*UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO*
9 ottobre
- Zivago è fantastico. In attesa di prendere possesso della cella di Filiberto che gli è stata assegnata, sta da me. Non può trasferirsi subito là, perchè la stanza è sotto sequestro per via delle indagini. Senza far il minimo rumore ha rimesso in ordine tutto il mio alloggio. Svegliandomi, ho creduto, per un attimo, d'essere da un'altra parte: i pochi oggetti che mi appartengono sono disposti in perfetta simmetria sul comò, il pavimento è sgombro, il suo materasso è arrotolato contro il muro, in modo da occupare il minimo spazio possibile. Senza parlare, s'avvicina e mi porge un mezzo bicchiere di caffè. Quando decido di rivestirmi il mio stupore è al massimo. Il mio lercio pantalone è stato spazzolato e stirato, la maglia rammendata e le scarpe addirittura lucidate. Evidentemente non ha dormito, stanotte. Lo ringrazio e gli dico che poteva risparmiarsi la fatica, che non era necessario. Lui mi guarda come se non avesse capito e senza dire una sola parola esce per andare a radersi.
- Come spesso ama ripetere Evaristo: spes omnis pendet ex fortuna. La mia speranza di rivedere Deianira è appesa proprio alla fortuna. Dove sarà? Quali conseguenze avrà subìto dopo l'arresto di Maurice e l'espulsione di Ggenio? Nessuno dei miei amici, nemmeno lo stesso Evaristo che ha vissuto l'episodio in prima persona, sa darmi la minima informazione al riguardo. Non resta che aspettare, come al solito, ma ho un cattivo presentimento: anche questa notte ho sognato il Centauro, la camicia sporca di sangue e Deianira tra le sue braccia. Mi angustia il ricordo dell'espressione di Deianira, che non era di terrore, come nell'incubo dell'altra notte, ma di evidente godimento.
- La discussione sul ruolo dei comunisti nella crisi del governo italiano si fa animata. Èappena giunta l'eco della disfatta del Prode. Tutto è cominciato con una allusione del Capo delle Guardie che stasera, ridendo, ha detto ad Evaristo:
« ... E così, oggi, per un punto, Martin perse la cappa!»
Dopo un lungo conciliabolo tra i due, il nostro amico ci raggiunge accanto al fuoco e ci aggiorna sulla situazione. Sabino commenta l'assenza determinante della signora Casiraghi:
«Chilla, a signora, sta' 'ncinta, nun o poteva fa, lu viagge!».
«Ma come!» s'indigna la Gerbidi, «e allora quella ch'è andata a votare con la tenda ad ossigeno? Il fatto è che ha voluto consolidaree il suo record di assenze, quella lì...».
È Evaristo, che, esprimendosi in italiano, riporta la discussione sui binari della riflessione politica:
«Immagino che stasera Cossutta addosserà a Bertinotti tutti i guai del prossimo millennio, mentre il Fausto esulterà con Fini per il risultato raggiunto! Non mi vorrei trovare fuori domani mentre i comunisti e i missini festeggerano assieme la vittoria! Mi sembrerebbe d'assistere alla danza dei Maccabbei...».
Con mio grande stupore interviene Zivago. Mi rendo conto che è la prima volta che lo sento parlare. Il forte raffreddore, e il suo strano accento, rendono ancora più sibilline le sue parole:
«E scì, belìn: dei vôte a merda a pigia gianei , a volde la merda ha i vermi!».
Però! È lapidario l'amico!
[Continua]