Italiane, Italiani...
IItaliane, Italiani... (così potrebbe iniziare un discorso, un’esortazione, un messaggio che qualche esponente politico coraggioso dovrebbe sentire il bisogno di indirizzare ai cittadini).
Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, un Italia lacerata dalla guerra appena conclusa e divisa da due schieramenti politici che si combattevano senza esclusione di colpi, con buona parte delle infrastrutture e delle fabbtriche distrutte, con forti contrasti sociali, ha creato in pochi anni il miracolo economico che ci è stato riconosciuto ed elogiato da tutto il mondo occidentale. Perchè tutti erano consapevoli che alla base di ogni sentire ed operare doveva esserci il bisogno di ricostruire, di avere maggiore benessere e più giustizia sociale.
Oggi, come allora, c’è bisogno di un comune sentire per superare i difficili momenti del nostro paese. Momenti difficili che riguardano l’economia, la politica, il funzionamento dello stato, i comportamenti di tutti noi.
C’è un disperato bisogno della solidarietà di tutti per concordare, ed agire di conseguenza, che non si può più andare avanti così. Non è rinviabile un richiamo ai nostri doveri di cittadini e ad una migliore etica collettiva. Nonchè alla consapevolezza che, anche in una democrazia un pocco zoppa come la nostra, il potere è sempre nelle mani dei cittadini.
Abbiamo un’economia nera tra le più alte d’Europa, economia nera di cui siamo quasi tutti, in piccolo o in grande, corresponsabili. Le cronache di ogni giorno ci informano di tante disonestà e furbate, spicciole o criminali. La politica ha perso la stima della stragrande maggioranza dei cittadini. Alcune istituzioni si comportano come corporazioni indipendenti e non per servire il cittadino.
Ed alimentiamo una litigiosità strisciante che ha trasformato il paese in un turbolento condominio.
A chi, se non a tutti i cittadini, spetta il compito di rimediare?
Si discute se vi è un qualcosa che accomuna tutte le Italiane e tutti gli Italiani. Se abbiamo valori comuni, senso di patria o di appartenenza. Ma possiamo limitarci a constatare che, comunque ogni cittadino la pensi sull’argomento, è nel comune interesse, dalle Alpi alla Sicilia, che la nostra situazione migliori. Ed allora, nel comune interesse, agiamo per migliorarla, nei nostri comportamenti quotidiani, nei nostri rapporti con il prossimo e con le istituzioni, nei nostri rapporti con la politica mandando a casa chi non è più degno, qualunque sia il suo colore partitico, di rappresentarci.
Anche la situazione economica è difficile. Ma alla constatazione di dati economici non tranquillizzanti si aggiunge, e non solo in Italia, una libidine pessimista che fa più male della stessa realtà. Non vi è dubbio che la stragrande maggioranza di tutti noi fa con il proprio lavoro quanto possibile per uscire dalla crisi, ma ci vuole anche un poco di ottimismo collettivo, soprattutto da parte di chi ha responsabilità verso lil paese.
In economia, il pessimismo crea pessimismo peggiorando la situazione. Mentre l’ottimismo dà fiducia che il male non si trasformerà in peggio, alimenta l’entusiasmo del fare, esorta a un futuro migliore.
La nostra storia travagliata ci insegna che siamo tendenzialmente ottimisti, perchè abbiamo saputo superare momenti difficili del passato meglio e più in fretta di altri. E l’ora di rimettere in pratica questa nostra capacità, nell’agire dei singoli e di tutta la comunità.
Noi Italiani abbiamo tanti difetti, ma non siamo fessi. Non siamo tanto fessi da darci la zappa sui piedi.
Un futuro migliore è dietro l’angolo. Coraggio e viva l’Italia.
(ma non si vede all’orizzonte un politico capace di dirci quanto precede)
Ettore Falconieri
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