Giornalisti birichini...
Sul sito dell’Ordine dei Giornalisti sono menzionati ben trentasei premi giornalistici nei primi sette mesi di quest’anno, per cui si può dedurre che in tutto l’anno ve ne saranno molti di più. I giornalisti italiani sono la categoria professionale più premiata d’Italia e d’Europa. Ma, forse, più che premiata, si può dire autopremiata, perchè in buona parte dei premi le giurie sono formate prevalentemente da giornalisti. Che si premiano a vicenda. Ora sono giurato e premio te, domani sarai giurato tu e premierai me. E la fausta notizia sarà data, naturalmente con gioioso rilievo, sui giornali dell’uno, dell’altro e, talvolta, di tutti gli altri.
Tali debolezze sono umanamente comprensibili. Mancando da queste parti un prestigioso premio come il Pulitzer, bisogna per forza accontentarsi di quanto passa l’italico convento giornalistico. Anche se alcuni, oltremodo maligni, sostengono che, se pur esistesse un Pulitzer nostrano, non vi sarebbero giornalisti all’altezza di vincerlo nè di essere inclusi nella rosa dei candidati.
Naturalmente, senza averne colpa. Perchè sono stati formati e sono vissuti in un giornalismo provinciale, permaloso se lo si critica ed abbastanza orgoglioso di sè.
E con un complesso di inferiorità perchè cita spesso con ossequio, quasi fossero oracoli assoluti, quanto dicono del Bel Paese e delle sue vicende alcuni prestigiosi giornali stranieri letti in buona parte del mondo.
Il giornalismo nostrano è anche il risultato dei giornali in cui operano. Giornali nelle cui proprietà non vi è nessun editore puro, ma solo padroni , più o meno potenti, che sanno molto bene cosa vogliono da un foglio che è costato spesso molti soldi. Così, chi vi scrive deve praticare, su certi argomenti, l’autocensura compensata, tuttavia, da stipendi che si dice siano molto interessanti. Si dice, perchè leggiamo sui giornali, come è giusto, gli stipendi di quasi tutti, dai grandi mangers agli alti funzionari pubblici, ma mai quelli di coloro che quei giornali dirigono o vi scrivono.
Ed alla soddisfazione di avere lauti stipendi si aggiunge anche una quale impunità. Come quella di poter calunniare e rovinare per sempre la vita di persone oneste con notizie non verificate sbattute in prima pagina, talvolta con la complicità di magistrati. Senza mai ritrattarle con pari rilevanza quando risulta che la persona calunniata ed umiliata nulla aveva a che fare con i sospetti e le accuse sbandierate.
Ed all’impunità si aggiunge tanta superficialità. Come quando, esempio banale tra i tanti, il giorno stesso del grande esodo estivo titoloni annunciano che, a causa della crisi, una X percentuale di Italiani è restata a casa. Boom, come hanno fatta a calcolarla?
E con pari superficialità, o forse pigrizia, continuano a sbandierare in prima pagina ponzosi fondi di politologi, commentatori o professoroni che da anni, salvo cambiare qualche nome o data, rigurgitano in continuazione la stessa logorroica minestra perché poco sanno di quanto succede nel mondo e ragionano sul nostro paese con la logica di ieri e dell’oggi senza avere un minimo di visione per il domani.
Mentre nelle pagine interne non mancano articoli da mille parole quando ne basterebbero cento, articoli senza una logica esplicativa leggendo i quali il lettore si chiede spesso di che cosa diavolo si sta parlando. Perché il desiderio di stupire, di scrivere un articolo ad effetto, di esibire il proprio nozionismo prevale sul dovere di fare informazione oggettiva e sintetica. Per non parlare di paginate su eventi di secondaria importanza che possono titillare la curiosità di alcuni e paginate su notizie del mondo quando quegli stessi giornali, citati come oracoli, si limitano ad un numero decoroso righe anche se l’evento, il fatto riguarda il proprio paese.
E non è raro leggere articoli su eventi o situazioni che prescindono dall’attualità quotidiana pedissequamente copiati da giornali esteri, il più copiato essendo il NYT.
Tutto questo paragiornalismo sarebbe scusabile se aiutasse ad aumentare la tiratura dei giornali, cosa che non pare avvenire.
Se paragonato a quello di altre democrazie occidentali, il nostro giornalismo sta peggio della politica. Politica che il giornalismo stesso ha contribuito ad abbassare a livelli da gallinaio politico mediatico sbandierando litigi, ripicche verbali, insulti, commenti ininteressanti di questo con la risposta di quello, vacue interviste, pistolotti banali anche di chi è al vertice della politica a scapito di una corretta e chiara informazione sull’operato del parlamento.
Con il risultato che non abbiamo più giornali autorevoli, ma mezzi tabloid che non si astengono dal mettere le mutande in prima pagina.
Se come per incanto, venissero rispettate ed applicate nel mondo giornalistico del Bel Paese l’etica e la deontologia professionale di altri giornalismi specie anglosassoni, le redazioni si spopolerebbero.
Ettore Falconieri
twitter@ettorefalconier
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