L’argomento “patrimonio artistico” è ora di moda e sul tanto che ci sarebbe da fare prevalgono la logorrea, il pianto e le solite litanie di soloni abili nello sproloquiare ma disabili nel proporre anche una sola, piccola soluzione concreta. Il Sole 24 Ore ha anche lanciato il Manifesto per la Cultura al quale hanno aderito, festosi, in tanti, ma pare che la montagna non riuscirà a partorire neppure un topolino, malgrado un convegno a Roma durante il quale, con gran chiasso mediatico, hanno parlato in tanti, dal Capo dello Stato in giù, dicendo cose già dette e ridette.
Due proposte concrete, una per avere più soldi disponibili, l’altra per rendere l’apparato che gestisce il patrimonio artistico meno obsoleto. La prima.
In cantine, depositi e magazzini di musei ed enti vari giacciono migliaia e migliaia di opere d’arte che, seppure non capolavori assoluti, hanno una quale valenza artistica. Opere che, nella stragrande maggioranza, il pubblico non vedrà mai.
Una ristretta commissione di esperti, creata e diretta dal ministro dei beni culturali, sceglie le opere che possono essere vendute e che non depauperano il patrimonio artistico nazionale perché rappresentano, tanto per ipotizzare una cifra, lo 0.00000X percento dello stesso. Si crea un pool di prestigiose case d’asta per vendere queste opere, creando un avvenimento che avrà risonanza in tutto il mondo. ll ricavato, che sarà sostanzioso, verrà reinvestito nella gestione e nel mantenimento dei nostri tesori d’arte.
La seconda.
La struttura portante del patrimonio artistico sono le Soprintendenze, organismi obsoleti, nell’organizzazione e nella mentalità di chi vi lavora, che operano anche ingabbiate da leggi e regolamenti d’altri tempi nei quali prevale la teoria più che la pratica. Soprintendenze dirette anche da personaggi di altissima levatura e competenza artistica e mossi da grande passione per il loro lavoro, ma nelle quali prevalgono funzionari con qualche infarinatura artistica lì arrivati dopo un concorso. Personaggi con mediocre competenza organizzativa e manageriale, dalla mentalità burocratica, che svolgono il loro tran tran senza entusiasmi e passione, che si ritengono e si comportano spesso, data l’importanza della loro carica, da caporaletti arroganti, ma con il paraocchi.
Allora si incarichi una prestigiosa società di consulenza internazionale di studiare tutto quanto riguarda le Soprintendenze (leggi, regolamenti, personale, organizzazione, mentalità) e di proporre una riforma delle stesse di taglio più manageriale e produttivo. E vi sia l’impegno politico ad applicare quanto verrà da essa proposto.
Nel mondo artistico nazionale vi sono non pochi personaggi dalla mentalità obsoleta, legati a schemi e comportamenti del passato e privi della flessibilità e del pragmatismo necessari ad accettare e gestire le necessarie soluzioni innovative per quello che è il maggiore patrimonio artistico del mondo. Dovrebbero fare un gesto di umiltà nell’interesse di quel patrimonio che dicono di difendere.