*UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO*
29 ottobre
- Grazie alla mia convinta testimonianza, (già che ero lì), Alfredo se l'è cavata con una severarum reprimenda e con la diffida a non bere più qualsiasi tipo di bevanda alcolica. Abbiamo entrambi dormito in una specie di camera di sicurezza. Stamattina, sul tardi, ci hanno consegnato il decreto del giudice (in busta rigorosamente chiusa) nel quale si legge, tra l'altro che io sono stato nominato tutore di Alfredo e avrò l'obbligo, oltre che di ospitarlo nel mio alloggio, di tenerlo sotto stretto controllo affinché non si ubriachi più. Poi dicono di far un piacere agli amici. Ci mancava solo questa.
- Non ho molto tempo per rammaricarmi, perché in meno di un quarto d'ora ci ritroviamo a casa mia. Non so descrivere quel che ho provato quando tutti, Kramer, la Gervidi, Evaristo, Zivago, Sabino sono venuti a trovarmi. Zivago adesso abita in un alloggio tutto suo, ma si è offerto di aiutarmi a risistemare il mio per far posto al nuovo ospite. Alfredo solidarizza subito con Evaristo. Kramer, balbettando più del solito, mi dice in un quarto d'ora, poverino che gli dispiace che io non sia riuscito ad evadere. Sabino m'informa che il cibo è migliorato e che nelle cucine si sono dati una calmata: qui non hanno prelevato più nessuno. Mi sussurra timidamente che ha sofferto per la mia assenza. Sono quasi commosso.
- La vedova, mi stringe entrambe le mani e, conscia delle mie sofferenze, mi domanda come proceda la storia con Deianira. Le racconto gli ultimi sviluppi. Ormai la privacy è un sogno, tanto vale aprirsi. Diventa triste e poi mi parla a voce bassa del mio desiderio di soffrire, del mio crogiolarmi in un dolore inutile. «Aspetta gli eventi, Ben, è l'unica cosa che possiamo fare qui. Tutto il resto serve solo a star male». La ringrazio e rifletto sul fatto che ha ragione.
- Evaristo non sta nella pelle per aver trovato un amico che definisce comodo come una pantofola usata. Alfredo sembra felice per il complimento. Poi, senza frapporre ulteriori indugi, il cuoco del Quo Vadis viene al sodo: «E, dimm'en po: nun avrai mica rinunciato a scappà?»
Gli spiego che la mia è stata una rinuncia forzata. Il piano era buono, ma il Labirinto è troppo vasto, troppo complicato per uno come me, che confonde perfino i riferimenti dei punti cardinali. E poi, concludo, qui mica sono disponibili delle planimetrie.
Alfredo s'intromette e racconta del tentativo di sfottere il tabaccaio del lato aperto. Ridiamo ma il sogno d'una planimetria si concretizza: Tiro fuori i miei vecchi schizzi e li mostro loro con orgoglio. Poi, insieme, ricordando a ritroso e litigando spesso, io ed Alfredo cerchiamo di completare, per quanto possibile, quelle mappe, dal Palazzo di giustizia al lato aperto. I punti di riferimento sono pochissimi e confusi, tanto che Evaristo, con la sua naturale ironia, sentenzia: «Nun te disperà, è ggià quarche cosa! Te mancano tanti riferimenti? A 'tte? Penza: a sto' momento cce nhai ppiù tu che er Prode!»
Ahi! Se dovessimo scivolare nella politica, ho paura che Alfredo s'imbarchi in qualche discussione di quelle che non sopporto. Perciò non raccolgo l'invito e gli chiedo, invece: « Chi comanda, adesso, in cucina?»
Ride, prima di rispondere: «Nun ce crederai, ma in cucina oggi comando io».
Inorridito, m'allontano da lui. «Sta' bbono, nun te riscardà! Penza ch'ho convinto Sua Bovinità a ricordasse che essendo mezzo bove, appunto: che deve da esercità er rumine! Ha da magnà erba, ogni tanto, sinò che mezzo toro è? Quanno che je l'ho detto je sbrilluccicavano locchi ppe la gioia. Nun hai visto quanto fieno c'è fora dar palazzo reale? Di 'cche sfamà tre mandrie de vacche per tre anni! Così li cochi so iti in ferie e io nun faccio antro che rimescolà l'erba ne la mangiatoia».
Tace sul fatto, che, in questa maniera, almeno per un po', tutti noi saremo al sicuro da brutte sorprese. Alfredo si alza e gli stringe la mano dicendo: Geniale!».
Non mi resta che fargli da eco.
[Continua]