*UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO* *UN GRANDE RITORNO*

Dal Labirinto  di Benito Ciarlo 

11 settembre

Qui la tristezza non dura a lungo. Aggrovigliati su noi stessi, come siamo, anche della morte ce ne accorgiamo appena. Il povero J.T. e  'Ucio Battisti  sono già dimenticati o quasi.

Filiberto e Kramer hanno ricominciato a dare i numeri alla grande.

Il primo, ormai innamoratissimo dell'ospite bruttina che s'interpose l'altro giorno tra lui e il capo delle guardie, fa sfoggio della sua enorme erudizione letteraria e, per impressionare la ragazza, cita a memoria Baudelaire e Pasolini. Si limitasse a mormorare, poco male: il fatto è che declama, con voce stentorea colma di accento di Mancolicani, suscitando sberleffi, pernacchie ed altre simili amenità ogni volta che riprende fiato.

Kramer, invece, ha trovato, nei viveri lasciati, stamattina presto, dalla Croce Rossa Internazionale, sei uova avvolte in una pagina di giornale. S'è messo a leggerla e, avendo notato un accenno di difesa dell'estensore dell'articolo al Capo del Governo, s'è infervorato a sua volta e s'è messo a fare una specie di comizio pro-Prodi, in contemporanea al pezzo di bravura di Filiberto, dividendo il pubblico.. In queste condizioni d'agitazione ne è venuta fuori una macchietta alla fratelli De Rege. Vi lascio immaginare quanti decibell abbia raggiunto il livello di rumorosità in questo ambiente così angusto.

Quando ho visto passare di corsa due chierici vaganti, a stento ho frenato il desiderio di unirmi al loro inutile pellegrinare. Per fortuna, l'arrivo del pulmino dell'Ariannatours, che scarica una ventina di persone nello spiazzo oltre i servizi igienici, placa ogni clamore. Tutti si fanno attenti. L'Ariannatours porta qui periodicamente dei turisti . Talvolta, qualcuno di loro, affascinato dalle circonvoluzioni di questi tetri corridoi ed ignaro di ciò che potrebbe aspettarlo, decide di fermarsi tra noi. Altri, presi dalla voglia di capire, cercano di dialogare con i reclusi. Accade anche questa volta.

Un distinto signore con barba e capelli candidi, che mi pare somigli ad un mostro sacro del giornalismo italiano, dopo alcuni convenevoli mi snocciola, sostenendola, una teoria sui giovani d'oggi che definisce "generazione invisibile". Rincara la dose affermando che si tratta di una "generazione rassegnata" figlia della generazione hippy e rivoluzionaria dei sessantottini. Insomma i figli dei figli dei fiori. Di quelli, cioè, che predicavano fate l'amore e non fate la guerra, mettete dei fiori nei vostri cannoni  e, in qualche altro caso, ahimè!: lo Stato borghese non si cambia ma si abbatte. Poi, come per saggiare le mie residue capacità intellettive mi domanda:

«Come saranno, secondo lei, i figli dei figli dei figli dei fiori?»

Decido di comportarmi come il mio amico Bartolomeo, e cioè di rispondere ad una domanda con un'altra domanda:

«Perché, davvero lei pensa che vi sarà una generazione di figli dei figli dei figli dei fiori?»

Vedo che ha capito, perché senza più emettere un fiato, s'avvicina alla parete di tufo e, utilizzando la sua mont-blanc a mo' di scalpello, comincia a scavarsi una grotta.

(Continua)