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Quando la Memoria è protagonista
Borgosesia (VC) - 13 Gennaio 2007
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di Romano Asuni - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7
L'autore di «Il Ritorno - Boìcu ed altre storie», splendida raccolta di racconti che diventano romanzo pubblicata in eBook ed Ex Libris, dialoga con i lettori de L'ISTRICE lungo il filo della memoria. Prosegue e rinnova così il discorso aperto dal suo libro che segna il felice esordio nella narrativa di questo famoso giornalista che dalla Sardegna è approdato professionalmente a Milano diventando una delle grandi firme di Amica, la Domenica del Corriere, il Corriere d'Informazione fino a dirigere Salve, il mensile di medicina e salute della RCS.  Naturalmente i lettori di queste sue note periodiche non possono lasciarsi sfuggire la lettura del suo libro che può giungere in pochi click sullo schermo del vostro computer oppure arrivare per posta a casa in una Copia Ex Libris, in volume stampata appositamente per chi la acquista.

   Su bandidori, il giornale del mattino

   S
u bandidori era l’equivalente di ciò che è oggi il giornale del mattino, il gazzettino per chi ascolta le radio locali, insomma il notiziario. Ma era anche un uomo che girava per le strade con una trombetta e comunicava a chi voleva sentire le novità del paese. Cominciava dalla periferia, dove solitamente ci si sveglia prima, gli altri potevano aspettare. Di lì risaliva, percorrendo il paese a cerchi concentrici, fino a quando, verso mezzogiorno, si avviava con la sua trombetta sotto braccio verso la porta del Municipio per rendere conto del lavoro fatto e attendere nuove disposizioni, magari per l’indomani.
   Ma Mimino, “su bandidori”, non era un dipendente comunale, come molti credevano, anzi quello era uno dei suoi motivi di contrasto furioso con Amundu, Raimondo, il messo comunale, al quale rinfacciava spesso la vita comoda e lo stipendio sicuro. Lui no, doveva presentarsi ogni mattina, piovesse o si annunciasse una giornata di gran caldo, un’ora prima dell’apertura degli uffici e prendere, proprio dall’odiato Amundu, le disposizioni. Che consistevano nell’annuncio di un consiglio comunale, nella nuova nomina del capitano dei barracelli, com’erano chiamate le guardie campestri, dell’inizio dei lavori per la nuova gradinata della chiesa e via di questo passo. Ma prese le disposizioni veniva il bello: bisognava ricordarle. Di prendere appunti non si parlava neppure, Mimino era un analfabeta puro, di quelli cioè che non hanno mai pensato, neppure in sogno, di prendere un libro o una matita in mano. Per cui qualche volta i suoi bandi facevano un po’ di confusione, ma la gente rideva e capiva lo stesso. <br> Ma se con le lettere Mimino aveva qualche problema, con la matematica invece se la cavava meglio. E poiché i pochi soldi del Comune non gli bastavano mai decise che avrebbe affrontato la libera professione. Così si recò in Comune, accertò che per lui non ci sarebbero state speranze di assunzione in alcun caso e al vice sindaco che lo aveva accolto con un filo d’ironia e condiscendenza chiese a bruciapelo: ”Ma allora, posso fare anche altri lavori?”. L’altro rise: ”Fai quello che ti pare, purché non vada a rubare”.
  Allora non c’erano sindacati né contratti di lavoro, per cui Mimino, che era a modo suo un co.co.co. ante litteram, si cautelò con due testimoni. Per qualche giorno lo videro girare per negozi e macellerie e il sabato mattina compresero perché. Certo, la sera ci sarebbe stato il consiglio comunale, pepééééé la trombetta, certo l’acqua sarebbe mancata per due ore nel pomeriggio, pepéééééé, ma la carne appena macellata si trovava da Ignazio, che oggi aveva deciso prezzi speciali e martedì, quando arrivavano i pescatori, il pesce più fresco lo avrebbe portato Efisio, quello di Sant’Elia. E il giorno dopo stupì tutti con le stoffe di zia Giovannina e il vino della cantina di Dario. E andò avanti così, per settimane, fin quando non gli fecero uno scherzo.
  “E’ morto su bandidori , è morto!”, gridò un ragazzo in bicicletta. Era morto davvero, ma era un altro, un vecchio sordomuto che chiamavano così perché la gente è cattiva. Lo presero in giro per una settimana chiamandolo resuscitato, poi Mimino sparì e anche in Municipio dissero che avevano perduto un “cosciente collaboratore”. Quando un paesano lo ritrovò sei mesi dopo, per caso, aveva aperto un lussuoso negozio di scarpe in un altro paese, con i soldi guadagnati andando in giro per i paesi intorno con la sua trombetta. Era il 1949, Berlusconi aveva 13 anni. 

Romano Asuni
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Romano Asuni
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