*UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO*
5 ottobre
- Ieri sera mi hanno ricondotto nella cella di tufo. Ho dormito malissimo, malgrado la spossatezza che l'ora d'amore con Deianira mi ha regalato. Mi sono domandato, per tutta la notte, cosa trova in me quella donna meravigliosa. La domanda mi ha angustiato, essenzialmente, per il fatto che non sono stato capace di trovare una risposta decente.
- Dalla strada giungono i primi clamori d'un lunedì nebbioso. Un netturbino è appoggiato al muro e parla col vigile che un momento prima lo aveva rimproverato perchè inoperoso. La conversazione procede per oltre un quarto d'ora; l'argomento non è più il lavoro bensì i risultati delle partite di calcio (non riesco ad afferrarne nemmeno uno). Poi, il vigile cambia ancora registro e dice allo spazzino di un nuovo grande attore. Spero d'aver capito male, ma si tratterebbe di quel Tomba che non scierà più. Lo spazzino, prima d'allontanarsi ironizza sulla pioggia di milioni che, sabato sera, ha distribuito Raffaella Carrà. È questo, mi par di capire, il motivo per cui Bertinotti ha pronunciato il "doppio no" di cui parlano, più tardi, altri due passanti.
- La noia e la stanchezza prevalgono e m'assopisco. Ho gli incubi: sogno di un Centauro che reca fra le braccia una camicia sporca di sangue sulla quale è adagiata Deianira nuda. Mi par d'udire il galoppo degli zoccoli e di vedere la faccia di quel mostro: ha le sembianze di Ggenio. Il rumore degli zoccoli mi sveglia. È, in realtà, quello di un martello pneumatico che sta facendo a pezzi alcune delle piastrelle del soprastante marciapiede esterno. Dalla bocca di lupo filtra un'aria polverosa e secca.
- Per pranzo ricevo una tazza di the, due grissini rancidi che scaravento nel bugliolo, e la razione d'acqua minerale, di quelle che stimolano la diuresi. Addento la seconda barretta energetica e benedico la previdenza della mia amante.
- Non devo poltrire. O col corpo o col cervello è bene che stia in esercizio. Data la stanchezza, opto per il secondo e mi concentro per riportare alla memoria versi che mi piacevano, o frasi celebri, cercando di associarli con l'autore. Il gioco m'intriga e il tempo vola. Poi m'impunto sconfitto: non ricordo più chi ha scritto: «La poesia non cerca seguaci, cerca amanti». La frase è sicuramente giusta, la ricordo bene. Ma chi la pronunciò? Ipotizzo che sia stato Vincenzo Cardarelli o Italo Calvino. No, mi sbaglio. Forse fu Neruda. Mi lambicco il cervello senza arrivare a niente.
Si apre la porta: «Va' a vuotare il bugliolo!» m'intima il carceriere.
Mentre mi scorta fino alla fossa biologica lo sfido: «Saresti in grado di dirmi chi ha scritto " La poesia non cerca seguaci, cerca amanti " ?»
L'uomo mi guarda con una strana luce negli occhi. Poi mi stupisce davvero rispondendo sicuro: «Quella frase è di Federico Garcia Lorca ».
Garcia Lorca! È vero, accidenti. Mi complimento con lui. Non avrei mai detto avesse tali cognizioni. Con aria condiscentente mi confida che sta preparandosi per partecipare a un gioco a quiz che presto si terrà da Ggenio. «La mia materia sarà "le citazioni" » annuncia, mentre mi richiude in cella.
- Garcia Lorca. Sapevo, delle sue, una bella poesia d'amore. Devo ricordarmela, la trascriverò per Deianira. Solo i primi versi mi tornano alla mente: «Mi corazón oprimido siente junto a la alborada el dolor de sus amores y el sueño de las distancias... ». Ne ricordo il titolo, ALBA, e il libro su cui la lessi, imparandola, tanti anni fa, una consunta copia del LIBRO DE POEMAS che mi fu regalata da un mio amico peruviano il cui nome era Francisco Galvez Sandoval. Ma gli altri versi non li ricordo più, né saprei dire quale fine abbiano fatto quel libro e quel mio amico che, al tempo di Belaunde, simpatizzava per Sendero Luminoso.
[Continua]