Gli Italiani hanno un Pulpito nel loro Dna
L’argomento merita un saggio approfondito, ma può essere sintetizzato come segue.
Per secoli e secoli è da un pulpito che gli Italiani si sono sentiti dire cosa dovevano fare. In una società, come tutte quelle del passato, permeata di autoritarismi con un’altissima percentuale di analfabeti non era nei libri che si apprendeva cosa fare o come comportarsi, ma recandosi in chiesa. E chi, in chiesa, parlava dal pulpito diceva sempre cosa bisognava fare, sostenendo che era in quello che essi dicevano che stava la legge, la verità. Il volgo doveva ascoltare, adeguarsi.
Il pulpito era l’autorità suprema, indiscutibile. E chi, anche venendo da modestissime origini, aveva acquisito titolo per salire su un pulpito, si sentiva subito dall’altra parte, tra gli eletti depositari di verità da inculcare all’incolto gregge.
La nostra società è tuttora permeata di “pulpitismo”. Coloro che si sentono su un pulpito perché scrivono sui giornali o rivestono cariche politiche si ritengono investiti del ruolo di far piovere sui cittadini diluvi di parole su cosa bisogna fare per risolvere questo o quel problema del paese, ma senza proporre in dettaglio, salvo rare eccezioni, come farlo. Da decenni, politici, commentatori autorevoli, professoroni e gazzettieri vari ci dicono sempre le stesse cose sul Mezzogiorno, sulla assillante burocrazia, sulla corruzione, sulla ricerca, sulla piccola e media industria, sulla riforma della scuola, sulla legge elettorale e via dicendo, con raramente un piccolo suggerimento concreto, operativo.
Ma se ai politici veterani delle poltrone, mediamente non brillanti per comportamenti e cervello, si potrebbe contestare “perché non l’avete fatto visto che avevate il potere per farlo”, ai direttori di giornali, che sono un pochino meglio, si potrebbe chiedere un qualche filtro a tale logorrea declamatoria, una maggiore concretezza, meno parole e più pratica.
Anche nello stesso numero, per esempio di un giornale economico, vi è spesso una pletora di articoli che dicono, più o meno, la stessa cosa senza mai proporre una novità od un piccolo alcunché di esecutivo. Giornalisti, economisti più o meno illustri, politologi, commentatori vari si esibiscono in esortazioni a quanto si dovrebbe fare, spesso usando mille parole quando ne basterebbero cento.
Se i direttori di giornale mettessero un filtro a tale entusiasmo declamatorio se ne avvantaggerebbe, tra l’altro, anche il bilancio del giornale, spesso non entusiasmante, perché ci sarebbero meno collaboratori da pagare.
In nessun giornale di altre democrazie vi è un tale bombardamento su cosa si deve fare. Forse perché nella maggioranza degli altri paesi anche la religione ha insegnato ai cittadini a ragionare, mentre a noi ci è stato sempre detto, per secoli, che bisognava ascoltare, ubbidire e, su certi argomenti, non avere l’arroganza di far funzionare il cervello.
Ettore Falconieri
twitter@ettorefalconier
Inserisci i tuoi commenti su - The Web Park Speaker's Corner su facebook
|
|