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"Il Ritorno - Boìcu e altre storie" di Romano Asuni

Quando la Memoria è protagonista
Borgosesia (VC) - 7 Agosto 2007
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alle Radici

di Romano Asuni - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14

L'autore di «Il Ritorno - Boìcu ed altre storie», splendida raccolta di racconti che diventano romanzo pubblicata in eBook ed Ex Libris, dialoga con i lettori de L'ISTRICE lungo il filo della memoria. Prosegue e rinnova così il discorso aperto dal suo libro che segna il felice esordio nella narrativa di questo famoso giornalista che dalla Sardegna è approdato professionalmente a Milano diventando una delle grandi firme Amica, laDomenica del Corriere, il Corriere d'Informazione fino a dirigere Salve, il mensile di medicina e salute della RCS. Naturalmente i lettori di queste sue note periodiche non possono lasciarsi sfuggire la lettura del suo libro che può giungere in pochi click sullo schermo del vostro computer oppure arrivare per posta a casa in una Copia Ex Libris, in volume stampata appositamente per chi la acquista.
Guarda la VideoPresentazione dell'Editore di Il Ritorno - Boìcu e altre storie >>>

  Michelino che si fidava degli uomini

  L’appuntamento era solitamente fra le undici e mezzogiorno, l’ora destinata alla passeggiata, che poteva durare anche di più, dipendeva dagli incontri che si facevano e dal tempo. Se il maestrale ci risparmiava, la cerimonia della vestizione era abbastanza rapida. Uno sputo sul vetro per evitare che la maschera si appannasse, il boccaglio al suo posto, le pinne infilate evitando il fastidio della sabbia, un saluto a chi restava, una capovolta e via. Il mio amico Ninni partiva lento, pinneggiando piano, come per scaldare il motore, ma era un diesel, una volta in moto non si fermava più. Per cui mi lasciava andare un po’ avanti, poi, sul limite del fondo sabbioso, mi riprendeva e mi salutava con un cenno della mano, perché le nostre strade a quel punto si dividevano. Lui proseguiva dritto verso il largo, fino ad incrociare la Grotta del Piccione, una cavità della scogliera in cima alla quale si diceva che fino a qualche anno prima trovavano spazio molti nidi di piccioni selvatici e, più di recente, faceva da trampolino ai due più spettacolari tuffatori della zona, Scalabrino e Peppeddu. Più spericolato il primo, più elegante l’altro, capace anche di sorridere mentre eseguiva un Christiania da dieci metri, per sfiorare appena il metro e mezzo d’acqua che lo attendeva in basso. Un “pluf” e riappariva con i capelli appena ornati di qualche goccia d’acqua. Si guardava intorno con aria di sfida, come a cercare l’applauso:” Beh?”.
  Salutato Ninni, io mi avviavo verso la scogliera che esploravo quotidianamente, trovandola sempre diversa. L’itinerario era il solito: lasciata la Roccia Tonda, dove avevo fatto i miei primi tuffi da ragazzino, proseguivo per la Roccia Lunga e le Due Rocce, dietro le quali si aprivano insenature diverse, frastagliate e bellissime, che non mi stancavo mai di rivisitare. Una salpa, un nugolo di donzelle, qualche triglia che agitava i baffi in un triangolino di sabbia, un pesce strano, i murici incollati fra le fessure delle scogliere, ogni giorno gli stessi, ogni giorno diversi. Poi, un giorno lo vidi. O meglio, non vidi lui ma qualcosa di diverso che usciva da una piccola tana che avevo guardato cento volte senza alcun interesse. Era una e talvolta due gambette che ciondolavano fuori dalla tana: prima ne appariva una, poi anche l’altra, poi sparivano, poi ne riappariva una…….”Ecco Michelino”, pensai. Era lì a pochi metri e non resistetti alla tentazione di immergermi come se volessi tentare una goffa stretta di mano. Le gambette, che erano poi i tentacoli di un polipetto spaventato e legittimamente diffidente, sparirono in meno di un attimo. “Tornerò”, lo minacciai mentalmente. E ripresi il mio giro.
  Il giorno dopo, però, non trovai nessuna gambetta ad attendermi fuori dalla tana. Dopo aver atteso per un po’, decisi di giocare pesante. Non volevo prendere il polpo, volevo soltanto vederlo fuori dalla tana. Così, staccai dalla roccia una patella con un coltellino che mi ero portato dietro e gliela posai appena fuori dal buco. Se voleva mangiare, lì doveva mostrarsi. Mi fece attendere un quarto d’ora, mentre facevo avanti e indietro, senza che nulla accadesse. Poi, non so come, m’accorsi che qualcosa si muoveva. La patella lentissimamente si avviava verso l’ingresso della tana, ancorata a un tentacolo invisibile che, nascosto sotto la poca sabbia, la trascinava. Mi veniva voglia di applaudire:” Michelino, sei grande”. Senza apparire, quasi senza farsi notare, si portava a casa il pranzo.
  Ne parlai con Ninni al ritorno e a questo punto la nostra passeggiata del mattino divenne un appuntamento, sempre fra le undici e mezzogiorno. A un certo punto mi accorsi perfino che Michelino, a modo suo, mi aspettava. Me ne resi conto quando, posando il guscio della patella davanti all’ingresso della tana vidi i tentacoli comparire, lentamente, delicatamente, come volesse prendere il cibo dalle mie mani. Lo fece anche nei giorni successivi, sporgendosi sempre un po’ di più fuori dalla tana, finché una mattina non scivolò del tutto fuori e allungò un tentacolo verso la mia mano, verso le dita che reggevano la patella. Ghermita la preda, cominciò lentamente a scivolare all’indietro verso il suo rifugio, senza mostrare fretta né paura. Era un polpo piccolo e grigio, di tre, quattro etti, sinuoso come una ballerina.
  “Michelino sta ingrassando?”, mi canzonava Ninni al ritorno sulla magnifica spiaggia di Solanas, che accoglieva ogni anno le mie vacanze d’estate. Gli facevo cenno di tacere, volevo tenere per noi il segreto. Finché una mattina Michelino non apparve. C’era stata una mareggiata e pensai preferisse starsene al riparo, sul fondo della sua piccola caverna. Ma anche il giorno dopo e l’altro ancora non rispose al richiamo della patella. “Avrà cambiato tana”, pensai. Poi, all’ora dell’aperitivo, allungato al bar,su una sdraio, sentii la sentenza. Due ragazzi che parlavano, dietro di me, con il fucile subacqueo poggiato a terra:”Nulla ho preso, c’era mare. Mi’, l’altro giorno un polpetto, ma era scemo, io gli puntavo il fucile e lui mi veniva incontro…….”
  Quando lo raccontai a Ninni, poco dopo, il suo commento fu lapidario:” Imbecille”. Ho cambiato itinerario, non sono passato più davanti alla piccola grotta dietro le Due Rocce. Lì avevo lasciato Michelino, che per colpa mia aveva imparato a credere agli esseri umani.

Romano Asuni
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Romano Asuni
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