*UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO*
8 ottobre
- È chiaro che la mia riacquistata libertà è merito di Evaristo. Lo cercherò appena uscirò di casa per ringraziarlo adeguatamente. Intanto, mi occupo del mio sfortunato ospite, che ormai per me è il "dottor Zivago", anche se è totalmente diverso da quel personaggio. È raffreddato da far pena. Preparo per lui una pentola di fumenti con vecchie foglie d'eucalipto, sperando possa giovargli.
- Nei servizi igienici incontro Sabino. Ci abbracciamo in silenzio. Mi torna vicino mentre sto radendomi e sussurra : «O reverendo è sc'tate veramente 'na lenza. Ha chiamate l'Iggiene giuste a tiempe, sinno mo' erate carne per purpittielle».
So di fargli piacere rispondendogli nella sua lingua: «O sacce, Sabbì, o sacce. Lo so. Dov'è? L'hai visto?» Sempre a bassa voce m'informa che Evaristo è in tribunale per testimoniare.
- Uno ad uno, incontro tutti gli amici del Labirinto. Siamo felici di poter stare ancora insieme. La vedova Gerbidi mi racconta della fuga di Filiberto e Melania e mi porge un pacchetto. Lo scarto e vi trovo un libro di Piero Bianucci:
Nati dalle Stelle. Sul risguardo una dedica: " ti consoli il fatto che ciascuno di noi non vale più di quindicimila lire, al mercato corrente dei prodotti chimici. La nostra perdita, dunque, non è che poca cosa. Nei momenti di stress procurati del litio e, soprattutto, cercati un paio d'ali per evadere. In bocca al lupo, Filiberto"; più in basso, con grafia stranamente puntuta: "Che tu e D. possiate essere felici come noi lo siamo adesso. Melania". Perbacco, sto piangendo.
La novità più eclatante, però, è quella che mi comunica l'ex cuoco del Quo Vadis, ora consulente della Reale Mensa, di ritorno dal Tribunale. L'ambiente, gli avvocati, il rito devono averlo eccitato in maniera spropositata, giacché declama esprimendosi in latino interminabili sentenze. Poi si calma e m'informa della condanna a sei mesi del Team di Maurice e dell'espulsione di Ggenio dal Labirinto. Su quest'ultimo fatto si spiega meglio: «T'avevo detto che cce stava n'inciucio... Er Ggenio e Maurice staveno a preparà er giochetto cco i quizze e a lotteria. L'ha fregato a Finanza e l'Ufficio der Lavoro. Cco a scusa de preparasse pe 'e quizze e guardie se grattaveno la panza tutt'er santo ggiorno...»
Gli chiedo se sa qualcosa di Deianira. Non ottengo nessuna risposta, perchè mi pianta in asso con la solita delicatezza. Mi rammarico per non averlo adeguatamente ringraziato. Rimedierò.
Accanto al fuoco si discute sugli echi di cronaca. Qualcuno afferma che l'Italia, negli ultimi tempi, è l'unico paese al mondo che ha un governo che va agonia per l'azione dei comunisti e che risorge, subito dopo, anzi evita di morire, per l'azione dei comunisti. Evidentemente c'è qualcosa che non va secondo logica, oppure l'informazione che abbiamo è distorta. Altri affermano che la povera ragazza morta alla Sapienza dev'essersi suicidata, poichè ogni altra spiegazione pare che non regga. Sabino, sentendo che a Sarno è ancora una volta preallarme per il fango, sbarra gli occhi, bestemmia e dice : «Ma cche ss'ha da portà via, sto fanghe? Nun c'è rimaste niente! Manche l'anema de li muorti e ll'ata vota! »
A tirarci su il morale arriva Evaristo. Ci intrattiene sulle novità del processo Andreotti (ormai lui di processi è diventato uno specialista). «A sta a sentì li pentiti, er Sor Giulio è responsabbile puro de la morte de Guglielmo Tell, de Biancaneve e di tutte e sette li cirifischi, meno er nano cor quale, secunnum loro se sbaciucchiava ar matrimonio der figlio der Corzaro Nero. Pover'Italia! Dice: cc'è a libbertà. Sì, quella d'aricontà frescacce per nun pagà er dazio! Sapete sì cche vve dico? Sopra er bbianco d'a banniera se dovrebbe da scrive un motto: IN VITIUM LIBERTAS EXCEDIT! E saressimo tutti serviti!»
Stavolta il latino l'abbiamo capito senza che la signora Gerbidi, o Evaristo stesso, si peritassero di tradurcelo.
[Continua]