodinzolano, dicono quello che serve... Ha ragione Lorenzo Cremonesi ha fare questa provocazione nel nome dei pochi che sono rimasti a fare davvero la loro professione e dei troppi che invece di andare a vedere e a raccontare che cosa accade sottocasa e nel mondo pensano soprattutto ai loro interessi.
Conversiamone su The Web Park Speaker's Corner  (12 settembre 2006)
 

"VOLARE ALTO": questa, a mio avviso, dovrebbe essere la parola d'ordine dei cosiddetti editori indipendenti. Che cosa intendo? Innanzitutto non bisogna dimenticare che dietro la "follia" di creare e portare avanti una impresa editoriale c'è per ciascun piccolo (vero) editore un progetto culturale. E' appunto questo il filo lungo il quale nascono i volumi, cresce di anno in anno un catalogo, si fanno mille sacrifici. Sì, certo, un risvolto commerciale deve esserci ma questo nasce, si consolida e per alcuni determina una crescita "aziendale" quando la linea culturale lungo la quale si sviluppa il progetto riesce  ad essere comunicata, a giungere ai lettori. Faccio questa riflessione perché è evidente che alcuni della "nostra" editoria mi pare che stiano smarrendo  quella "retta via" che è l'unica, come dimostra la storia dell'editoria nel mondo, attraverso la quale si può crescere. In questo florilegio di mostre - fiere del libro lungo la Penisola vedo che in molti, troppi, si sentono bancarellai, che si trasformano in venditori di libri per strade, piazze o edifici storici. Io penso che ognuno debba esercitare la propria professione e non credo affatto che la professione dell'editore sia quella di essere un venditore ambulante (con rispetto, naturalmente, di chi fa di mestiere il venditore ambulante). Comprendo, cari colleghi che eventualmente leggete questa riflessione, che la vita è dura, che è complesso fare quadrare i conti in una realtà italiana in cui esistono più "scrittori" che lettori, che nel nostro settore se raggiungi il pareggio è già un grande risultato. Comprendo bene tante cose ma sono certo che mettersi a fare i venditori ambulanti non risolva problemi immediati e meno che mai futuri. Non svilitevi, colleghi miei, continuate a volare alto come fanno i grandi progetti culturali che sono alla base dei libri che andate pubblicando. Riscoprite l'orgoglio di essere Editori. E questo, rammentate, se da una parte vuol dire fare gli imprenditori "rischiando" del proprio per realizzare un progetto (non è Editore chi naviga nella "marmellata" delle pubblicazioni pagate dagli autori), dall'altra significa non avere alcun complesso d'inferiorità nei confronti di un mondo editoriale e culturale dominato da  grossi gruppi editoriali. Altro che complesso d'inferiorità! Di superiorità, semmai! Noi, i veri editori fra noi, siamo gli unici che conducono permanentemente una seria ricerca culturale, siamo noi, soltanto noi, che ascoltiamo le nuove voci che nascono dalla narrativa, alla poesia, alla saggistica... Dobbiamo avere l'orgoglio e la consapevolezza di questo e anche la certezza che se vogliamo conquistare un solido, fedele pubblico di lettori dobbiamo scendere fra la gente e innanzitutto spiegare, raccontare, far amare quanto stiamo facendo.
Conversiamone su The Web Park Speaker's Corner  (12 settembre 2006)
 

INVIDIA... Io, sinceramente, non l'ho mai provata nè la provo per nessuno. Anzi se trovo che altri compiono qualcosa che mi pare egregio sono sinceramente lieto per loro come lo sono per tutti coloro i quali, con passione, dedizione, abnegazione coniugate con una felice creatività, riescono a raggiungere i risultati che si sono prefissati. Appartengo alla generazione di chi ha creduto e crede che ogni giorno vi sia qualcosa di buono e di nuovo da imparare da tutto e da tutti, appartengo a quella stessa generazione che si muove nel mondo senza complessi d'inferiorità o di superiorità e che sinceramente gioisce quando gli allievi superano i cosiddetti maestri. Anzi, nel mio piccolo sono davvero generoso nel trasmettere ai più giovani quanto ho appreso dalla professione e dalla vita. E il regalo più bello per me è vedere "crescere" chi mi è intorno e sono ancora pi&uGrave; felice se posso aver contribuito in parte alla sua crescita. Questo, signori miei, è il dono che mi ha dato la mia generazione in cui maestri come Guido Piovene, Guglielmo Zucconi, Giulio Nascimbeni, Franco Nasi, Antonio Terzi erano davvero lieti se il "cucciolo" Simonelli "cresceva", raggiungeva buoni risultati... No, nessuna invidia e nessun timore di essere "detronizzati". Loro avevano raggiunto il vertice per meriti professionali, non avevano l'angoscia di chi tronfiamente siede su una poltrona meritata per partito, per corrente, per raccomandazioni... Rammento questo anche per qualche collega nel mondo dell'editoria oltre che nel giornalismo (mi capirà chi deve capire...) sul cui volto vedo comparire segnali di ingiustificata invidia se non di isterico livore su quanto vado facendo o dicendo. Nessun timore: è l'ultimo dei miei pensieri fare le scarpe a qualcuno. Però è il primo dei miei pensieri fare uno sberleffo volgendo il mio sguardo verso orizzonti certamente migliori a chi confonde la mia disponibilità e generosità nel dire e nel fare con quella di un ingenuo sperperatore delle proprie conoscenze e della propria creatività. Vedete, carissimi (e chi deve capire capisca...) i furbetti lasciamoli nel quartierino e anche le sciocche invidiuzze perché forse, talvolta, dico qualcosa di una certa intelligenza. Detesto chi afferma di lavorare per una comunità e poi lavora innanzitutto per se stesso, detesto chi roso da una endemica invidia mi guarda come un mitomane se cito fatti, personaggi, situazioni che fanno parte della mia storia culturale, intellettuale, professionale e imprenditoriale. Spiacente per voi, così sono se vi pare (leggere la mia biografia cliccando qui) e non c'è da impallidire, rodersi il fegato se ho avuto ed ho l'amicizia di personaggi per voi irraggiungibili. La mia storia è questa e a me piace volare alto, cercare di fare e realizzare cose che volino alto. Soltanto per queste vale la pena di combattere e sacrificarsi. Il resto è robetta e la robetta non mi interessa... Mi sono spiegato?
Conversiamone su The Web Park Speaker's Corner  (11 settembre 2006)

RICOMINCIAMO DAL 7 SETTEMBRE, il giorno del mio compleanno. No, niente auguri, please. Ricominciamo dal 7 settembre perché per me - da 64 anni ben portati alla faccia di chi non vorrebbe - è da questa data che comincia ogni nuovo anno. E cominciamo con un riflessione tra l'esistenziale e il professionale. Pensate, ne avevo 54 di anni quando ho avviato questa impresa editoriale nell'attesa che qualche grosso gruppo volesse utilizzare la mia professionalità di Direttore Editoriale di consolidata esperienza in grossi gruppi editoriali... Son trascorsi 10 anni, sono sempre qui che attendo... ma non sono rimasto di certo immobile. Anzi, sono stato sempre un passo avanti degli altri e nonostante questo, forse chissà proprio per questo (si sa, chi ha la vista più lunga, diciamocelo sinceramente, rompe le "balle" in Italia: in altre realtà, di altri Paesi, che antepongono la professionalità al partito o alla corporazione, le cose vanno molto diversamente e sto seriamente meditando di chiedere altrove "asilo professionale e culturale") la "grossa" società editoriale italiana mi ha emarginato. Sì, ma che cavolo vuole questo Simonelli - si è chiesto in questi dieci anni più d'uno dei cosiddetti "addetti ai lavori" - che si permette anche di fare lo scrittore di thriller? "Il Ken Follett italiano" ?! E' sbalordito qualcuno quando così sono stato definito per i miei due titoli Cento miliardi di dollari e I Sette Occhi della Vita che hanno venduto alcune decine di migliaia di copie per il piacere della Newton Compton (ora, se volete, li trovare in eBook su eBooksItalia). In altre realtà, visto il felice esordio con un successo di vendita niente affatto marginale, sarebbe stato naturale che la stessa o altre case editrici mi stimolassero, mi incalzassero ad andare avanti di nuovo thriller in nuovo thriller. Invece, no, il silenzio... da parte delle cosiddette "grosse" case editrici. Si sa, il silenzio è la grande arma, quella più letale, nel mondo letterario ed editoriale. Ma se loro stanno zitti, io no... Il silenzio però  non da parte dei lettori. Ne ho uno stuolo, modestia a parte, che periodicamente mi chiedono: a quando il prossimo thriller? Per il conforto di questi ultimi e lo sconforto dell'editoria che crede di aver messo a tacere con il silenzio il "Ken Follett italiano" ecco la notizia: il 7 settembre dell'anno prossimo, a 65 anni, festeggerò con l'uscita del terzo mio thriller a cui ne seguiranno molti altri... E chi mi conosce lo sa: quando io faccio una promessa la mantengo. Rassegnatevi, gentili colleghi che al riparo di grossi gruppi editoriali e grossi stipendi, senza rischiare mai nulla, tirate avanti senza inventare, creare mai niente. Rassegnatevi all'idea che io sono giunto all'editoria dopo una articolata esperienza a tutto tondo. Rassegnatevi che, prima di essere editore, sia e sia stato critico letterario davvero indipendente e che nel 1977, pensate, firmando con nome e cognome, senza nascondermi dietro pseudonimi alla Mamurio Lancillotto, tracciavo un ritratto dei protagonisti della narrativa italiana del Novecento e dei loro libri nel volume Un romanzo nel cestino (che i più curiosi possono trovare in eBooksItalia in "anastatica digitale") che se riletto oggi... Rassegnatevi che sono sempre io quel Simonelli che ha curato la scoperta e lo studio dei Saggi inediti di Guido Piovene (in due volumi per Mondadori negli anni Ottanta), che ha scoperto un importante carteggio di Dino Buzzati poi pubblicato, sempre a mia cura da De Agostini (negli anni Settanta) nel volume "Lettere a Brambilla". Già, sempre io sono quello che negli anni Settanta scoprì e pubblicò sulle pagine della Domenica del Corriere importanti inediti di Giovannino Guareschi, Pier Paolo Pasolini, Diego Valeri... Chi si loda s'imbroda... dice un proverbio ma di fronte al silenzio "tombale" di troppi sul sottoscritto e il gran parlare di personaggio che hanno soltanto il merito di essere amici di partito, di corporazione o di congregazione...io continuo. Internet, le cosiddette nuove tecnologie... Io c'ero online nel 1995 quando per primo in Italia misi online il catalogo di due case editrici - Rusconi Libri ed Idealibri - che allora dirigevo e che non avevano certo nulla a che spartire con quelle che oggi portano lo stesso nome. Io, da allora ad oggi, ho creato davvero così tanto online che in una altro mondo - quello dei professionisti non degli improvvisatori - sarei considerato un punto di riferimento, una sorta di opinion leader su tutto quanto riguarda la Rete. Macché, silenzio. Opinion leader su questo argomento sono quelli che hanno persino una certa difficoltà a scaricare delle e-mail... Ma io ci sono, vado avanti, continuo ad attendere che il resto del grosso mondo editoriale abbia il coraggio di riconoscere la mia professionalità e la mia indipendenza (è forse questa che fa paura?). Eccome se vado avanti. Simonelli Editore cresce, pian pianino. I lettori, oltre ai libri, stanno scoprendo i libri elettronici e gli Ex Libris su un'altra mia creatura che è eBooksItalia. Mentre attendo, ecco che trionfa online Dialettando.com diventato punto di riferimento per chi ama tutte le altre nostre lingue. Certo che vado avanti, che  continuerò ad andare avanti, a testa bassa attendendo sempre che i "grossi" riconoscano i miei meriti, la mia professionalità. Attendo, vado avanti e cresco... Scusate se questa volta ho fatto lo "sborone", direbbe uno dei simpatici comici di Zelig, ma tutti i mezzi sono leciti per combattere la congiura del silenzio, della meschinità e, per certuni, dell'ingratitudine. Sì, perché per me è naturale, oserei dire quasi istintivo, fare del bene a chi credo che abbia talento mentre per questi ultimi , per troppi di questi ultimi, è altrettanto facile dimenticare...
Conversiamone su The Web Park Speaker's Corner  (7settembre 2006)

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Luciano Simonelli

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