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di Silvano Calzini

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Quando leggere è un piacere e una autentica passione         Milano, 20 giugno 2005
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Norman Mailer:
scrittore di guerra e di vita

Nessuno poteva dormire. All’alba avrebbero calato in mare i mezzi d’assalto, e una prima ondata di truppe, attraverso lo specchio d’acqua, sarebbe sbarcata e avrebbe dato battaglia sulla spiaggia di Anopopei. Sulla nave, in tutto il convoglio si sapeva che, nel giro di poche ore, qualcuno sarebbe morto. Un soldato se ne sta supino nella sua amaca, con gli occhi chiusi, ma è sveglio. Tutt’intorno a sé, simile all’infrangersi della risacca, egli ode il mormorio degli uomini nel loro sonno agitato. ‘Non lo farò, non lo farò!’ grida qualcuno in sogno, e il soldato apre gli occhi, li gira lentamente per la stiva, e il suo sguardo si perde nell’intrico delle amache, dei corpi nudi e die sacchi oscillanti.”

Comincia così, con questa atmosfera di attesa per qualcosa di grande e di terribile, “Il nudo e il morto” il romanzo che Norman Mailer pubblicò appena venticinquenne nel 1948 e che riscosse subito un grandissimo successo. Un libro che racconta in presa diretta per più di 800 pagine l’esperienza bellica dell’autore nella Seconda guerra mondiale nel Pacifico. Quello che all’epoca suscitò scalpore fu soprattutto il linguaggio: fino ad allora nei libri di guerra i soldati parlavano un inglese forbito e del tutto artificiale. Mailer invece fa dire ai suoi soldati quello che i soldati dicono realmente, oscenità, bestemmie, insulti, lamentele.

La vicenda non è altro che il resoconto di un’azione bellica, la conquista dell’isola di Anopopei, raccontata dallo sbarco degli Americani fino alla sconfitta dei Giapponesi, passando attraverso la disperata ricognizione di un manipolo di uomini tra le aspre montagne dell’isola alle spalle delle linee giapponesi, e che costituisce il cuore pulsante del romanzo. Tutto sommato una storia banale, una di quelle viste mille volte nei film di guerra, eppure Mailer si dimostra al suo esordio già un narratore di razza perché la sua rappresentazione di un plotone dell’esercito ha la forza di diventare lo specchio della società americana, con tutti i suoi umori.

Per certi versi viene in mente “Ombre rosse” il famoso film western di John Ford, con i passeggeri della diligenza costretti a fronteggiare l’assalto degli Indiani e che in una situazione drammatica tirano fuori la loro vera personalità, nel bene e nel male. Qui il plotone al centro dell’azione con il suo campionario di umanità diventa un microcosmo dell’America. Ecco allora il freddo generale Cummings dominato dall’avidità di comando, il tenente Hearns incerto intellettuale liberal, il duro sergente Croft tutto forza di volontà, l’irlandese Gallagher cresciuto negli slums di Boston, il messicano del Texas Martinez, l’ebreo Goldstein, il debole Roth. Storie e personalità diverse che però si trovano di fronte alla guerra, la prova suprema in cui gli individui verificano se stessi e i valori in cui credono o dicono di credere. La guerra, proprio per la sua drammaticità, mette tutti con le spalle al muro e dice a ognuno chi è veramente.

Un romanzo che è una critica alla guerra, all’esercito e più in generale all’America, ma che è anche, e soprattutto, una grande metafora, della vita. Con le sue tragedie e i suoi drammi, ma anche con i suoi momenti di pietà e di affetto, in cui il bene e il male non sono mai due entità separate ma vivono in simbiosi, uno a fianco dell’altro, dentro ognuno di noi e con i quali dobbiamo fare i conti tutti i giorni.

Silvano Calzini


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