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29/10/2006
L'INNOVAZIONE IN SALSA ITALIANA
Eh, sì, c'è l'Innovazione eppoi quella che si considera tale in Italia ovvero far finta di cambiare tutto per poi finire per non cambiare nulla.





L'INNOVAZIONE IN SALSA ITALIANA. Eh, sì, c'è l'Innovazione eppoi quella che si considera tale in Italia ovvero far finta di cambiare tutto per poi finire per non cambiare nulla. Ma andiamo per ordine. Da alcuni anni si alza spesso dal mondo politico e industriale della Penisola il grido che nel nostro Paese bisogna innovare. Un grido e un monito sacrosanti ma poi, dopo grandi dichiarazioni d'intenti, nessuno si avventura oltre, non si passa dal dire al fare e l'Italia, anno dopo anno, diventa un Paese meno creativo e competitivo. Già, perché innovare, a mio parere, significa innanzitutto sapere guardare avanti, essere davvero proiettati verso il futuro con la volontà non di conservare ma di costruire un domani in sintonia con gli stimoli che vengono dalla realtà di una società davvero globale. E' finita la stagione degli "orticelli", delle "nicchie", dei "nazionalismi" ed è cominciata già da tempo in molte altre parti del mondo industrializzato quella di chi sa vedere oltre, lontano, che sa coniugare il costante e indispensabile "aggiornamento" tecnologico con una visione di futuro niente affatto provinciale, con una apertura al nuovo, con una ricerca e voglia del nuovo. In Italia siamo enormemente lontani da questo atteggiamento. In Italia si confonde l'innovazione con il semplice fatto di dotarsi di strutture tecnologicamente avanzate ma non si è ancora compreso che nuove macchine, computer e software non fanno innovazione sono e rimangono "servi sciocchi" se ad utilizzarle sono persone che non hanno la "testa" e consentitemi la capacità ancora di sognare, di guardare avanti, di immaginare il futuro con la determinazione di costruirlo e la consapevolezza di doversi muovere in una realtà globale. Mi pare che in questo Paese si sia ancora molto lontani da questa strada. Lo si è "di testa" con il provinciale scetticismo con cui ci si atteggia di fronte al nuovo, salvo poi, cinque, sei, dieci anni dopo accettare quella novità, anzi entusiasmarsi ad essa. Esempio di questo atteggiamento istintivamente e provincialmente ostile verso il nuovo? "Internet non avrà futuro" mi dicevano pomposamente, arrogantemente nel 1994/95 i colleghi di Mondadori e Rizzoli quando dirigevo Rusconi Libri e Idealibri e, primo in assoluto in Italia, osai allora inserire online il catalogo di tutte le pubblicazioni. Pensate, undici anni fa, in Italia, si negava la potenzialità di Internet... E questo è stato e resta il costante atteggiamento della maggioranza verso il nuovo. E infatti, salvo sorprese di cui sarei il primo ad essere felice, proprio per questa incapacità di troppi di saper guardare avanti il nostro Paese va ogni giorno sempre più indietro. Innovare è e sarebbe stato quello di dotare il Paese di tante, fondamentali infrastrutture di cui già da molti anni ci si sarebbe dovuti preoccupare di costruire. Innovare sarebbe abbattere il più possibile la burocrazia e, invece, il vivere quotidiano, per un imprenditore come per un cittadino, diventa sempre più complicato. Innovare sarebbe potersi veramente muovere in una reale situazione di libero mercato, in cui esistessero pari opportunità lasciando poi al mercato la decisione di chi è il migliore. Innovare sarebbe quindi abbattere situazioni di monopolio come, per esempio, quella della distribuzione dei libri nei cosiddetti "grandi spazi" ovvero supermercati, autogrill eccetera. Innovare sarebbe... Già che cosa sarebbe per voi che mi leggete Innovare in Italia?

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«Ho sempre amato la vita. Chi ama la vita non riesce mai ad adeguarsi, subire, farsi comandare. Chi ama la vita è sempre con il fucile alla finestra per difendere la vita... Un essere umano che si adegua, che subisce, che si fa comandare, non è un essere umano»

Oriana Fallaci
(da un'intervista del 1979, di Luciano Simonelli, approvata dalla scrittrice).
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Fonte: Luciano Simonelli : Clicca qui per andare al "Day by Day" precedente

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