*UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO*
17 ottobre
- Non mi va di star solo di sabato. Al diavolo i pensieri, le nostalgie, le paure. Uscirò, cercherò gli altri, vedrò di farmi due risate. Non posso continuare con quest'angoscia che mi opprime il cuore come un macigno. Due settimane, che saranno mai... La verità è che sono un tempo infinito, due settimane, per chi, come me, conta i secondi di cui sono costituite.
- Nel corridoio ferve una strana attività: Kramer, Sabino ed Evaristo stanno riordinando. C'è un polverone in strada che sembra sia passato un ciclone. Agitano ramazze di saggina e ripuliscono ogni angolo. Anche altri, naturalmente, sono affaccendati nello stesso modo. Zivago mi indica una carriola e un badile e mi invita a lavorare con loro. In tre ore ripuliamo alla perfezione i cinquecento metri lineari di corridoio che, qui, tutti chiamano il Lato Ovest. Verso mezzogiorno, la catasta di detriti accumulata vicino al muro è impressionante. Come rispondendo ad una preghiera, appare il camion della spazzatura. Con un ultimo sforzo carichiamo quell'enorme cumulo. Mentre sono intento a sbadilare, un'idea m'attraversa il cervello, tanto ardita da mettermi in ansia: potrei saltare nel camion ed evadere. Non ci sono guardie e, con un po' d'impegno potrei eludere la sorveglianza dell'autista. Zivago deve aver intuito le mie intenzioni, perchè, con la scusa di accendere un sigaro, distrae l'operatore ecologico. In quel momento salto sulla sponda del camion e mi tuffo nei detriti. Sia Evaristo che Kramer mi hanno visto e, per evitar sorprese, mi seppelliscono sotto una tonnellata di scarti di verdure e cartacce. Il camion, quando Dio vuole riparte.
- Il fetore mi dà la nausea. Tiro su la testa e sbircio fuori, anche per orientarmi: siamo nel lato sud. Lo deduco dal muschio che ricopre le pareti visibili e dalla pochissima luce. Una sosta e altra spazzatura mi piove addosso. Poi il mezzo riparte senza più fermarsi, ed arriva in un luogo letteralmente inondato di luci e di voci.
- Il clamore è assordante e il sole, che rivedo dopo più di un anno, mi abbacina. Mi rendo conto che non siamo ancora fuori dal Labirinto, anche se siamo all'aperto. Qui le gallerie, i corridoi angusti lasciano il posto a giardini pieni di siepi e a mura in mattoni, ma il dedalo appare comunque inestricabile. È una zona nella quale non sono mai stato e tra me decido che deve trattarsi del Lato Est.
- Da un momento all'altro saremo al cancello. Questa speranza, man mano che la luce aumenta, si fa certezza. Incomincio a fare progetti. Dovrò recuperare dei soldi. Il passaporto sarà scaduto? Non ho idea sul come farò a raggiungere Boston. Mentre rifletto alacremente sull'aiuto che potrà darmi un'agenzia di viaggio, mi rendo conto che il paesaggio sta di nuovo cambiando. Una specie di nebbia offusca la luce che torna ad esser via via più tenue fino ad annullarsi. Siamo di nuovo al chiuso. In queste gallerie non vi sono feritoie. Il buio è completo per un lungo tratto poi arriviamo in una zona illuminata da migliaia di falò. Non all'esterno, dunque, ma all'immondezzaio del Labirinto mi ha portato questo maledetto camion. Una specie di mitica Geenna ammorbata da vapori e fumi di tutti i colori e da fiamme infernali. Sento azionare il pistone del ribaltabile e salto giù, appena in tempo, per non finire nel focolaio. Tentare di ritornare col camion, a questo punto è impossibile. E, poi, mi dico non è certo che ripercorrerà la stessa strada. Tanto vale far buon viso a cattiva sorte. Qualcosa escogiterò.
[Continua]